FAUST – Johann Wolfgang von Goethe

Johann Wolfgang von Goethe

PREMESSA

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Al Faust, la sua creazione più alta, Goethe dedicò quasi interamente la sua vita. Iniziò ventitreenne, nel 1773-75, con un abbozzo francofortese, ritrovato solo molti anni dopo, nel 1887, con il titolo di UrFaust. Motivo occasionale fu forse la notizia dell’esecuzione di una povera ragazza, sedotta e abbandonata, colpevole di infanticidio. Trasposizione letteraria di quell’episodio, la tragedia di Gretchen, nell’UrFaust, riassumeva in sé anche quel minimo di vissuto personale che, per una curiosa associazione e analogia, lo scrittore vi aveva percepito, nel ricordare, forse con un senso di colpa, l’abbandono di Friederike Brion, conosciuta a Sesenheim.
Intorno a quest’idea Goethe continuò a lavorare durante il soggiorno romano (Faust. Un frammento, 1788-90), scrivendo nuove scene e rielaborando quelle precedenti, alla luce dei suoi mutati canoni e ideali estetici. Ma fu Schiller che lo indusse a riprendere sistematicamente questa sua fatica per la terza volta (1797). Il dramma uscì tuttavia in stesura definitiva, almeno nella prima parte (Faust. Prima parte della tragedia) solo nel 1808, dopo la morte di Schiller, che ne era stato promotore e animatore tenace. Da quel momento Goethe non avrebbe mai smesso di dedicarvisi, per completarne la seconda parte, se non poco tempo prima di morire, nel 1831.In questa imponente opera, autentica “summa” del sapere scientifico, etico, filosofico e politico, confluiscono alcuni dei grandi temi storici del tempo e della personale concezione di Goethe…, “il problema dell’uomo in se stesso e nei suoi rapporti con Dio, il problema della funzione dell’uomo nella natura e dell’individuo nei suoi rapporti con la società…, il problema di un’anima moderna nei suoi rapporti col mondo antico, e infine il problema dei limiti di ogni umana potenza.”
Faust è sinonimo emblematico di una vita che trova nell’attività incessante e frenetica, e nella consapevolezza di un supremo ordine generale, l’appagamento dei propri desideri e interrogativi. Nella versione goethiana rappresenta la tragedia dell’uomo moderno, che si riscatta da un’ esistenza noiosa e priva di scopo solo attraverso la volontà, l’Azione, in quanto creativa. Prima di Goethe, una serie non esigua di autori, fra cui gli ultimi erano stati Christopher Marlowe ed Ephraim Lessig, sta a documentare il fascino che su tutti, con interpretazioni differenti, aveva esercitato la vera storia del Faust. E’ accertata infatti e documentata l’esistenza storica del personaggio…, il dottor Faust, mago, pseudomedico, alchimista e filosofo. Nativo del Württemberg, colpì nel Cinquecento l’immaginazione popolare con la sua vita nomade e sregolata, e le sue stranezze. La leggenda si è poi divertita ad imbastire attorno a questo probabile ciarlatano un contorno fiabesco (tra l’altro fu facile dire di lui che s’era venduto l’anima al diavolo). In particolare quattro sono nella tradizione i libri che ne divulgarono le imprese…, quello dello Spiez (1674) e l’anonimo, detto del “Buon Cristiano”, del 1725.
Quest’ultimo in particolare accarezzò la fantasia di Goethe durante bla sua giovinezza, insieme alle rappresentazioni di burattini che allora circolavano, sul Faust, durante fiere e mercati. La storia del Faust goethiano trae origine dal famoso patto con Mefistofele. Questo è il fulcro di tutta l’azione. Faust è un vecchio sapiente, disilluso dalla scienza e dalla magia, annoiato e scettico, ma non arreso al punto di non giocare un’ultima possibilità…, vendere la propria anima al diavolo in cambio di una giovinezza e di una vitalità che rendano intensa la sua vita e appetibile, oltreché realizzabile, qualunque esperienza. La scena, tratta dalla prima parte del Faust (“Studio” II), contiene il postulato centrale goethiano dell’Azione e l’episodio fondamentale della leggenda faustiana, il patto con Mefistofele.
Questi, dopo alcune prodigiose metamorfosi (da un barbone a scolaro vagante, a cavaliere), appare finalmente a Faust e cerca di allettarlo con le più disparate promesse (gloria, amore, gioventù, ricchezze). Le resistenze di Faust poggiano sulla convinzione della vanità universale di tutte le cose…, con questa riserva e certezza, ma curioso di sfidare l’attimo cui dire “Arrestati! Sei bello!”, egli firma il patto (legata all’interpretazione di tale frase fatidica sarà l’abilità del colpo di scena a salvare Faust).Mentre Faust si prepara ad affrontare la nuova vita, Mefistofele, contento in cuor suo di questa parziale vittoria, indossa la toga di Faust, intrattiene uno studente e intreccia un gioco di verità e finzione, intelligenza e ironia, serietà e menzogna, maestro nella propria arte dell’ambiguità e dell’equivoco.
Subito dopo, gettato il mantello sulle spalle di Faust, lo condurrà attraverso le tappe di un lungo viaggio, dominato, per tutta la prima parte, dalla figura di Margherita. L’incontro, drammatico, con la ragazza, che per Faust commetterà una serie atroce di delitti, pagando con la prigione e la morte la sua cieca passione, è solo l’assaggio di un “piccolo mondo”, preludio alla grande avventura che lo attende (nel secondo Faust).

