NEOPLATONISMO E CRISTIANESIMO

IL NEOPLATONISMO – L’AMBIENTE STORICO

Approfondimento dell’ interesse etico e aspirazioni al trascendente

Quando l’impero di Roma, divenuto universale, riconosceva a tutti i sudditi il diritto alla cittadinanza romana e quando già il cristianesimo, in nome di Dio unico Padre e di Cristo redentore di tutti gli uomini, si diffondeva da un capo all’altro dell’immenso dominio su cui si svolgeva la civiltà greco-romana, una nuova fioritura di filosofia ellenistica sorse e si svolse parallelamente al cristianesimo, con caratteri che volevano essere più razionali e insieme più intimamente religiosi di quelli del cristianesimo.
Fu il neoplatonismo. Rispondeva esso pure al bisogno religioso dei tempi, al quale rispondeva il cristianesimo; formulò una teologia; fondò una mistica, cercando di essere esclusivamente greco, puro, aristocratico. Ma in tal modo, nonostante la sua nobiltà e grandezza, si tagliava fuori dal movimento più profondamente realistico, più compiutamente umano e veramente universale del cristianesimo, fondato sulla “buona novella” dell’amore divino e richiamantesi, come a testimonianza precipua, alla parola, all’esempio, al sacrificio di Cristo.

L’ IMPORTANZA DI ALESSANDRIA
PRECURSORI DEL NEOPLATONISMO

Il neoplatonismo sorse in Alessandria nel III secolo dell’era cristiana. Alessandria, da cinque secoli, cioè da quando era stata fondata, era divenuta per la sua posizione un centro di ricchezza e di cultura, un crogiolo in cui si univano e si fondevano dottrine diverse. Là gli Ebrei, che vi erano numerosi, fecero la famosa traduzione della Bibbia, in greco, detta “versione dei Settanta”, e là conobbero pure la filosofia greca, che cercarono di ricollegare ai loro antichi Libri scritturali. Perciò il neo-platonismo alessandrino fu preceduto da una filosofia religiosa greco-ebraica, di cui il più noto rappresentante è FILONE L’EBREO, della prima metà del secolo I di Cristo. Filone fu detto il Platone ebraico e fu veramente il maggiore dei filosofi ebrei. Nei numerosi suoi scritti cercò di conciliare la Bibbia e le dottrine orientali con la filosofia greca; formulò la teoria della Trinità, distinguendo in Dio il Padre, il Verbo (Logos) e lo Spirito Santo; delineò pure la teoria dell’emanazione, rappresentando le anime nostre emananti dall’anima divina; insegnò inoltre la pratica della mistica elevazione a Dio, mediante il superamento del senso e della stessa ragione, il distacco da sè e la devozione a Dio, l’accoglimento della grazia divina e l’esaltazione dell’estasi.

Altre filosofie precorrenti il neoplatonismo e anch’esse d’indole religiosa, inspirantisi agli aspetti religiosi che si vedevano in Pitagora o in  Platone, furono il neopitagorismo di APOLLONIO di TIANA (40—97) (detto il Cristo pagano) e dei suoi seguaci e il platonismo pitagoreggiante di PLUTARCO di CHERONEA, l’autore delle Vite parallele, e di APULEIO di MADAURA, autore anche del romanzo allegorico L’Asino d’oro.

Il neoplatonismo ebbe un diretto precursore in NUMENIO di APAMEA (vissuto intorno al 170 d. C.), il fondatore in AMMONIO SACCA (175-240) e il massimo esponente in PLOTINO di LICOPOLI d’Egitto (205-270). Si possono distinguere tre periodi nella sua storia:

1°, alessandrino-romano (III secolo);
2°, siriaco (IV secolo);
3°, ateniese (V secolo).

