HEINRICH HIMMLER – Il fedele servo di Hitler

HIMMLER: la fine di un mostro

Heinrich Luitpold Himmler (Monaco di Baviera, 7 ottobre 1900 –  Lüneburg, 23 maggio 1945) è stato un generale, politico e criminale di guerra tedesco, Reichsführer delle Schutzstaffel dal 1929, comandante della polizia dal 1936 e delle forze di sicurezza del Terzo Reich (Reichssicherheitshauptamt) dal 1939.

Heinrich Himmler, il più fedele servo di Hitler cui era legato da un attaccamento incondizionato, fanatico e quasi mistico, fu anche il primo traditore del Fuhrer. Fu lui, quando Hitler era ancora in vita, ad allacciare rapporti con gli Alleati e a offrire la resa incondizionata della Germania.

Ormai la Germania, nell’aprile del 1945, era chiusa in una morsa di fuoco e non aveva più scampo. Uno dopo l’altro i più orrendi misfatti dei nazisti venivano alla luce; nelle prime due settimane di quel mese inglesi ed americani avevano scoperto i campi di sterminio di Bergen-Belsen, Buchenwald e Dachau; i sovietici stavano per arrivare ad Auschwitz. Himmler, capo supremo delle S.S. e organizzatore dei campi di sterminio, uno dei più feroci inquisitori di tutti i tempi, da qualche tempo si sentiva spinto ad un’azione di forza: uccidere il Fuhrer o deporlo. Ma siccome era un uomo combattuto dall’incertezza, si era cullato nell’idea che Hitler, colpito da paralisi progressiva, potesse morire da un momento all’altro. Infine però si decise. Entrò in contatto, a mezzo di una lettera, con l’autorità ebraica mondiale di New York, paradossalmente proprio lui che con gli ebrei si era macchiato di colpe tremende. Lasciò il 20 aprile il bunker della Cancelleria di Berlino; salutò per l’ultima volta Hitler e si recò in auto in una località a 65 chilometri dalla capitale per incontrarsi con un rappresentante ebreo, il
dottor Norbert Masur, giunto dalla Svezia in aereo. Questi gli chiese formalmente la liberazione di tutti gli ebrei detenuti e ripartì per la Svezia con poche speranze. Himmler in parte lo accontentò; autorizzò la Croce Rossa svedese a portar via da Ravensbruck, un campo di sterminio, settemila donne, metà delle quali ebree. Quindi fece un altro passo proditorio: nel consolato svedese di Lubecca s’incontrò col conte Folke Bernadotte, parente del re di Svezia e vice presidente della Croce Rossa, e per suo tramite fece inoltrare agli Alleati l’offerta di una resa incondizionata della Germania. La proposta venne respinta: quando arrivò sul tavolo di Eisenhower, si ritenne che l’offerta poteva essere valida solo se inoltrata contemporaneamente a tutti gli Alleati.

La sera del 28 aprile la BBC riprese un flash dell’agenzia Reuter e così la notizia raggiunse, via etere, l’allucinante bunker della Cancelleria.

La reazione del Fuhrer fu spaventosa. Rosso in viso, e quasi irriconoscibile per l’ira, uscì in urla feroci e dettò nel suo testamento: “Prima della mia morte io espello dal partito e destituisco da tutte le sue cariche l’ex Reichsführer-SS e ministro degli Interni, Heinrich Himmler”. Due giorni dopo del telegramma inviato da Bormann al successore di Hitler, grand’ammiraglio Karl Dönitz, si ordinava di procedere immediatamente e spietatamente contro tutti i traditori, Himmler per primo.

Dönitz non esegui l’ordine, si limitò a respingere l’offerta che Himmler gli faceva di avere un posto come ministro nel “governo fantasma” insediato a Flensburg. E allora Himmler decise di darsi alla macchia. Si tagliò i baffi, si mise una benda nera su un occhio, e con abiti mezzo civili e mezzo militari, munito di una carta d’identità falsa, accompagnato da un colonnello e da un maggiore, anch’essi mascherati, cercò di raggiungere la Baviera.
Alle 14 del 23 maggio Himmler e i suoi aiutanti vennero fer-mati per controllo degli inglesi al posto di blocco di Meinsted, fra Amburgo e Bremerhaven. Li trasferirono a un campo comandato dal capitano Tom Silvester.
Due le versioni che furono date sul suo riconoscimento. Una dice che fu lo stesso Himmler, appena sceso dal camion, ad appartarsi dietro un cespuglio per togliersi la benda dell’occhio e inforcare le sue famose lenti; l’altra, che fece tutto questo nell’ufficio del capitano inglese per presentarsi con voce tranquilla: “Heinrich Himmler”. L’ex capo supremo delle S.S. era convinto che lo avrebbero accompagnato dal maresciallo Montgomery, cui aveva scritto una lettera prima di darsi alla macchia. Invece lo portarono, rivestito di una uniforme inglese, al Centro speciale per gli interrogatori di Lunesburg. Un sottufficiale gli disse di prepararsi alla visita medica e lo invitò a spogliarsi. “Lei non sa chi sono” protestò Himmler. “Lo so, lo so bene chi siete“.

Himmler, quando arrivarono il colonnello Murphy e il capitano medico Wells, era in piedi nudo, vestito della sua sola alterigia. Il medico gli disse: “Apra la bocca, per favore”. Himmler era già stato perquisito senza risultato.

Ubbidì all’invito e in quel momento il medico vide una piccola protuberanza che sporgeva dove un dente mancava, sul lato destro della mascella inferiore.
Era un tubetto di metallo sottilissimo contenente una fiala di cianuro. Il medico cercò di infilare due dita nella bocca del prigioniero, ma Himmler volse il capo di scatto e diede un violento morso. Mentre si dibatteva a terra, i due ufficiali cercarono di impedirgli di deglutire, ma il suo corpo era già scosso nei tremiti del- l’agonia. A nulla servì la lavanda gastrica e la respirazione artificiale.

Himmler con Heidrich nel 1938

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