REALISMO E FORMALISMO NEL CINEMA
Non sarebbe arbitrario considerare i film di Federico Fellini alla stregua di quelle opere letterarie che dopo la crisi del neorealismo, ripiegarono su una narrazione intimista, di memoria, o di mera ricerca formale. Fellini che aveva collaborate intensamente con i grandi del cinema realistico, si presenta ”in proprio” con Lo sceicco bianco: un film sul mondo dei facitori di fotoromanzi, e con I vitelloni dedicato alla vita dei giovani di provincia, chiaramente a sfondo autobiografico.
Ambiente e situazioni sembrano costituire un aggancio abbastanza preciso con la realtà, ma a ben vedere, prevalente é nel regista l’esigenza di esprimere un mondo poetico interiore, fatto di simboli, di notazioni psicologiche. Ne La strada e ancora ne Il bidone Fellini rende esplicita questa sua posizione e ne evidenzia pregi e limiti.
Lo scontro tra realismo e formalismo é assai meno risolutore nel cinema che non nella letteratura. La verità é che il neorealismo cinematografico é stato fenomeno ben più robusto e incisive del suo corrispettivo letterario e quindi più difficilmente emarginabile. Per cui l’aspetto più congruo della crisi resta quello produttivo, che si aggrava sul finire degli anni ’50. Lo stesso Fellini, onusto di successi internazionali, é costretto all’inattivita per qualche anno; per produrre le Notti bianche Visconti deve ricorrere alla costituzione di una cooperativa; Antonioni ha difficoltà a realizzare ll grido. Intanto dall’estero vengono opere di ottima fattura, che sottolineano, per contrasto, l’impasse in cui si trova il cinema italiano. Salgono comunque alla ribalta giovani registi e documentaristi, come De Seta, Nelli, Olmi e altri, mentre segnano qualche punto Mario Monicelli con I soliti ignoti e Francesco Rosi con La sfida.
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