IL SOLDATO AMERICANO – Rainer Werner Fassbinder

IL SOLDATO AMERICANO

Titolo originale – Der Amerikanische Soldat
Genere – Drammatico
Regia – Rainer Werner Fassbinder
Soggetto – Rainer Werner Fassbinder (omonimo dramma teatrale)
Sceneggiatura – Rainer Werner Fassbinder
Produttore – Rainer Werner Fassbinder
Fotografia – Dietrich Lohmann
Montaggio – Thea Eymèsz
Musiche – Peer Raben
Lingua originale tedesca
Paese di produzione – Germania Ovest
Anno 1970
Durata 80 minuti
Dati tecnici Bianco/Nero

Interpreti e personaggi
Karl Scheydt: Richard “Ricky” Murphy – v. Rezzori
Rainer Werner Fassbinder: Franz Walsch (non accreditato)
Elga Sorbas: Rosa v. Praunheim
Jan George: Jan
Hark Bohm: Doc
Irm Hermann: Hure
Katrin Schaake: Madgalena Fuller
Kurt Raab: il fratello di Richard
Eva-Ingeborg Scholz: la madre di Richard
Margarethe von Trotta: una cameriera
Ulli Lommel: uno zigano
Ingrid Caven: una cantante
Marius Aicher: un poliziotto
Gustl Datz: il capo della polizia
Marquard Bohm: un detective privato (non accreditato)
Peer Raben: il receptionist (non accreditato)

Der amerikanische Soldat (Il soldato americano) porta a completamento la trilogia “nera”. Il film è una citazione cinefilica dalla prima all’ultima inquadratura. E c’e perfino un riferimento a un film futuro: una cameriera racconta, ma con finale diverso, la storia che costituirà il soggetto di La paura divora l’anima (Angst essen Seele auf).

Il soldato americano si apre alla grande, intorno a un tavolo su cui tre uomini armati giocano a poker in una stanza fumosa, sono un’illuminazione fortemente contrastata. Con questa chiave “eccessiva” di riferimento al genere, tutto procede di conseguenza. I tre uomini sono tre poliziotti che hanno assoldato un reduce del Vietnam, un tedesco-americano, Ricky, perché faccia fuori della gente della malavita. Ricky è la quintessenza del duro, in un film in cui anche i personaggi credono di essere in un film: grande e grosso, il volto immobile, un completo bianco con cappello sempre impeccabile, è tetragono a qualsiasi sentimento. È una specie di disincantato bestione che uccide quando glielo dicono. È interessato solo ai soldi, non mangia quasi mai e ogni tanto si fa mandare in camera una donna che usa finché gli va. Ricky esegue i suoi omicidi in piena tranquillità, senza l’ombra di un’emozione: uccide prima uno zingaro, poi una venditrice di riviste porno col suo amante. Incontra Franz, un suo amico d’infanzia, e insieme visitano il loro vecchio quartiere. Rosa, la donna di uno dei poliziotti, si innamora di Ricky che le promette di partire con lei per il Giappone. Ma, ricevuto l’ordine di ucciderla, il killer lo fa senza esitazione. Ora, però, è troppo pericoloso:  i poliziotti decidono di eliminarlo, sorprendendolo alla stazione. Ma Ricky, con l’aiuto di Franz, li intrappola.  Sopraggiungono la madre e il fratello di Ricky (che è appena andato a trovarli nella loro casa, un appartamento arredato solo con un flipper e un pianoforte). Ricky e Franz si distraggono e vengono abbattuti. Il fratello si getta sul corpo di Ricky in una furiosa crisi d’amore incestuoso scuotendolo e disperandosi in un ralenti che dura diversi minuti, mentre contemporaneamente scorrono i titoli di coda.

Fonte video: YouTube – Emanuele Tealdi

Questo finale, con il suo “falso movimento”, è il suggello più appropriato alla trilogia: è l’unico momento dei tre film, in cui l’emozione erompe senza freni, ma troppo tardi. Troppo tardi sia per l’anrbiguo amore dell’imbecille fratello di Ricky che per l’amicizia virile di Ricky e Franz. Il soldato americano è anche l’unico film “nero” del regista in cui compare un discorso sul passato: non solo per la presenza di una madre, in fondo impotente, ma soprattutto per quel viaggio nella memoria che Ricky compie con Franz attraverso il suo vecchio quartiere. Il passato, per questi personaggi artificiali e “colonizzati” della Germania postbellica, non si trasforma in esperienza: rimane una vaga nostalgia dentro un presente che non cambia mai. “Com’era in Vietnam?”, domanda Franz. “Lo stesso che qui”, risponde Ricky.

Senza storia, senza orizzonti, i gangsters di Fassbinder, preso simbolicamente commiato dalla madre, possono andarsene per sempre, magari con una morte “bella”, fianco a fianco e con la pistola in pugno. Totalmente esauriti, non ricompariranno più nel suo cinema.

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