Faust e Mefistofele  – Jacques Delacroix

FAUST

Tragedia in versi e in prosa di Johann Wolfgang von Goethe, suddivisa in due prologhi e due parti, di cui la prima in venticinque scene, la seconda in cinque atti.
La prima versione (UrFaust), composta tra l’estate 1773 e l’ottobre 1775 e rielaborata fino al gennaio 1790, viene pubblicata a Lipsia col titolo Faust. Ein Fragment.
Rielaborata tra il giugno 1797 e l’aprile 1806, pubblicata nel 1808 col titolo Faust. Der Tragödie erster Tail (parte I), viene rappresentata parzialmente a Berlino il 18 febbraio 1816 e dal 1829 integralmente in tutta la Germania. La parte II viene composta tra il 1816 e il luglio 1831:  Goethe dispone che nessuno possa leggere l’opera fin dopo la sua morte e, per non avere la tentazione di rielaborarla, fa sigillare il manoscritto. Nel 1852 il Faust. Der Tragödie zweiter Teil viene pubblicato postumo.

PROLOGO IN TEATRO

Al Poeta, che vuole eternare la parola, e al Comico, che vuole dare vita alla parola, il Direttore ricorda le esigenze economiche della produzione scenica, soggetta all’approvazione del pubblico, che deve essere divertito sia visivamente che verbalmente.

PROLOGO IN CIELO

Mentre gli arcangeli lodano l’armonia delle sfere celesti, Mefistofele compare davanti a Dio per lamentare l’irrequietezza del genere umano, che ambisce a violare i limiti impostigli. Mefistofele scommette con Dio di riuscire a far suo Faust, scienziato irrequieto, per perderlo definitivamente, si da farne l’esempio del proprio trionfo.

