MADONNA E COMMITTENTI – Antoon Van Dyck

MADONNA E COMMITTENTI (1630 circa)
Antoon van Dyck (1599–1641)
Olio su tela cm 250 x 191
Museo del Louvre, Parigi

La grande tela è un trionfo del colorismo e del pittoricismo di Van Dyck. L’artista riesce a sposare elementi diversi quali la pennellata morbida e sensuale, molto libera, e il gusto per gli intensi ritratti, delineati con accuratezza nei dettagli. L’apparizione della figura monumentale della Vergine ha un tono familiare e solenne al tempo stesso. La Madonna, maestosa e quasi michelangiolesca nella sua massa piramidale, sostiene con garbo il Bambino sulle sue ginocchia. Gesù, vivace e capriccioso, si divincola dall’abbraccio per rivolgersi verso la figura maschile del donatore, giungendo ad accarezzargli il volto. L’uomo è visibilmente commosso; il suo sguardo assorto nella visione celeste e l’atteggiamento devoto, di fervida preghiera, ne fanno uno dei più intensi ritratti di Van Dyck. Straordinaria è la resa pittorica dei panni bianchi: si osservi il velo che ricopre il Gesù Bambino, i collaretti pieghettati e i polsini degli abiti dei donatori.
Altrettanto efficaci le sottili modulazioni che l’artista riesce ad ottenere sui toni scuri, colpiti da luci sfrangiate, e nello squarcio delle nubi nel cielo, da cui si affacciano due paffuti angioletti che spargono fiori.

Il dipinto proviene dalla collezione di Luigi XIV, per la quale fu acquistato nel 1685. Il Louvre conserva una cospicua raccolta di quadri del maestro fiammingo. Fra essi troviamo scene sacre (La Vergine, il Bambino e tre Santi penitenti, Martino di San Sebastiano, San Sebastiano soccorso dagli angeli, e la giovanile Crocifissione), soggetti mitologici (Sileno ebbro), temi epici (Rinaldo e Armida), e soprattutto splendidi ritratti (Carlo I d’Inghilterra a caccia, Isabella d’Austria, in abito di clarissa e Don Francisco de Moncada a cavallo).

Van Dyck e i pittori fiamminghi nelle collezioni di Luigi XIV

Fino alla meta del XVII secolo e oltre il gusto parigino era perlopiù orientato verso una pittura fortemente influenzata dal classicismo italiano e dalla trascrizione che di esso avevano dato gli artisti francesi come Poussin. La grande pittura fiamminga del Seicento, quella di Rubens e Van Dyck, tardò a penetrare nelle grandi collezioni francesi, e solo a partire dal decennio 1660-1670 troviamo quadri fiamminghi nelle raccolte di Luigi XIV.
I primi ad arrivare furono quelli acquistati con le Collezioni Mazarino e Jabach: da quest’ultima provengono I Principi palatini figli di Federico di Boemia di Van Dyck, oggi al Louvre.
Negli anni 1680-1690 giunsero a Versailles le più celebri opere del pittore ora al Louvre, come la Madonna e committenti e Venere nella
fucina di Vulcano.
Tuttavia era ancora viva negli ambienti artistici parigini la polemica fra i seguaci di Poussin che privilegiavano il disegno, in nome del classicismo, e coloro che erano fautori del colore.
Si narra che Luigi XIV davanti a un quadro di Teniers collocato nel suo appartamento abbia esclamato: “Portate via questo orrore!”.
Ciò indica che il gusto per i pittori nordici che si andava diffondendo nella Parigi di fine Seicento non aveva ancora fatto presa negli ambienti di corte, fedeli all’ideale classico.

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