PRIMO PERIODO

LA METAFISICA RELIGIOSA NELLA DOTTRINA DI PLOT1NO

a) TEOLOGIA TRINITARIA Plotino fu discepolo di Ammonio in Alessandria e poi andò a Roma, dove insegnò per 25 anni, circondato da grande fama. Secondo Plotino, Dio è l’unità assoluta o il supremo Bene, come già aveva detto Platone. Però la vera concezione di Dio esclude ogni determinazione; non possiamo concepirlo nè come pensiero nè come essere; è superiore al pensiero, perchè il pensiero implica il dualismo di soggetto e oggetto, e ogni dualismo è impossibile in Dio; è superiore all’essere stesso, perchè anche la concezione di qualunque essere implica il concetto d’una determinata essenza. Insomma Dio è fuori d’ogni possibilità di adeguata definizione da parte dell’uomo. Tuttavia è possibile intravvederne la vita, in sè e in rapporto col mondo. La vita in sè è propria di Dio in ragione della sua stessa perfezione, di supremo Bene. Pertanto egli genera in sè l’Intelligenza o Figlio e, per mezzo di questo, l’Anima o Spirito. “Bene” “Intelligenza” “Anima” sono tre ipostasi o sostanze divine, metafisicamente in lieve rapporto gerarchico, ma ugualmente eterne, e le ultime due ritornanti costantemente nella prima. Queste distinte ipostasi, sotto le quali Plotino vede Dio, sono state paragonate la prima (il Bene) al Dio di Platone, la Seconda (l’Intelligepza) al Dio di Aristotele, la terza (l’Anima) al Dio degli Stoici. Costituiscono il primo, supremo, ciclo di vita, intrinseco a Dio, che, in sè, resta l’Uno assoluto.

b) COSMOLOGIA EMANATISTICA – Ancora per l’effetto diffusivo della bontà divina (Bene), come diceva pure Platone, il mondo è generato dall’Anima divina, o o per meglio dire da Dio sotto la specie della terza ipostasi. Ma come nella vita in se stesso l’Uno genera l’Intelletto e l’Anima, pur rimanendo uno, così l’Uno genera la molteplicità delle cose, pur rimanendo uno: come avviene del raggiare del sole, il cui fulgore s’irradia tutt’intorno, circondandolo, generato sempre da esso, che resta sempre in sè: immanenza di tutto in Lui, trascendenza di Lui a tutto. Anche questo raggiar del mondo da Dio presenta un’infinita gradazione gerarchica, il cui ultimo grado è la materia bruta (Processione degli esseri). Ma come, nel seno dell’Uno, l’Anima rientra nell’Intelligenza e vi si integra, e l’Intelligenza nel Bene, anch’essa reintegrandovisi, così ogni grado degli esseri della natura si reinvolge nel grado superiore che l’ha generato e che lo precede, si rende simile a lui, vi si sospende e gli si unisce. Così assistiamo a un solidale grandioso doppio processo: di derivazione e di conversione o ritorno, presente in ogni grado della realtà.
Da quanto si è detto appare che l’Anima divina, produttrice, ordinatrice e principio della vita, è tutta in tutto l’universo e che perciò si deve ammettere l’animazione universale del mondo.

c) ETICA MISTICA – Il vero essere dell’ uomo è l’anima, anzi la parte intellettiva di questa, che è più vicina all’Essere divino. Per orgoglio e avidità di materiale possesso, l’anima umana disconosce la sua sorte spirituale e Dio signor suo e aderisce alle cose corporee, facendole sua delizia e suo regno, come avviene ai figli che si ribellano ai padri e, vivendo gran tempo lontani da loro, ignorano se stessi e i padri.
Ma è possibile redimerci, e per far ciò bisogna riconoscere nuovamente il divino in noi, che è dunque il nostro vero essere, liberarci dalla caligine corporea, tenere la vita terrena per quello che è, ombra e vana apparenza, purificare l’anima per metterla in condizione di contemplare la bellezza divina.