PARTE I

Nel suo studio, la notte che precede il sabato di Pasqua, Faust medita sulla sua vita; non ha più interesse per le dottrine di cui è esperto e si da alla magia, per conoscere gli arcani del cosmo ed evadere cosi dall’angusta condizione umana. Faust sa che non potrà mai appagare la sua sete di conoscenza in una sola vita e che gli orizzonti umani sono limitati da Dio. Riconosciuta la sconfitta umana, sta per avvelenarsi, quando i cori e le campane pasquali annunciano la resurrezione di Cristo. Il suono delle campane salva Faust dal suicidio, ricordandogli la sua infanzia. Nel pomeriggio di Pasqua la gente celebra il ritorno della primavera con gite fuori porta. Faust, a passeggio con l’assistente Wagner, gode della festosità popolare, disprezzata da Wagner. La popolazione è grata a Faust per quanto lui e il padre hanno fatto durante la pestilenza. Ma il pensiero di Faust, all’ora del tramonto, è animato dal desiderio panico di comunione con gli elementi. Mentre rientra a casa con Wagner, li segue un misterioso cane nero (che
è poi il Diavolo). Di notte, nello studio, Faust placa la malinconia traducendo i versetti del Vangelo di Giovanni, accompagnato dai continui latrati del cane, che per gli esorcismi di Faust si trasforma in Mefistofele, il quale, in abito di giovane cavaliere, gli propone di godersi la vita con un patto: Mefistofele soddisferà i suoi desideri se Faust gli darà l’anima. Faust accetta e Mefistofele esige la firma del patto col sangue, a sigillo di una sorta di regolare contratto, per vincolarlo alla promessa fatta. Faust e Mefistofele partono a bordo del mantello spiegato del demonio. A Lipsia, in una taverna, Mefistofele introduce Faust nella vita spensierata degli studenti beoni. Mefistofele li incanta con un saggio delle sue capacità e se ne fa beffe, lasciandoli stupefatti; conduce poi Faust nella cucina della strega, dove i Gatti Mammoni badano a una gran pentola in cui cuoce il filtro di giovinezza per Faust. In uno specchio Faust scorge una bellissima figura femminile e vuole possederla; irrompe la Strega, che somministra a Faust il filtro magico, tacendolo ringiovanire di trent’anni. Per strada Faust è affascinato dall’adolescente Margherita, che non ha ancora compiuto quindici anni: cerca invano di conoscerla e ne pretende la conquista entro la mezzanotte. La sera, con l’aiuto di Mefistofele, Faust penetra nella camera di Margherita e vi lascia uno scrigno pieno di preziosi. Margherita sta per coricarsi, quando scopre la cassetta e vanitosamente si adorna subito dei gioielli. La pia madre di Margherita subodora l’origine diabolica dei gioielli e li dona al prete; Faust ne dà altri a Margherita, che li mostra all’amica Marta, quando Mefistofele annuncia a Marta la motte del marito, avvenuta in Italia. Con la scusa di redigere ufficialmente l’atto di motte, ottiene di tornare la sera stessa accompagnato da Faust, il quale, per poter incontrare Margherita, dovrà testimoniare il falso. La sera, nel giardino, Margherita e Faust, Marta e Mefistofele passeggiano: Margherita racconta la sua semplice esistenza, Faust le confessa di amarla; Marta fa capire a Mefistofele di non voler restate vedova molto a lungo. Dopo il primo bacio tra Margherita e Faust, le donne si separano dai corteggiatori. Faust è sconvolto dalla passione e vaga in un paesaggio rupestre, lamentando il patto con Mefistofele, che gli instilla l’insoddisfatto desiderio di Margherita, reclusa in casa e che sfoga la pena amorosa cantando.
Margherita, però, e delusa dal sapere che Faust crede nella religione naturale e non è cattolico. Faust riesce a sedurre di notte Margherita, che ha addormentato la madre con un filtro datole da Faust. Margherita, incinta, e gravata dalla colpa e prega la Vergine per salvarsi. Ma ormai la sua reputazione e rovinata; di notte, Valentino, fratello di Margherita, di ritorno dall’osteria, aggredisce Mefistofele e Faust, cause della rovina della sorella, ma viene uccise e muore tra le braccia di Margherita, maledicendola. Anche la madre di Margherita, bevuto il potente narcotico somministratole dalla figlia, muore; Margherita, durante l’ufficio funebre, tormentata da uno spirito maligno e dal Dies irae cantato dal coro, sviene in chiesa. La notte di Valpurga, la prima notte di maggio, sulle montagne delle Harz, nella Germania settentrionale, Faust e Mefistofele partecipano al tradizionale incentro di spiriti dannati e si mescolano alla festa ballando con le streghe. Faust è turbato al vedere uno spirito con le fattezze di Margherita morta decapitata. Terminato il sabba, Faust maledice Mefistofele, perché ha appreso di Margherita incarcerata e condannata a morte, e gli impone di liberarla.
Diretti in città, di nette, scorgono streghe intente in pratiche empie attorno a un patibolo. Giunti al carcere, Mefistofele addormenta il carceriere con una magia, Faust penetra nella cella di Margherita, che lo riconosce, ma, delirante, verrebbe purificarsi insieme a lui peri delitti commessi (matricidio e infanticidio). Faust la prega invano di fuggire con lui; quando ormai sta albeggiando, Margherita avverte la presenza di Mefistofele e invoca l’aiuto divino, che la sottrae definitivamente a Faust, salvandola, Mefistofele trascina via Faust, invocato da Margherita.

