Johann Wolfgang von Goethe – Vita e opere

 

Johann Wolfgang von Goethe

Johann Wolfgang von Goethe, (Francoforte sul Meno, 28 agosto 1749 – Weimar, 22 marzo 1832) è stato uno scrittore, poeta e drammaturgo tedesco.

Vasta, al punto di abbracciare due secoli, e profondamente radicata nel suo tempo, sul quale incise o suo volta il segno potente del proprio passaggio, l’opera di sfugge a qualsiasi tentativo di imprigionarlo in definizioni o schemi tradizionali. In essa si rispecchiò intera, e ritmata dalle fasi salienti che la caratterizzarono (illuminismo, Sturm und Drang, classicismo, romanticismo), la lunga vicenda culturale europea fra Settecento e Ottocento, ultima, gloriosa stagione di quell’umanesimo ideale da cui Goethe ereditò e portò a risultati veramente geniali lo slancio vitale dell’arte, multiforme e ricchissimo.
Il modo migliore per affrontare la lettura della produzione goethiana è forse quello di capire innanzitutto il significato peculiare dell’intreccio composito di elementi che la presuppongono idealmente: una fusione di componenti letterarie, autobiografiche e storiche si illuminano l’uno con l’altro e sono intimamente connesse. Così che la lettura dovrebbe avvenire in sincronia su diversi livelli e avere sempre presente il quadro di riferimento globale, culturale e politico.
La seconda metà del Settecento tedesco è infatti marcata da un momento importante: la storia segna il passo, ma, in questo favorevole periodo di stasi riflessiva, maturano un po’ dappertutto i grandi avvenimenti che preparano la nascita di una coscienza nazionale. Stremata dalla Guerra dei trent’anni e fortemente arretrata rispetto alle altre nazioni, la Germania delle classi dominanti, delle varie dinastie nobili, è impegnata a ricostruire e tenere insieme il mosaico degli infiniti staterelli sanciti dalla pace di Vestfalia.
Verso lo metà del secolo, Federico il Grande, sovrano di Prussia, sale all’apice della gloria dopo la fortunata Guerra dei sette anni. Assicuratosi un posto di rilievo tra le potenze europee, si dedica a uno illuminata opera riformatrice interna.
Intanto, preceduta dai primi albori indipendentistici in America (1776, la prima formulazione dei diritti dell’uomo) e nella Francia rivoluzionaria e repubblicana, l’ascesa della borghesia scuote l’orizzonte.
Ostacolata e divisa economicamente da una fitta rete di barriere doganali, e tormentata dal contraddittorio conflitto tra ragione e sentimento (tipico del passaggio dall’illuminismo al romanticismo, attraverso la fase rivoluzionaria dello Sturm und Drang e del contemporaneo classicismo), la classe borghese si fa portatrice di un ideale spirito tedesco, attraverso la consapevolezza di uno propria unitaria tradizione culturale, nutrita dei giganti della filosofia (Kant e l’idealismo tedesco, Hegel e lo stato di diritto assoluto) e della letteratura (Lessing, Klopstock, Goethe, Herder, Schiller).
In questo panorama la figura di Goethe opera da protagonista, non solo sulla scena politica del tempo (nella partecipazione agli affari di stato, specie intorno agli anni 1775-1786, su posizioni abbastanza conservatrici), ma anche e soprattutto in quanto genio dalle attitudini più varie ed eterogenee (artista, disegnatore, pittore, scienziato, naturalista, letterato, poeta, narratore, commediografo e tragico).
Gli studi, a cui si applica con ferreo, egoistico senso di autodisciplina, cooperano in lui alla definizione di una conoscenza e osservazione della realtà, cosmica e umana, che, evolvendosi nel corso di una vita lunga, intensa, non smettono di arricchirsi.
“La mia vita non fu che lavoro e fatica (…) il continuo rotolare di una pietra, che doveva essere sempre risollevata”…, disse di sé lo stesso Goethe.
Questa attività instancabile, fatta di rinunce anche clamorose, nonostante dal punto di vista personale e più propriamente affettivo Goethe sia stato di una esuberanza sorprendente, ha lasciato tracce in tutti i suoi libri.
