LA TANCIA – Michelangelo Buonarroti il giovane

Michelangelo Buonarroti il giovane (1630) –  Giuliano Finelli (1601 – 1653)
    
Un programma andato in onda qualche anno fa su RAI/TV; a suo tempo, era stato registrato uno spettacolo allestito dal regista Alessandro Brissoni per LA TANCIA di Michelangelo Buonarroti il giovane, ariosa e schietta commedia paesana del Seicento fiorentino: una volta tanto qualcosa di rilievo artistico in TV, solo che si è cercato di farlo vedere al minor numero di persone possibile, mettendolo in onda alla stessa ora in concorrenza con uno spettacolo di larghe masse quale il Festival di Sanremo…..

La TANCIA è una commedia del 1611, ancora, cioè, un’epoca rinascimentale, a un secolo di distanza dall’apparizione delle prime commedie regolari del teatro italiano (Ariosto, Machiavelli, Bibbiana), d’impronta classica e dopo che, per tutto il Cinquecento, due filoni paralleli si erano sviluppati, l’uno, soprattutto a Firenze, della commedia erudita, sotto il controllo dei Trattati, o “dissertazioni” d’arte poetica ossequienti ai dettami aristotelici, l’altro (a Napoli, col Caracciolo, a Siena coi Rozzi, a Padova col Ruzzante, ad Asti con l’Alione) della libera commedia popolare, anche se spesso le case signorili, e talvolta perfino le Corti, aprivano ad esse le sale. Queste erano, invece, la sede naturale e costante della commedia erudita e presentavano di solito, il carattere occasionale, celebrativo, di un avvenimento principesco.
  
   
Anche il fiorentino Buonarroti (1568-1646), figlio di Leonardo Buonarroto Buonarroti Simoni, che portava il nome del grande nonno Michelangelo, uomo di lettere che l’Accademia della Crusca aveva introdotto alla Corte dei Medici, fu poeta teatrale di occasione, celebratore di circostanze gradevoli per la Casa ospitante: visite, nozze, feste, e in una di queste occasioni fu rappresentata la commedia rusticana in cinque atti LA TANCIA il 25 maggio 1611 alla presenza dei granduchi Cosimo e Maria Maddalena; commedia fresca e semplice, formalmente letteraria (per la maniera del linguaggio intriso di cruschevoli raffinatezze toscane) ma sostanzialmente popolare, anche se il tema boschereccio risente di origine arcadica.
  
  
L’ambiente, infatti, è contadino e contadina è la morale dell’ingenua vicenda che si svolge per amore della Tancia (diminutivo di Costanza) “belloccia, fresca e generosa”.
Ha fatto male Ciapino a dar l’incarico di ambasciatore del suo amore all’amico Cecco; ché proprio di Cecco è invaghita Tancia e Cecco non tarda a ricambiare i suoi sentimenti.
Invano interferisce, nel chiedere la mano di Tancia un pretenzioso cittadino che trova l’appoggio dei suoi genitori, solleticati dall’ambizione di un parentato civile.
L’amore di Tancia e Cecco ha nettamente la meglio e Ciapino “cambia piatto”, incontrandosi con l’amore di un’altra ragazza campagnola; il tutto con scorno del cittadino e vittoria della campagna sulla città, in una rappresentazione armoniosa e gentile; che non solo, cioè, non ha avuto nulla di stantio o di manierato, ma è stata fresca, movimentata, spassosa, per l’abilità registica di Brissoni, che l’ha animata con canti e danze, rendendo vivo il dialogo con la semplicità delle intonazioni e chiudendo la vicenda con una piacevole stornellata.
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