PEPPINO DE FILIPPO – Vita e opere

Peppino De Filippo nei panni di Gaetano Pappagone, inventore di un gergo particolare ed esilarante. I suoi piriché, ecquequà, carta d’indindirindà entrarono nel parlato comune divenendo modi di dire diffusissimi.

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PEPPINO DE FILIPPO

Peppino De Filippo (24 agosto 1903 – 27 gennaio 1980) è stato un attore italiano. De Filippo nasce a Napoli, fratello dell’attore e drammaturgo Eduardo De Filippo e di Titina De Filippo. Ha fatto il suo debutto sul palco all’età di sei anni. Lavorò anche con grandi registi come Fellini e Lattuada in Luci del varietà e nell’episodio Le tentazioni del dottor Antonio, inserito in Boccaccio ’70. Per la televisione inventò il personaggio di Pappagone, presentato nella trasmissione Scala reale; un umile servitore, al servizio del Cummendatore Peppino De Filippo, in cui convergono le tipiche maschere del teatro napoletano (Pulcinella e Felice Sciosciammocca), inventore di un gergo particolare ed esilarante È comunque ricordato soprattutto per le sue numerose collaborazioni artistiche con Totò, in film come Totò, Peppino e la malafemmina e La banda degli onesti. Morì a Roma all’età di 76 anni.

Fratello di Eduardo e di Titina, iniziò con loro la sua carriera artistica, lavorando nella compagnia di Eduardo Scarpetta, per poi fondare insieme ai fratelli la compagnia I De Filippo. Dotato di una comicità esilarante, legata ai lazzi e alle farse della tradizione napoletana, portò il suo contributo all’attività della compagnia, realizzando alcune commedie, spesso atti unici, che prendevano vita proprio in scena, grazie alle sue qualità di improvvisatore e alla sua abilità nel creare macchiette burlesche: Tutti uniti canteremo (193 l), Don Rafele, ‘o trumbone (1931), A Coperchia è caduta una stella (1932), Non è vero, ma ci credo (1942). Nel 1945 uscì dalla compagnia del fratello Eduardo per fondame una propria, con l’intento di rinnovare il teatro comico italiano. In realtà De Filippo propose sempre un teatro dialettale, di chiara matrice napoletana, basato sull’improvvisazione (più che su una precisa redazione scritta), sulla gestualità caricaturale e sulla plasticità facciale proprie di una maschera, non sempre in grado di rendere completamente la psicologia dei personaggi. Le sue commedie risultano difficili da rappresentare, al di là della sua personale interpretazione. Celebri sono: Quelle giornate (1946), Quel bandito sono io (1947), Quel piccolo campo (1948), Gennarino ha fatto il voto (1950), Pranziamo insieme (1951), I migliori sono così (1952), Un pomeriggio intellettuale (1954). Con le Metamorfosi di un suonatore, nel 1963, seguendo il suo programma artistico, riuscì a riportare sulla scena l’originaria tradizione della Commedia dell’arte, recuperando canovacci di antichi comici napoletani; questa operazione filologica gli permise di ottenere un grande riconoscimento a Parigi, al Théâtre des Nations.
Fedele alla tradizione teatrale più schiettamente popolare è anche lo spettacolo Don Felice affamato fra un invito a pranzo, un amico scultore e due poveri in campagna (1966), che raccoglie tre vecchi atti unici sul tema della fame, il cui comune protagonista, Don Felice, è la trasposizione in chiave moderna della celebre maschera di Eduardo Scarpetta, Felice Sciosciammocca.

Lavorò anche nel cinema, esordendo come attore, accanto al fratello Eduardo nel film Tre uomini in frak (1932) di Mario Bonnard. In seguito si segnalò come interprete di numerose commedie al fianco di Totò (Totò, Peppino e… la malafemmina, 1956) e in alcuni film di Federico Fellini (Luci del varietà, 1951; Boccaccio ’70, 1961).

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Peppino De Filippo con Totò, Titina De Filippo in Totò, Peppino e i fuorilegge (1956)

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