LILI MARLEEN – Rainer Werner Fassbinder

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LILI MARLEEN

REGIA: Rainer Werner Fassbinder
SCENEGGIATURA: Rainer Werner Fassbinder, Joshua Sinclair, Manfred Purzer
ATTORI: Karin Baal, Hark Bohm, Mel Ferrer, Giancarlo Giannini, Adrian Hoven, Udo Kier, Hanna Schygulla, Erik Shumann, Karl Heinz Von Hassel

 

PREMESSA

Dopo la grande messa in scena di “Berlin Alexanderplatz”, Rainer Fassbinder torna al cinema con una raffica di tre film in poco più di un anno.
“Fassbinder has made a lot of movies now he makes a lot of money” (Fassbinder ha fatto un sacco di film ora si fa un sacco di soldi) proclamava ‘Variety’ del 2 maggio 1979 dopo il successo de “Il matrimonio di Maria Braun”. E il tandem Fassbinder-Schygulla diventa l’asso nella manica di produttori e distributori. Tra questi c’è Luggi Waldleitner, uno dei cavalli vincenti del cinema di intrattenimento popolare dell’era Adenauer. Nel quadro di una coproduzione con l’Italia egli USA, offre al regista la sceneggiatura di un film tratto dalle memorie di Lale Andersen, la cantante della famosa canzone “Lili Marleen”. Dalle interviste si capirà poi che l’atteggiamento di Fassbinder di fronte all’occasione è stato quello un po’ cinico del “perché no?” piuttosto che quello di una meditata scelta. Così lo sventurato progetto, protagonisti la Schygulla e Giancarlo Giannini, viene messo in cantiere e realizzato.

Tra tutti i film girati da Fassbinder, Lili Marleen fu l’unico proposto dalla Germania alla Academy Award per la nomination come Migliore film in lingua straniera. Il film non ottenne, comunque, il prestigioso riconoscimento.
Sebbene di produzione tedesca, il film fu interamente girato in lingua inglese.

Ambientato durante il Terzo Reich, a Zurigo, nel 1938

Trama: Zurigo, 1938. Willie Guntenberg, giovane cantante di cabaret in cerca di successo, sentimentalmente legata all’ebreo Robert Mendelsson, il cui padre aiuta i correligionari a espatriare dalla Germania, incontra il generale tedesco Henkel, che le promette, se la ragazza torna in patria, di farle far carriera. L’occasione di mantenere la parola gli si presenta ben presto poiché il padre di Robert, scoperta la relazione del figlio con un’ariana, per di più tedesca, fa sì che a Willie venga proibito dalle autorità l’ingresso in Svizzera. Willie esordisce, nel locale in cui Henkel le ha trovato occupazione, con la canzone Lili Marleen, composta per lei dal suo amico musicista Hans Taschner. Mediocre cantante, Willie non ha molto successo; questo arriva, però, quando la sua canzone, incisa su disco, viene trasmessa da “Radio Belgrado”, l’emittente nazista destinata ai soldati tedeschi. Se Goebbels condanna Lili Marleen, definendola “una caramella col sapore di una danza macabra”, Hitler, invece, vuole conoscere Willie e le fa dono di un appartamento, in cui la giovane si trasferisce con Hans. Un giorno, Robert si rifà vivo e, per incontrarlo, Willie rifiuta un invito di Henkel, che la fa pedinare. Robert viene arrestato dalla Gestapo e per esser certi che la ragazza non ne abbia colpa, gli amici del giovane ebreo chiedono a Willie di fornirgli notizie sui campi di sterminio nazisti in Polonia. Le SS scoprono che la ragazza collabora con la Resistenza, ma in grazia della sua popolarità si limitano a vietare la sua canzone; Hans viene spedito a combattere sul Fronte Orientale. Durante un incontro organizzato dai suoi carcerieri Robert rivede Willie, ma i due debbono fingere di non conoscersi; si riparleranno per telefono quando Robert, grazie ad uno scambio organizzato dal padre, avrà ottenuta la libertà. Si ritroveranno, infine, a guerra finita, ma sarà troppo tardi, poiché Robert, diventato un famoso direttore d’orchestra, avrà sposato una sua compagna di infanzia, Marika.

 

lili marleenLili Marleen. La famosa canzone (scritta nel 1916, musicata nel 1930 e registrata nel 1938) ha ispirato altri 3 film: 2 britannici (1952, 1970) e uno tedesco (1956). Esecuzioni notevoli quelle di Lale Andersen e Marlene Dietrich che qui canta davanti ai soldati americani durante la seconda guerra mondiale

Al primo livello Lili Marleen era è una specie di fotoromanzo dai mille colori. Il problema è che un secondo livello proprio non esiste. Nonostante parecchi si siano affannati a trovare una qualche giustificazione al pasticciaccio, bisogna aver il coraggio di ammettere che Lili Marleen è un film balordo. Certo, esiste il motivo del nazismo come spettacolo. Ma (per sua fortuna) Fassbinder non è né Coppola né Spielberg, e lo spunto non è sviluppato più che tanto.
Una traccia poteva essere quella della responsabilità individuale di un artista nei confronti del regime che lo nutre e lo sfrutta; ma questo tema è annullato dalla piattezza della protagonista. A Willie-Lili Marleen mancano la grandezza e l’intrigante genialità di una Maria Braun: il suo “sogno di donna” non si eleva un centimetro da quella che è la sua battuta più significativa: “Io canto solo una canzone”. In un film fiacco e ripetitivo come questo, l’unico motivo di interesse risiede nell’avvento nel clan Fassbinder di un nuovo direttore della fotografia la cui influenza si farà sentire anche nei due film successivi. Si tratta di Xaver Schwatzenberger, che aveva già collaborato a “Berlin Alexanderplatz”. È un autentico maestro del colore e dell’illuminazione. In confronto agli operatori precedenti (al rigore di Dietrich Lohmann e di Jürges, alla classica morbidezza di Michael Ballhaus), Schwatzenberger introduce un tono di consapevole artificiosità che passa dai rutilanti, luminosissimi interni di Lili Marleen al programmatico iperrealismo di “Lola” per giungere allo scintillante bianco e nero de “Il desiderio di Veronika Voss”.

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giancarlo giannini

Giancarlo Giannini

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