Ambienti, personaggi, episodi sono il riflesso di esperienze documentabili e documentate, nutrite “delle più diverse nature, uomini stolti e saggi, teste chiare e ottuse”, che Goethe racconto di avere incontrato.
Il cammino segnato è quello di una conquista progressiva della verità delle cose e del tutto, che sia sintesi analitica e speculativa dì uno scienziato della realtà e insieme rivelazione mistica e lirica dell’io:
“Io non ho mai contemplato la natura per scopi poetici. Ma siccome il disegno di paesaggio prima, e la mia attività di naturalista poi, mi hanno indotto a osservare continuamente e minuziosamente gli oggetti naturali, a poco a poco ho imparato a conoscere a menadito la natura fin nei minimi particolari, di modo che, se come poeta ho bisogno di qualche cosa, la trovo a portata di mano, e non è facile che pecchi contro la verità”.
Raramente la conoscenza circostanziata della vita di uno scrittore è così determinante alla comprensione delle sue opere.
Unico figlio maschio, Johann Wolfgang von Goethe nacque a Francoforte sul Meno il 28 agosto 1749, Il padre, giurista e consigliere imperiale, molto colto, si era presto ritirato a vita privata, dedicandosi all’educazione dei figli, all’amministrazione dello proprietà e alla cura delle sue collezioni d’arte.
La madre, discendente da una famiglia dì giuristi (suo padre ero borgomastro di Francoforte), attenuò l’impostazione severamente umanistica del marito e completò la formazione del figlio con un senso sereno e armonioso della natura, e l’amabile attitudine o favoleggiare.
Dopo aver appreso varie lingue (greco, latino, ebraico, francese, italiano) ed essersi applicato alle scienze naturali e alla storia, a sedici anni Goethe si recò a Lipsia (1765), per studiarvi legge, secondo la volontà paterna. Ma i tre anni di quel soggiorno trascorsero in modo piuttosto stravagante e mondano,
Un gruppo di poesie in stile rococò (Annette e Nuovi canti con melodie) fu in parte ispirato dall’amore per Kätchen Schönkopf, la figlia del suo albergatore; mentre in due commedie (Capriccio d’innamorati e I complici) Goethe sembra già lasciarsi alle spalle il breve periodo lipsiano, pronunciando in esse un’aspra condanna contro se stesso e la società di quel tempo, corrotta e corruttrice.
Nell’estate del 1768, tornato a Francoforte gravemente ammalato, si occupò di religione e di mistica, sotto l’influsso di un’amica pietista della madre, Susanne von Klettenberg.
Fondamentale fu, tra il 1770 e il ’71, il soggiorno a Strasburgo, città allora francese, dove Goethe s’era recato per riprendervi gli studi di giurisprudenza. Qui infatti incontrò Herder, critico letterario e filosofo, che gli fu poi amico e maestro.
Herder lo iniziò alla lettura di Rousseau, Ossian, Shakespeare, Omero, Hamann, e seppe infondergli il gusto per la poesia popolare. Tali scoperte letterarie, unite all’impressione che gli suscitò lo cattedrale di Strasburgo, con il suo stile gotico che Goethe magnificò e contribuì a introdurre in Germania (Dell’architettura tedesca), sono sintomi, tra gli altri, del diffondersi di un nuovo clima culturale al tramonto dell’illuminismo, o, meglio, fase matura dell’illuminismo che va sotto il nome di Sturm und Drang (in italiano “tempesta e€ assalto”, da un dramma di Klinger).
Risentono di questa atmosfera preromantica le Liriche di Sesenheim, dedicate alla figlia del parroco dei Sesenheim, Friederike Brion, la quale ispirò a Goethe il primo, autentico, struggente sentimento d’amore, reciso con fermezza e tragico senso di colpa da parte dello scrittore (eco di questo abbandono, nel primo abbozzo del Faust, l’Urfaust, del 1773-75, è la figura dolorosa di Gretchen).
Laureatosi in diritto, nel 1771 Goethe fece ritorno a Francoforte. Alla professione preferì la vocazione letteraria, maturata in una consapevolezza ora più chiara. La sua creatività si fece serrata e multiforme (Canto del viandante nella tempesta…,  Canto di Maometto).
Il primo dramma, sul modello shakespeariano, Götz von Berlichingen (1771), rielaborato e pubblicato nel ’73, è il manifesto letterario dello Sturm und Drang.
