LA MOSCA E IL BOVE

 

E la favola continua a piacere e ad ispirare l’estro degli scrittori. Anche in tempi a noi assai vicini, anche nella nostra età chi in versi chi in prosa chi in lingua chi in dialetto scrive di animali, attribuisce loro vicende e comportamenti degli nomini, si abbandona alla immaginazione creativa o satireggia, così facendo, i costumi.

LA MOSCA E IL BOVE

Idelfonso Nieri 

Si da certi imbecilli nel mondo che vengono cento miglia dopo il nulla, e si pensano d’esser tutto. A starli a sentire, son loro quelli che danno la mossa ai terremoti e portano il sole alla montagna. Senza loro, buona notte, senatori! Addio ogni cosa! Loro fanno, loro brigano, loro ordinano, loro consigliano, loro comandano, loro eseguiscono; hanno sempre la testa nei licci, e si danno l’aria di governare le cinque parti del mondo. Proprio per questi pare inventata la novellina.

Una volta una mosca si posò sopra un corno di un bove, mentre questo bove tirava l’aratro. Passa intanto un moscone; la vede, e le domanda: – Che fai, mosca? – E quella tutta rimpettita: – Ariamo!

È una favola antichissima narrata con spirito moderno. La prima parte è, infatti, molto toscaneggiante sia nel linguaggio che nello spirito. Il significato della favoletta è talmente chiaro che, forse, la premessa iniziale l’appesantisce. Fedro ci aveva dato qualcosa di simile in una favoletta intitolata La mosca e la mula. La storiella è stata ripresa molte volte anche come motto di spirito; ciò ne dimostra la validità.

Dedicata ai politici, non a tutti, ma a tanti tanti tanti……

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