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MONOPOLI
Fu nel luglio del sessantadue
che partimmo da Monopoli
per andare a Cislago Varese,
frequentare un corso incapibile.
E noi tutti eravamo cortesi
di passare una vita borghese,
nel sentire che si stava bene,
mentre invece non fu poi così.
Dovevamo far quattr’ore di lavoro
e quattr’ore di teoria
ed invece era tutto ingannato:
dieci ore stavi a lavorà.
E quei soldi che ci dava –
mille lire la settimana – !
Le ragazze erano tutte piangenti,
così pure quei pochi studenti.
Ed allora, finito l’orario,
facevamo lo straordinario
per pagare il biglietto del treno
e più presto ripartire.
Ma alla fine della settimana
ci fu il vitto da pagare
e nessuno poté più partire:
tutti chiusi nel Settentrione.
Così il Nord ci ha rubato
dalla terra dove sono nato,
con la perfida illusione
di passare una vita migliore.
E noi tutti eravamo cortesi
di passare una vita borghese,
nel sentire che si stava bene,
mentre invece non fu poi così.
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Raccolta da Giovanna Marini a Monopoli (Bari), da lei inserita nello spettacolo L’aria concessa è poca (1970), rappresenta la cronaca fedele di uno dei tanti drammi dell’emigrazione interna. L’episodio si concluse con il ritorno a Monopoli di una parte degli emigrati, grazie ad un pullman noleggiato dal sindaco del paese; per altri era troppo tardi; si erano sperduti, finendo chi sa dove, in quel “paradiso terrestre” che era il nord del “miracolo economico”. .
Non risultano incisioni discografiche; ho ricavato il testo da un ciclostilato.
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Castello di Monopoli, cortile e merlatura
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