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Il dottor Faust e Mefistofele

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PARTE II

ATTO I

Faust riacquista le energie dopo un sonno ristoratore propiziatogli da un coro di elfi. L’azione è ambientata  all’interno di una corte imperiale medievale. È carnevale e l’Imperatore convoca a palazzo il Consiglio di stato: il Cancelliere, il Comandante dell’esercito, il Tesoriere, il Maggiordomo di corte lamentano le povere condizioni dell’impero, che ha così perso d’autorità. Mefistofele, che ha preso il poste del buffone di corte, offre la soluzione a tutti questi problemi: lo sfruttamento delle ricchezze del sottosuolo, ancora intatte. L’Imperatore, attirato dai vantaggi materiali, è convinto della bontà dell’operazione e vorrebbe iniziare subito nella ricerca delle ricchezze, ma l’Astrologo consiglia di godersi il carnevale, rinviando il lavoro al mercoledì delle Ceneri.
Annunziate dall’Araldo entrano le due schiere di giardinieri e giardiniere, offrendo in vendita i prodotti del loro lavoro, seguite delle schiere di maschere e figure allegoriche. L’Araldo annuncia l’arrivo di uno
splendido cocchio trainato da draghi, su cui troneggia Faust riccamente mascherato da dio Pluto, mentre Mefistofele si presenta sotto la veste della smunta Avarizia.
Aperti gli scrigni, Pluto-Faust fa baluginare agli astanti le ricchezze possibili, impedendo loro, però, di impadronirsene. Viene raggiunto dall’Imperatore vestito da Pan, con un corteo di gnomi, fauni, giganti e ninfe. Faust scatena un incendio fittizio, ma poi lo placa.
Il giorno successivo Faust e Mefistofele sono perdonati dall’Imperatore; il Tesoriere, il Cancelliere e il Comandante dell’esercito annunciano la soluzione di tutti i problemi economici con l’uso e la diffusione della carta moneta. A Faust e a Mefistofele viene richiesto di collaborare alla gestione delle risorse statali, insieme al Tesoriere. L’Imperatore, per sollazzarsi, chiede a Faust di fargli magicamente comparire i due modelli classici della bellezza maschile e femminile, Paride ed Elena. Faust deve allora raggiungere le Madri, presso le quali si trova un tripode infuocato; toccatolo con una chiave consegnatagli da Mefistofele – che, in attesa del ritorno di Faust, soddisfa le curiosità dei cortigiani rispetto alla magia -, Faust lo porta con sé e può compiere il prodigio richiestogli. Faust, non appena vede Elena, se ne innamora; Elena e Paride inscenano una pantomima: Elena bacia Paride, assopitosi, che non capisce chi lo desideri. Individuata Elena, la rapisce, nell’indignazione di Faust, che la vuole per sé.
Faust cerca di forzare l’incantesimo a suo vantaggio, ma riesce solo a farlo svanire, restandone stordito.

