PALA DELL’INCORONAZIONE DELLA VERGINE – Giovanni Bellini

PALA DELL’INCORONAZIONE DELLA VERGINE (1471-1474 circa)
Giovanni Bellini (1426-1516)
Museo Civico di Pesaro
Olio su tavola
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In splendide condizioni di conservazione (compresa la cornice originale), la grandiosa composizione risale agli inizi degli anni Settanta. Nella scena principale Giovanni Bellini segna la conquista di una solenne grandiosità, grazie a una impeccabile scansione geometrica (riconoscibile nel pavimento e negli elementi architettonici del trono su cui Cristo sta ponendo una corona sul capo della Madonna), sempre però inserita nel paesaggio.

Nell’incorniciatura alle spalle dei personaggi appare un panorama reale, le colline costiere tra la Romagna e le Marche, con la Rocca di Gradara.
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PALA DELL’INCORONAZIONE DELLA VERGINE 
SAN GIORGIO E IL DRAGO (1471-1474 circa)
Giovanni Bellini (1426-1516)
Museo Civico di Pesaro
Olio su tavola

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Collocato, come il San Terenzio, alla base di un pilastrino della cornice a sinistra, il pannello con San Giorgio e il drago esprime un dinamismo idealizzato e bloccato nel gesto del santo e del cavallo imbizzarrito. Il paesaggio è definito con preciso nitore, in particolare nel greto ghiaioso del torrente in cui si attorce il drago ferito.

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PALA DELL’INCORONAZIONE DELLA VERGINE 
SAN TERENZIO (1471-1474 circa)
Giovanni Bellini (1426-1516)
Museo Civico di Pesaro
Olio su tavola

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La Pietà fa parte integrante della pala. In origine si trovava in alto, sopra la composizione principale. La collocazione aiuta a comprendere meglio il taglio di sott’in su secondo il quale è impostata la scena, con il gruppo di figure strette intorno all’immagine di Cristo morto, in un tono cromatico smagliante.
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La qualità di conservazione così alta della Pala dell’Incoronazione della Vergine a Pesaro, guardandola pezzo per pezzo, suggerisce ancora la vita di bottega, quasi i suoi profumi, e basta dunque socchiudere gli occhi per rivedere Giovanni Bellini che gira intorno, e controlla, e interviene, e si sostituisce all’aiuto, o viceversa si fa sostituire nei lavori di routine; le sue perplessità e le sue indecisioni, il suo maturare facendo, il suo tentare diverse vie qualcosa che potrebbe interessare il pubblico più del prodotto finito, congelato nel museo da un rispetto che dovrebbe essere invece tolto via come le vecchie vernici ingiallite.

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PALA DELL’INCORONAZIONE DELLA VERGINE 
PIETÀ (1471-1474 circa)
Giovanni Bellini (1426-1516)
Pinacoteca Vaticana – Roma
Olio su tavola
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La grande e complessa Pala dell’Incoronazione della Vergine, dipinta tra il 1471 e il 1474 (ma l’opinione degli studiosi sulla datazione non è univoca) per la chiesa di san Francesco a Pesaro, è oggi nel Museo Civico della stessa città, con la Pietà, invece conservata nella Pinacoteca Vaticana.
La scena centrale è accompagnata da tavole minori, inserite nella cornice, con figure di santi e raffinati, piccoli episodi narrativi.
La composizione principale è impostata seguendo il ritmo e le linee di una pausata e ampia scansione geometrica: la definizione dello spazio, come in Piero della Francesca, è affidata alla regolare disposizione di elementi architettonici simmetrici, quali mi riquadri del pavimento e l’incorniciatura del trono di Cristo e della Vergine. Però, e in questo consiste la peculiarità dell’arte di Giovanni Bellini, l’architettura non compone un ambiente chiuso: le colline della costa marchigiana (si riconosce la Rocca di Gradara) salgono dolcemente alle spalle dei personaggi, e in tutto il dipinto circola un’atmosfera quieta e luminosa.
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In un secolo e in un luogo affollati di pittori, tra i protagonisti di un’autentica rivoluzione culturale, si direbbe che Giovanni Bellini non si sia creato un posto a parte, ma un posto “in mezzo”, dove quietamente assorbì – lui spontaneo, artigiano, conservatore – i programmi e le avventure di un pensiero in movimento della sua pittura, alla sua personale novità.
Operazione che, a descriverla, sembra anch’essa programmatica, una deliberata scelta critica;  e dovette compiersi in vece “per virtù”, dato che Giovanni nera l’uomo che era.
Uno spirito religioso, senza dubbio; me non certo perchè fece tante madonne e santi, ma perchè la religiosità, oltre che un modo di concepire la vita, divenne la sua situazione psicologica di fronte all’arte.
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Autoritratto di Giovanni Bellini
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