L’INCENDIO DEL REICHSTAG – Un pretesto per colpire i comunisti

Il palazzo del Reichstag di Berlino fu costruito come sede per le riunioni del Reichstag, il parlamento del Reich tedesco. Fu inaugurato nel 1894 e tornò ad essere la sede del parlamento tedesco nel 1999. L’attuale parlamento tedesco si chiama Bundestag. Il Reichstag inteso come parlamento risale al Sacro Romano Impero e cessò di esistere negli anni della Germania Nazista (1933-1945). Nell’uso odierno, il termine tedesco Reichstag si riferisce quindi principalmente all’edificio.

L’INCENDIO DEL REICHSTAG

Un pretesto per colpire i comunisti

Marinus Van der Lubbe, un olandese di 24 anni, fu giustiziato il 10 gennaio 1934 per incendio doloso. Il suo crimine era stato quello di aver appiccato il fuoco che devastò il Reichstag, l’edificio berlinese che ospitava il parlamento tedesco.
Ma era veramente colpevole, Van der Lubbe, comunista, convinto avversario del nazismo?
O fu un capro espiatorio scelto da Adolf Hitler e dai suoi seguaci?
E vi furono altri cospiratori coinvolti nell’episodio?
Quell’incendio è comunque una pietra miliare nella storia tedesca, perché ha permesso a Hitler di impadronirsi del potere.

Il primo a segnalare il giovane incendiario fu uno studente di teologia, Hans Flotter, che passava davanti all’angolo sud-ovest dell’edificio poco dopo le 21 del 27 febbraio 1933. Flotter, sentendo un rumore di vetri infranti, guardò in alto, e vide un uomo a un balcone del primo piano, con in mano qualcosa che bruciava.

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Marinus Van der Lubbe
Lo studente corse ad avvertire un sergente di polizia, che si precipitò verso l’entrata dell’edificio. Il poliziotto sparò un colpo di rivoltella in direzione d’un uomo che sembrava portasse una torcia accesa e passava da una finestra all’altra del primo piano.
Alle 21,40, una sessantina di idranti tentavano di arrestare l’incendio, ma già la Sala delle Assemblee era in preda alle fiamme e altre parti del palazzo crollavano.
Nella Sala Bismarck, un poliziotto arrestò un uomo grondante di sudore e nudo fino alla cintura. Il suo passaporto portava il nome di Van der Lubbe. Interrogato sui motivi del suo gesto, disse ai poliziotti che l’arrestavano:
“‘È un segno del cielo. Questo è l’inizio della rivolta comunista”.
Poi confessò di avere tentato, senza successo, di appiccare il fuoco ad altri tre edifici pubblici.
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Hitler al potere

L’effetto politico dell’incendio fu straordinario. Contribuì ad elevare Hitler, che a quell’epoca era Cancelliere da soli 27 giorni, al rango di Führer del Terzo Reich.
Quando apprese da Hermann Goering le notizie dell’incendio e dell’arresto di Van der Lubbe, si dice che Hitler abbia esclamato:
“È l’inizio della rivolta comunista. Ogni funzionario comunista dev’essere abbattuto. I loro gregari siano impiccati questa notte stessa. Non ci deve essere esserci misericordia”.
Questi gli ordini della propaganda hitleriana. I nazisti avvertivano infatti il bisogno di aizzare il popolo contro i comunisti; sebbene avessero la più numerosa rappresentanza in Parlamento, la sinistra bloccava loro la via verso il potere assoluto.
Nel corso della notte, 5.000 comunisti vennero così arrestati, e quattro capi del partito furono accusati di complicità nell’incendio. Nelle elezioni generali del 5 marzo 1933, i nazisti non riuscirono comunque ad assicurarsi i due terzi di maggioranza che erano necessari per avere la supremazia. Ebbero solo il 44 % dei voti. Ma in assenza dei deputati comunisti, esclusi dalla seduta, Hitler riuscì a indurre il Parlamento ad attribuirgli i supremi poteri dello stato.
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Adolf Hitler 

Colpa dei nazisti

Gli esperti del comando dei pompieri di Berlino espressero l’opinione che l’incendio non poteva essere stato opera di un solo individuo e che aveva richiesto l’appoggio di almeno sei o sette complici. Eppure, i giudici assolsero quattro dei supposti complici di Van der Lubbe.
Benché Hitler attribuisse l’incendio ai comunisti e Van der Lubbe, un povero ritardato mentale, fosse condannato a morte, il resto del mondo non aveva dubbi sul fatto che fossero stati i nazisti stessi a porre in atto l’attentato.
I comunisti sostennero che Goering e un gruppo di complici avevano raggiunto il Reichstag attraverso un passaggio sotterraneo, avevano appiccato il fuoco e si erano eclissati per la stessa via.
Al processo di Norimberga, dopo la Seconda Guerra Mondiale, il generale Franz Halder, Capo dello Stato Maggiore Tedesco, riferì che Goering nel 1942 si era vantato dicendo:

“L’unica persona che sa come sono andate le cose al Reichstag sono io, perché sono io che l’ho incendiato!”

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La sorpresa finale

Goering negò d’aver fatto una simile dichiarazione. Ma la sorpresa finale giunse vari anni dopo la guerra, quando alcuni storici giunsero alla conclusione che c’era stato un triplice giuoco, di cui anche i nazisti erano rimasti vittime.
Van der Lubbe, a quanto sembra, aveva appiccato il fuoco di sua spontanea volontà, usando quattro esche di materiale infiammabile e una scatola di fiammiferi. Gli uomini di Goering si erano probabilmente limitati a sfruttare l’occasione ostacolando l’opera dei pompieri.
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