L’EREDITÀ DI GIOVANNI BELLINI

AUTORITRATTO di Giovanni Bellini (1499 circa) 
Musei Capitolini, Roma
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L’eredità di Giovanni Bellini

Giovanni Bellini è stato molto celebre fra i suoi contemporanei, e non solo fra i veneziani. Pittori e umanisti gli hanno riconosciuto un ruolo determinante nell’evoluzione dell’arte veneziana e nell’avvio del tonalismo, come dimostrano gli elogi di Pietro Bembo e di Dürer.
All’inizio del Cinquecento, i “belliniani”, i pittori che si ispirano al maestro, formano una folta schiera. Sono per lo più giovani artisti, nati attorno al 1480.
Il loro rapporto con Bellini varia dalla diretta collaborazione, in qualche caso intervenendo a completare o a replicare opere del maestro, a un raggio di semplice ispirazione. Caratteristica comune a tutti i “belliniani”, da Francesco Bissolo a Vincenzo Catena, da Marco Basaiti a Rocco Marconi, da Benedetto Diana a Lazzaro Bastiani, è la ricchezza del colore nella luce del paesaggio veneto, riprodotto con dolcezza e sentimento.

Con l’avvento fragoroso di Tiziano, però, s’inaugura una nuova stagione. Sfuma il richiamo alle finezze delicate di Bellini (i cui ultimi interpreti sono Palma il Vecchio e Andrea Previtali) e i conoscitori d’arte contrappongono alla sua poesia la densità e l’energia della pittura del Vecellio.
Così, Ludovico Dolce e Vasari, pur apprezzando l’arte di Giovanni, ne ridimensionano l’importanza per esaltare Tiziano, e prima di lui Giorgione. E questo atteggiamento viene mantenuto a lungo, dal Seicento fino al secolo scorso.
La brillante intuizione dello storico Pietro Selvatico, che nel 1856 definisce Bellini “il più moderno degli antichi, il più antico dei moderni” restituisce a Giovanni un ruolo di cerniera e di snodo fra due età diverse.
Su questa nuova base partono nuovi studi, avviati da Cavalcaselle, Morelli e poi Berenson.
La figura storica di Giovanni Bellini prende nuovi contorni negli anni fra le due guerre, grazie soprattutto a Longhi e a Gronau.
Sulla base di due grandi mostre veneziane (Cinque secoli di pittura veneziana, del 1946, e una monografica su Giovanni Bellini, curata da R. Pallucchini nel 1949) si apre poi il dibattito sull’autografia di molte opere, e sul rapporto tra Bellini e la sua scuola, compendiato dalla poderosa e discussa ricerca di Heinemann (1962).

Durante gli anni Sessanta si sono susseguite numerose monografie (Fiocco, Pignatti, Semenzato, A. Pallucchini), i cui risultati sono stati raccolti nel volume di R. Goffen.

AUTORITRATTO (presunto) di Giovanni Bellini (1480-85)
Museo Civico, Padova

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