La tematica medievale-cavalleresca, ambientato nel Cinquecento, come storia di un cavaliere in lotta per i diritti del popolo, sarà ripresa, con esiti teatrali e romanzeschi, tra gli altri, da von Kleisl e Walter Scott.
.
WertherLotte.jpg
“Lolotte ed Werther”, quadro ispirato all’opera “I dolori del giovane Werther” di Goethe
.
Nel 1774 Goethe pubblicò il romanzo epistolare I dolori del giovane Werther. La vicenda affondava in parte le radici nel vissuto goethiano: l’amore per Charlotte Buff, fidanzata all’amico Kestner, conosciuta a Wetzlar nel ’72, dove Goethe s’era recato per studiare il funzionamento del tribunale imperiale, e la notizia, appresa dallo stesso Kestner, del suicidio di Jerusalem, giovane diplomatico. Ma la narrazione, in una prosa nuova, vibrante, densissima, superava quel poco o tanto di autobiografismo diaristico, nel rendere così efficacemente vivo, drammatica e immediata la cronaca dell’amore infelice del protagonista, sino al suicidio inevitabile, al punto che l’opera, insieme ad altre, anticipa e prepara la nascita del romanzo moderno.
Il suo successo fu talmente clamoroso da scatenare, oltre i confini della Germania, quasi una vera malattia, il “wertherismo” appunto, che scosse per mezzo secolo l’Europa intera.
I drammi minori Maometto…, Satiro.., Prometeo…, e i drammi Clavigo (1774) e Stella (1775) rispecchiavano invece le forme del teatro tradizionale.
Negli stessi anni Goethe s’innamorò di Lili Schönemann, figlia di un ricco commerciante, donna colta e bellissima; ma ancora una volta vinse l’istinto a non legarsi definitivamente.
Una sorta di dissidio interiore scaturisce in Goethe ogni qualvolta la sua prepotente carica affettiva urta contro la trappola di una noiosa quotidianità, il tentativo cioè di imbrigliarlo in una vita normale, che troppo stride rispetto alle esigenze di mobilità, di sregolatezza, tipiche del suo estro. L’anelito altrettanto forte allo libertà, e in definitiva preminente, sembra affermare nello scrittore, con perentorio egocentrismo, l’inconciliabilità fra il privato e l’arte, gli affetti e la letteratura, ma nello stesso tempo conferma lo stretto legame, il rapporto di complementarietà insito nelle due componenti.
Accanto e parallela alla lunga, inesauribile carriera artistico-letteraria è infatti significativa, sotto questo aspetto, la ricca, instancabile vicenda affettiva di Goethe, all’insegno di una freschezza, di una vivacità che sempre si rinnovano e non temono gli anni, lo scorrere del tempo.
La breve parentesi riflessiva che Goethe attraversò, in coincidenza dell’ultima fuga e rinuncia amorosa, trovò soluzione spontanea nell’invito a Weimar rivoltogli dal giovane duca Carlo Augusto di Sassonia (1775), Goethe accettò senza esitare e si immedesimò con disinvoltura sia nelle vesti di educatore sia in quelle di consigliere segreto al servizio dello stato; la sua irrequietezza veniva così temperata, ma nei primi dieci anni ben poco tempo rimaneva da dedicare alla produzione letteraria.
Tuttavia il periodo weimariano, proprio in quanto sosta chiarificatrice, “calma e purezza”, secondo le parole dello stesso Goethe, giovò allo scrittore in maniera sorprendente e segnò un punto di riferimento fondamentale. Lo corte di Weimar divenne un centro di cultura, attorno al quale gravitavano artisti e scrittori quali Herder, Wieland, Schiller. In questa cornice si colloca anche l’amicizia e l’amore di Goethe per Charlotte von Stein.
Al primo decennio weimariano appartengono i due grandi drammi Ifigenia in Tauride e Torquato Tasso, che, entrambi composti in prosa, furono successivamente ripresi e trascritti poeticamente (il Tasso fu completata in Italia, nel 1790).
La produzione lirica annoverò alcune tra le più belle creazioni: la canzone Alla luna, il Canto notturno di un viandante, le ballate Il pescatoreIl re degli elfi. Inoltre Goethe riprese l’abbozzo del Faust, tracciato a Francoforte (l’Urfaust) e vi aggiunse nuove scene (terminato nell’88, uscì nel ’90 con il titolo di Faust. Un frammento).
.