ATTO II

Nello studio di Faust, immutato dalla firma del contratto: Faust dorme. Mefistofele, per ingannare il tempo, indossa la polverosa e tarlata pelliccia di Faust, facendone l’elogio a Nicodemus, ‘famulus’ di Wagner, che, dalla scomparsa di Faust, e reputato il maggiore sapiente al mondo. Mefistofele riceve uno studente, Baccalaureus, che, scambiatolo per Faust, il suo vecchio maestro, proclama l’esaurimento del sapere ereditato dalla tradizione e l’avvento di un velleitario giovanilismo; Mefistofele, per la sua esperienza, sa che il mondo e immutabile. Nel laboratorio Wagner lavora alla creazione artificiale di una creatura umana in provetta, l’Homunculus, che si libra sopra Faust addormentato e ne descrive il sogno (Leda e il cigno), interpretato come volontà d’immersione nel mito classico. Homunculus ricorda allora che proprio quella notte si svolge il sabba classico di Valpurga, a Farsalo, nell’anniversario della battaglia, che potrebbe essere la terapia giusta per Faust. E cosi, sempre grazie al mantello di Mefistofele, si avviano verso la Tessaglia, lasciando solo Wagner a meditate sulla sua scienza. Arrivati in Tessaglia, Homunculus abbandona i due compagni di viaggio, mentre Faust si avventura alla ricerca di Elena.
Lungo le rive del fiume Peneio Faust rivive la scena di Leda. Incontra Chirone, che lo guida dall’indovina Manto per guarirlo dalla passione per Elena. L’indovina, pero, lo porta da Persefone, ripercorrendo le orme di Orfeo alla ricerca di Euridice. Mefistofele, invece, affascinato dalle sgraziate Forcidi (dotate di un solo occhio e un solo dente), si trasforma in una di esse, assumendo natura ermafrodita. Talete conduce Homunculus alla festa di Galatea, nelle baie rocciose dell’Egeo, alla ricerca del segreto per divenire finalmente uomo. Consigliati da Nereo, si rivolgono a Proteo, insieme al quale assistono alla processione che precede l’arrivo di Galatea.

ATTO III

Dopo la guerra di Troia, Elena, tornata a Sparta, è ammonita da Menelao a predisporre ogni cosa per un sacrificio, di cui non viene specificata la vittima. Mefistofele le chiarisce che è lei la vittima del sacrificio e le consiglia di rifugiarsi in un castello che un popolo del Nord ha costruito non lontano da Sparta durante l’assenza di Menelao. Nel cortile del castello Faust omaggia Elena, ma Mefistofele preannuncia sventura a entrambi: si sta avvicinando, infatti, Menelao con l’esercito, per riprendersi la moglie; Faust, allora, da ai suoi fidi le disposizioni necessarie, dopo averli omaggiati di un feudo prima di avviarsi allo scontro,
La scena si trasforma magicamente nell’Arcadia. Elena e Faust vivono col figlio Euforione, che diventa rapidissimamente adulto; Euforione, dopo aver incitato i nativi alla ribellione per l’indipendenza  – raffigurazione della militanza di Byron a sostegno della lotta dei Greci -, muore tentando il volo. Il corpo si abbatte ai piedi dei genitori e sparisce subito dopo; l’aureola che gli risplendeva sul capo si leva nel cielo come una cometa. Elena, distrutta dal dolore, desidera morire e, invocata Persefone, svanisce; a Faust ne restano solo gli abiti, che si trasformano in nubi e, avvolto Faust, lo trasportano in cielo. Dopo che la corifea Pantalide ha annunciato di ricongiungersi con Elena nell’Ade, le parti del coro si dissolvono nei singoli elementi della natura, celebrando l’orgiastica ebbrezza di un baccanale. Mefistofele abbandona il travestimento da Forcide.

ATTO IV

Faust è deposto dalle nuvole su una vetta rocciosa, dove viene raggiunto da Mefistofele, portatovi dagli stivali dalle sette leghe, Faust contempla il maestoso spettacolo delle cime montane; persuaso da Mefistofele, che considera la natura fonte di godimento, Faust anela a grandi imprese, che prevedono lo sfruttamento del suolo, prosciugando distese marine. Lo interrompe il suono di tamburi di guerra. La diffusione della carta moneta ha creato, nell’Impero, un benessere temporaneo; la folle dissipazione della corte ha spinto al massimo la miseria dei sudditi: la rivolta dilaga e l’Imperatore deve affrontare una battaglia decisiva. Mefistofele incita Faust a scendere in campo a fianco dell’Imperatore, che, in cambio, potrà assegnargli in feudo il terreno prosciugabile. In vista dell’imminente scontro, Mefistofele affida a Faust tre demoniaci soldati di età diversa. Dai contrafforti, l’Imperatore osserva la disposizione delle truppe.
Faust mette al suo servizio i propri poteri magici. La battaglia sembra volgere a favore dell’Imperatore grazie all’inatteso intervento di un’armata di demoni. Viene fatto scaturire magicamente un fiume che travolge i nemici, che a un certo punto stavano prevalendo, e impedisce loro di fuggire. Dopo la vittoria, i tre soldati demoniaci dimostrano la propria avidità di bottino; l’Imperatore amplia i domini dei grandi feudatari, in segno di riconoscenza per la loro fedeltà.
Per rimediare al peccaminoso aiuto ricevuto dalle forze infere, l’Arcivescovo pretende che l’Imperatore doni alla Chiesa i terreni sui quali è avvenuto lo scontro, oltre a ricche donazioni.

