LA LEZIONE – Eugène Ionesco

LA LEZIONE

Dramma comico in prosa in un atto di Eugène Ionesco
Composto nel giugno 1950
Venne rappresentato al Théatre de Poche di Parigi il 20 febbraio 1951
Pubblicato a Parigi nel 1953

TRAMA

Nello studio del Professore, un uomo di età compresa tra i cinquanta e i sessant’anni, arriva per la lezione l’Allieva diciottenne, che vuole presentarsi agli esami di libera docenza totale. All’inizio l’Allieva appare ben educata e desiderosa di apprendere. Ma, pur cominciando da nozioni elementari di aritmetica, l’Allieva denota difficoltà e lacune grossolane. Si passa dunque alla parte filologico-linguistica, dove il Professore sfoggia teorie strampalate. L’Allieva non riesce a seguirlo, perché le é scoppiato un forte mal di denti. Il Professore, vedendo l’Allieva concentrata sul proprio malanno, diventa aggressivo e violento, obbligandola a pronunciare nelle varie lingue la parola “coltello”; non vedendo i risultati sperati, senza pieta uccide l’Allieva a coltellate. La governante Maria redarguisce il Professore, ricordandogli che é già la quarantesima allieva a fare quella fine. Ma, portato via il cadavere, nello studio del Professore c’é già una nuova allieva.

COMMENTO

La lezione é quella che un anziano professore fa in casa a una giovane allieva: una lezione “privata”, come si dice solitamente. Ma non è una lezione solita, anche se all’inizio ne ha tutta l’aspetto.

Il problema dell ’insegnamento, com’èben noto a tutti, presenta tante difficoltà: basterebbe pensare a quelle del rapporto tra insegnante e allievo, o a quelle insite nella comunicazione della cultura. Ionesco le esaspera, le porta a gradi caricaturali di tensione; tra il professore e l’allieva, dopo i primi approcci normali, a poco a poco sorgono aspri contrasti. Nell’allieva, dalla candida e sprovveduta presunzione, vengono a galla incredibili lacune, strampalatissime storture (ma quant’è facile riconoscerne il fondo e le ragioni!); e nel professore complessi addirittura feroci. Tra i due si scatena una vera e propria battaglia, prima verbale, poi grottescamente sanguinosa; alla fine il professore infatti si armerà di un coltellaccio e ammazzerà l’allieva, come nei drammoni ottocenteschi, in un gesto che è di placamento, di espiazione, o forse di rito sacrificale, anche se pare soltanto il puro gesto di un folle.

 

EUGÈNE IONESCO

Eugène Ionesco (Slatina, 26 novembre 1909 – Parigi, 28 marzo 1994), è stato un drammaturgo e saggista rumeno naturalizzato francese.  Ha scritto molto per il teatro e spesso con grande successo, anche fuori dalla Francia; e tuttavia, paradossalmente, ha spesso asserito di non avere alcuna fiducia nel teatro, e la sua prima commedia, l’atto unico La cantatrice calva, fu da lui chiamata anticommedia, come a voler significare, fin dal titolo, una polemica e completa sfiducia in questo mezzo d’espressione e nelle sue strutture, che sono la parola e il discorso logico.

In effetti il suo “antiteatro” é tale fino a un certo punto e non é neppure una novità: basterebbe pensare ai “pezzi” che si son veduti del teatro futurista o semplicemente all’esperienza di Pirandello (ma qui il discorso si fa complesso e andrebbe allargato a tutte le avanguardie europee prima e dopo la prima guerra mondiale, vale a dire a tutte le correnti innovatrici che in quegli anni operarono in tutti i campi dell’arte frantumando decisamente gli schemi delle letterature e delle accademie ufficiali e tentando nuove strade per nuove forme di espressione). È però anche vero che se il teatro di Ionesco non costituisce un’autentica novità, confluendo in esso numerosissime maniere già collaudate da altri, si presenta tuttavia con un suo timbro forse di corto respiro, ma inconfondibile, soprattutto nei primi atti unici, quello già citato (La cantatrice calva) e gli altri due che subito seguirono: La lezione e Le sedie, apparsi a Parigi trail 1950 e il 1951.

Quel timbro é caratterizzato da una comicità raggelata, tutta giocata sull’assurdo, come se sulla scena agissero dei robot dai congegni guasti, coi circuiti interni, per cosi dire, invertiti o a fili scoperti, per i più imprevedibili e strambi contatti. Sembrano, queste scene, non significar nulla, e ciononostante, resta sempre vivo il sospetto che tutto il pasticcio abbia un significato: mentre si ride di quei personaggi seri come tanti Buster Keaton (il famoso comico americano che non rideva mai), non é raro che ci si riconosca in essi o almeno si riconoscano in essi e nei loro comportamenti certi modi del nostro comportamento; anzi, si ride proprio per questo, perché in fondo, in quei buffi manichini ritroviamo le mille banalità del nostro vivere di ogni giorno, delle norme più usuali e intangibili del nostro rapporto con gli altri: le “leggi” non scritte che legano insieme la nostra società.

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