Il dottor Faust e Mefistofele

.
Nel 1776 Goethe iniziò il romanzo La missione teatrale di Guglielmo Meister. Il nome del protagonista, Wilhelm, non a caso ricalca quello di Shakespeare: il progetto iniziale infatti è l’idea di scrivere un’opera sul teatro, attraverso la vicenda fallimentare di un aspirante autore e poeta in mezzo a un gruppo di commedianti. Ma nella storia si rispecchia la realtà, o parte di essa, sperimentata da Goethe stesso: era ancora una volta la futile vita dei nobili di corte che egli voleva colpire e smascherare.
Stanco e deluso forse, il 3 settembre 1786, da Karlsbad, dove stava facendo una cura termale, Goethe partì per l’Italia, di cui aveva assaporato i confini in lontananza, durante un breve viaggio in Svizzera, nell’estate 1775.
Fu soprattutto il soggiorno a Roma il periodo più felice per lo scrittore; vicino all’antichità classica, osservato con quel gusto estetico mutuato dal Winckelmann in patria, maturò in lui un senso più completo e profondo dell’oggettività dell’arte.
Intanto Goethe mise in versi l’Ifigenia, come si è detto; portò a termine l’Egmont, dramma in prosa sulle lotte per il potere fra gli spagnoli e le popolazioni fiamminghe, e il Torquato Tasso.
Ambientato a Ferrara, e ispirato dalla passione del poeta italiano per Eleonora d’Este e dalla sua pazzia successiva, il Tasso ha come risvolto quasi autobiografico l’incapacità di armonizzare in equilibrio stabile la vocazione e missione artistica con la vita sociale e di corte.

Creazioni letterarie nuove, e riflessi dell’ambiente italiano, furono le Elegie romane (1789), gli Epigrammi veneziani (1790); mentre il Viaggio in Italia redatto circa a trent’anni di distanza (1813-17), è un’importante raccolta di esperienze e scoperte, che impronteranno poi alcune sue opere letterarie e soprattutto scientifiche. Certi segreti della natura, come l’Urpflanze o “pianta primitiva”, modello per la creazione di piante all’infinito, verranno indagati e approfonditi in autentici trattati di storia naturale, come la Metamorfosi delle piante (1790) e la Metamorfosi degli animali (1799), che si collocano accanto a volumi quali i Contributi d’ottica, contro le tesi newtoniane, e Della teoria dei colori (1810), testimonianza di un periodo di esclusiva applicazione allo studio.

Arricchito e cambiato, Goethe stentò moltissimo a reinserirsi nella realtà quotidiana di Weimar (1788). Si isolò, convinto di non essere compreso e apprezzato. Per quanto riuscisse a liberarsi in parte dei precedenti incarichi, dedicandosi invece allo direzione del teatro di corte, per tentare di ricrearvi l’esperienza italiana, non poté sfuggire alla campagna, condotta dal duca insieme all’esercito prussiano, contro la Francia rivoluzionaria (1792-93).
Allineato su posizioni legittimiste, Goethe indirizzò un’aspra, ma mediocre satira contro i rivoluzionari più intransigenti (Il Gran Cofta…, Il generale della guardia cittadina…, Gli esagitati); meglio gli riuscì, nel 1797, il componimento epico Arminio e Dorotea, in esametri, dove riaffermò il valore dello tradizione borghese patriarcale di tipo agreste.
Il dramma La figlia naturale (1802) avrebbe dovuto iniziare invece una trilogia sull’antico regime, la Rivoluzione e la Restaurazione.
Nel 1794 ebbe inizio l’amicizia con Schiller, il quale esercitò grande influenza su Goethe, favorita dall’affinità estetico-culturale che legava i due (Schiller lo riportò sulla strada della poesia e della letteratura, temporaneamente sostituite dagli interessi di tipo scientifico).
Insieme a Schiller, sull’Almanacco delle Muse (1796-1800), Goethe condusse una battaglia accanita contro lo mediocrità letteraria del tempo, contribuendo alla diffusione capillare del classicismo.
Stimolato da Schiller, inoltre, riprese il Faust e portò a termine il Meister, iniziato nel 1776, pubblicandolo questa volta con il titolo Gli anni di noviziato di Guglielmo Meister (1796). L’opera esercitò un influsso straordinario sul romanzo europeo del XIX secolo (basti citare autori quali Balzac, Thackeray, Flaubert, Stendhal).
Nel frattempo, separatosi da Charlotte von Stein, con la quale manterrà un profondo legame d’amicizia, Goethe si era unito alla giovane Christiane Vulpius, donna semplice, della medio borghesia, la quale gli diede l’unico figlio, Augusto, nel 1789.