ATTO V

Un viandante torna a visitare una coppia di anziani, Filemone e Bauci, che lo avevano salvato su quelle rive dal naufragio.
Ora la coppia possiede un esteso podere coltivato, ove un tempo vi era mare: sono le terre del feudo di Faust, divenute magicamente fertili. Faust ambisce da tempo a impadronirsi della capanna di Filemone e Bauci, che rendono omaggio a Dio suonando al crepuscolo la campana della loro cappella. Faust, ormai al termine della sua vita, è tormentato dal suono delle campane, che gli rammentano la caducità della vita e il rifiuto della religione. Al suo palazzo approda dal canale un’imbarcazione variopinta, dalla quale sbarcano Mefistofele e i tre soldati demoniaci. Mefistofele non placa Faust con i sontuosi frutti delle sue razzie; per dominate un ampio orizzonte, Faust vuole impadronirsi del podere di Filemone e Bauci e dei suoi tigli, e provare le gioie della vita semplice e tranquilla. Impone a Mefistofele di liberarlo della coppia di vecchi con l’aiuto dei tre nerboruti demoni. Di notte avviene la strage: Mefistofele e i suoi tre collaboratori danno fuoco alla capanna, ai suoi tre ospiti e al bosco di tigli. Faust, che intendeva salvate i due anziani, e indignato e caccia Mefistofele e i demoni, maledicendoli, pentendosi dell’ordine dato frettolosamente.
A mezzanotte arrivano al palazzo di Faust la Mancanza, il Bisogno, l’Insolvenza, la Preoccupazione.
Alle prime tre (ma non alla quarta) e impedito di penetrate nella dimora di un ricco. Faust non riesce a prendere sonno, avendole sentite arrivare; contempla desolato la propria solitudine e vorrebbe poter tornare uomo e liberarsi del potere della magia. La Preoccupazione ricorda a Faust il proprio potere sugli uomini, ma Faust l’affronta affermando con forza il potere della ragione, che permette all’uomo di dominate la terra, La Preoccupazione lo maledice e, prima di andarsene, lo accieca.
Faust, seppure privo della vista, ordina ai suoi servi di prepararsi a realizzare la sua più grande opera. Nell’ampio cortile antistante il palazzo Mefistofele fa scavare la fossa per Faust, che, uscito dal palazzo, scambia i lavori in corso per la realizzazione del disegno destinato a consegnarlo alla storia: un canale per bonificate una palude e liberate gli uomini dalla schiavitù della natura. Assorto nella contemplazione estatica del suo progetto, muore, cadendo nella fossa scavata.
Mentre viene seppellito il corpo mortale di Faust, Mefistofele attende che la sua anima esca dal corpo per chiederle conto del patto sottoscritto, allertando i demoni a catturarla, un coro angelico ricaccia nell’Inferno le schiere demoniache con una pioggia di rose.
Mefistofele è sedotto dalla dolcezza dei canti celesti; il profumo delle rose divine appaga il suo odorato; e la stessa bellezza delle forme efebiche degli angeli turba la sensualità di Mefistofele, che, in tale confusione personale, non si accorge che l’anima di Faust è trasportata in Paradiso. Mefistofele riconosce la propria sconfitta, frutto di un inganno dei sensi.
In una solitudine montana, Pater Ecstaticus, Pater Profundus e Pater Seraphicus, santi eremiti, testimoniano l’ardore di fede e penitenza; il Doctor Marianus, dalla cella più elevata, ha la visione dell’ascesa dell’anima di Faust, accompagnata dalla preghiera alla Vergine Maria delle tre grandi penitenti delle Sacre Scritture, Maria Maddalena, Maria Egiziaca e la Samaritana, e dall’intercessione dell’anima di Margherita.
Al termine del testo, il Chorus Mysticus proclama la capacità catartica e nobilitante dell’Eterno Femminino.

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