Sono tre le vie e i gradi dell’elevazione spirituale: musica, amore (poesia), filosofia. Dal godimento estetico, più intenso nella musica che in altra arte, si passa al desiderio di possedere il bello e di viverlo in stato d’amore: ma allora l’anima non si quieta, se non trova la vera bellezza, che è pure il sommo Bene, termine d’ogni amore. Né per questo occorre andar lontani da noi, poichè Dio è nel nostro intimo e la sua visione è come una luce interiore, che, quando risplende, ci rapisce interamente a sè, cosi che si attua l’unione nostra con Dio. Questo è il rapimento dell’estasi.

Gli scritti di Plotino furono ordinati per la pubblicazione in sei Enneadi, ossia gruppi di nove libri ciascuno, dal suo scolaro e successore PORFIRIO di TIRO (232-301), difensore del pensiero pagano in un’opera Contro i cristiani, perduta per noi, diffusore del neoplatonismo anche con una Vita di Plotino e un compendio delle sue dottrine, e commentatore di Platone e di Aristotele. È nota la sua Isagoge o Introduzione alle categorie di Aristotele.

 PERIODI SIRIACO E ATENIESE DEL NEOPLATONISMO

FINE DELLE SCUOLE FILOSOFICHE PAGANE

Si continuano a commentare i grandi filosofi greci, ma alla speculazione filosofica si sostituisce sempre più una teologia di tendenza fantastica e superstiziosa, e all’unione spirituale con Dio dell’estasi plotiniana si preferisce la teurgia, ossia l’arte di propiziare gli Dei con riti e con formule magiche. Professavano questo peggiorato neoplatonismo il filosofo GIAMBLICO di Calcide, scolaro di Porfirio e vissuto in Siria tra la fine del terzo e il principio del quarto secolo, e  l’imperatore GIULIANO, dettò l’apostata, che nel 361 a. C. se ne servi per il tentativo di restaurare la religione pagana.

Una reviviscenza del neoplatonismo si ebbe ancora ad Alessandria in principio del quinto secolo, con IPAZIA, mirabile figura di donna e di pensatrice, vittima nel 415 dell’intemperanza di alcuni cristiani.

Una vigorosa ripresa del neoplatonismo, alterato e integrato da elementi ascetici e teurgici e da dirette derivazioni da Platone e da Aristotele, intensamente studiati, si ha in Atene con l’ultima regolare scuola filosofica, illustrata specialmente da PROCLO da Costantinopoli, ingegno enciclopedico, autore di molti scritti, che esercitarono grande influsso anche sul pensiero religioso e filosofico dei tempi seguenti. Ultimi rappresentanti furono DAMASCIO e SIMPLICIO, cacciati da Atene nel 529, quando l’imperatore Giustiniano fece chiudere la Scuola e ne confiscò l’ingente patrimonio.

NEOPLATONISMO E CRISTIANESIMO

Il neoplatonismo contribuì all’elaborazione della dogmatica cristiana, nella quale troviamo “motivi” di concezioni neoplatoniche fondamentali, come quelle sull’unità e trinità divina, sulla trascendenza di Dio, sul dualismo di spirito e corpo, sulla svalutazione dei beni del mondo. Ma nel cristianesimo tutto ciò si presenta con nuovo spirito, come vedremo.

Ultimo rappresentante della filosofia ellenico-romana, va ricordato infine SEVERINO BOEZIO, patrizio romano educato in Atene, già cristiano di sentimento, ma filosofo greco quanto al pensiero. Tradusse o compendiò libri di Aristotele e di Porfirio, altri di logica ne scrisse lui pure e, in attesa di esser messo a morte (nel 525, regnando Teodorico), componeva in carcere il trattato filosofico e poetico insieme, dal titolo significativo De consolatione philosophiae, che finisce così: “Nec frustra sunt in Deo positae spes precesque; quae cum rectae sint, inefficaces esse non possunt. Adversamini igitur vitia, colite virtutes, ad rectas spes animas sublevate, himiles preces in excelsa porrigite… Ante oculos agitis judièis cuncta cernentis”.

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