Con la morte di Schiller, avvenuta nel 1805 (Goethe dichiarò allora di aver perduto, insieme all’amico, metà della sua esistenza), lo scrittore ricadde in un ulteriore isolamento, più grave e disperato, nonostante la sua fama avesse ormai popolato l’Europa.

.

Ritratto di Goethe nella campagna Romana, di Tischbein

.

Nel 1808 apparve in stesura definitiva la prima parte del Faust.
Nello stesso anno Goethe incontrò Napoleone, suo ammiratore tenace. Le compagne napoleoniche avevano, nel 1797, bloccato Goethe alle soglie dell’Italia: sarebbe stato il terzo viaggio; nonostante questo egli ricambiava la stima e l’entusiasmo di Napoleone, accettandone anche alcuni suggerimenti critici sul Werther.
Un anno dopo comparvero Le affinità elettive, un romanzo che, forse proprio per la novità, in anticipo sui tempi, di una sottile, profonda indagine psicologica sui sentimenti umani, non fu compreso e apprezzato dal pubblico tedesco.
Nel 1811 Goethe iniziò a scrivere quella che, insieme al Viaggio in Italia, rappresenta la sua più importante opera autobiografica: Poesia e verità (1811-33).
Sebbene il ripiegamento in se stesso lo portasse a misurare gli anni e a ripercorrere il passato con un senso, tuttavia non inerte, di nostalgia, pure lo scrittore ritrovò momenti di un’antica, conosciuta vitalità quando s’accese di nuova passione per una ragazza ventenne, Marianne, incontrata a Wiesbaden (Goethe aveva allora 65 anni): ne nascerà il Divano occidentale-orientale (1814-19), pregevole raccolta di circa 250 componimenti, ispirati da alcune traduzioni di poesia persiana.
L’Eegia di Marienbad (1823) mostrò, nell’amore per la giovanissima Ulrike von Levetzow il segno di una fiamma ancora non del tutto spenta (il matrimonio, accarezzato da Goethe, che aveva allora 74 anni, fu violentemente avversato dal figlio Augusto).
L’ultimo decennio dell’attività goethiana è caratterizzato da una intensa vita intellettuale: la collaborazione alla rivista “Arte e antichità“, gli studi di Dante, le letture di Balzac, Manzoni, Stendhal. Assistito da un giovane letterato, Johann Peter Eckermann, Goethe si accinse a ordinare la sua vasta produzione.
Completò il Meister con Gli anni di peregrinazione, l’ultimo romanzo della vecchiaia (1821-29); compilò la Campagna di Francia, sistemò gli Annali, e predispose una scelta della fittissima corrispondenza con Schiller.
Intanto continuava a lavorare indefessamente alla secondo parte del Faust, che depose  solo pochi mesi prima di morire.
Testimonianza dell’assiduità devota con lo scrittore, i Colloqui scritti da Eckermann sono uno preziosa fonte di notizie. A far luce sugli anni giovanili aveva invece contribuito Bettina Brentano, che allacciò con Goethe un breve, capriccioso idillio, lasciando poi il Carteggio di Goethe con una bambina, in parte falsificato, di alcuni dati, raccolti dalla Brentano presso la madre, Goethe si sarebbe però servito per la sua autobiografia.
Il 22 marzo 1832, seguendo a breve distanza la morte del duca Carlo Augusto, e quello del proprio figlio, alla presenza affettuosa della nuora Ottilia, Goethe si spense a Weimar all’età di 83 anni.
.
Johann Wolfgang von Goethe, ritratto da J. K. Stieler nel 1828