IL FASCISMO IN EUROPA

 IL FASCISMO IN EUROPA

Il dopoguerra in Germania

Anche in Germania il dopoguerra fu agitato da una profonda crisi sociale ed economica, alla quale il governo socialdemocratico riusciva a far fronte con grande difficoltà.
Gli Alleati, soprattutto la Francia, pretendevano il pagamento per intero delle cosiddette riparazioni di guerra, ma 1’economia tedesca, stremata, non era assolutamente in grado di pagare. Nel 1921 tali riparazioni vennero ridotte da 226 a 132 miliardi, da versarsi in 42 anni, ma il pagamento del primo miliardo provocò il crollo dell’economia tedesca. I prezzi salirono in modo spropositato; salariati e ceti medi caddero nella miseria più nera.

Nel 1923, poiché la Germania non riusciva ad adempiere ai suoi obblighi finanziari, la Francia procedette all’occupazione del Bacino della Ruhr, nella Renania, che da solo forniva i quattro quinti del carbone e dell’acciaio necessari all’economia tedesca. L’occupazione si risolse in un fallimento perché gli operai iniziarono un lunghissimo sciopero e tutta la popolazione attuò la resistenza passiva.
L’occupazione cesserà solo nel 1930 in seguito a nuovi accordi internazionali.

La violenza fatta agli abitanti della Ruhr provocò il risentimento del nazionalismo tedesco, eccitato nel frattempo da gruppi estremisti di destra. Alla fine del 1923 questi gruppi tentarono addirittura un colpo di Stato di tipo fascista con il putsch di Monaco (putsch, in tedesco = sommossa). Ma questo fallì ed uno dei capi, Adolf Hitler, venne arrestato.

Tali fatti preoccuparono gli Alleati nonché i gruppi moderati della borghesia tedesca. Si giunse così alla conferenza di Locarno, nel 1925, con la quale per la prima volta vincitori e vinti sottoscrissero degli accordi in piena parità.

Per alcuni anni lo “spirito di Locarno” fu alla base dei rapporti internazionali. Questo non impediva però alle correnti reazionarie di affrettare i tempi per un’offensiva contro le istituzioni democratiche. Negli anni Venti si affermavano infatti regimi autoritari in: Spagna, Portogallo, Polonia, Lituania, Jugoslavia, Francia, Austria, Romania.

La crisi del 1929

Nel 1929 negli Stati Uniti d’America scoppiò una gravissima crisi economica che interessò l’intero mercato internazionale: si produceva infatti più di quanto il mercato potesse acquistare, per cui i prodotti rimanevano invenduti, le fabbriche dovevano fermarsi e licenziare gli operai.

Il presidente democratico eletto nel 1932, Franklin Delano Roosevelt, promosse audaci interventi statali nell’economia (mediazione tra industriali e operai, iniziative di carattere sociale, investimenti statali in grandiose opere pubbliche). Questa politica, detta del New Deal (nuovo corso) salvò gli Stati Uniti dalla catastrofe e Roosevelt fu rieletto per ben altre tre volte alla presidenza.

Il socialismo in un solo paese

Negli stessi anni in URSS il leader dell’opposizione di sinistra, Lev Trotzkij sosteneva la necessità di puntare sulla riorganizzazione del movimento rivoluzionario. Il segretario del partito, Stalin, sosteneva invece la tesi della costruzione del “socialismo in un solo paese”, della necessità, cioè, di concentrare tutti gli sforzi del comunismo mondiale nella realizzazione del socialismo in Unione sovietica.
La discussione politica ben presto degenerò. Trotzkij e i suoi seguaci vennero additati al partito e al popolo sovietico come responsabili di tutti i ritardi e le difficoltà inerenti alla costruzione dello Stato sovietico. Trotzkij fu espulso dal partito nel 1927, e dalla stessa Unione sovietica nel 1929.
Nel 1928 Stalin iniziò la politica dei piani quinquennali. Con essi lo sviluppo dell’intero paese veniva preventivato e regolato ogni cinque anni dagli uffici economici statali.
Venne così dato l’avvio ad un profondo processo di trasformazione: venne (areata una potente industria, vennero collettivizzate le campagne.

Il nazismo in Germania

Nel 1932 Hitler concorse alle elezioni presidenziali e raccolse 13.000.000 di voti contro i 19 milioni dei suoi avversari e, il 28 gennaio del 1933, fu chiamato a presiedere il governo. Applicando lo stesso schema di Mussolini, Hitler si sbarazzò in breve tempo delle apposizioni ed impose la dittatura nazista, proclamandosi “führer” (capo) del Reich tedesco.
Fondamento della dittatura erano l’esaltazione della razza tedesca e l’antisemitismo. Gli Ebrei furono accusati come i responsabili di tutti i mali della società. Fu ovviamente un diversivo che la stessa classe dirigente escogitò per allontanare da sé le proprie responsabilità. Liberali, democratici, Comunisti, Ebrei, vennero perseguitati, uccisi o racchiusi nei mostruosi campi di concentramento. Tutta la gioventù venne educata al nazionalismo e al culto della guerra.
Era fatale che fra nazismo tedesco e fascismo italiano si giungesse entro breve tempo ad una unità di azione.
L’ascesa di Hitler incoraggiò tutti i movimenti di destra europei. Nel 1934 i nazisti assassinarono il cancelliere austriaco Engelbert Dollfuss, che dal 1932 aveva instaurato in Austria un regime di terrore. L’assassinio mirava all’annessione dell’Austria da parte della Germania. L’Europa intera fu preoccupata del fatto e cosi anche la stessa Italia, che non vedeva di buon occhio la creazione di un blocco tedesco ai propri confini. Mussolini inviò delle divisioni al Brennero per scoraggiare Hitler dall’invadere l’Austria; per il momento l’indipendenza austriaca venne salvata.
Gran parte dei paesi europei, tranne la Francia e l’Inghilterra e qualche paese minore, cadevano cosi sotto il tallone fascista.

Nel 1935 nel Bacino della Saar si ebbe il plebiscito, previsto dai trattati di pace: il risultato fu favorevole al ritorno alla Germania e Hitler, confortato da questo, iniziò la rapida militarizzazione del paese.

Nel marzo del 1936 truppe tedesche occuparono la Renania, regione che a Versailles si era deciso di lasciare smilitarizzata. La macchina da guerra hitleriana si metteva in movimento.

Le potenze europee si limitarono ad una formale protesta….