LA CHIESA E IL FASCISMO

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LA CROCE E I FASCI

Gli anni ”trenta”- dalla crisi post-concordataria all’entrata in guerra dell’Italia ”fascista” – sono gli anni in cui per il “mondo cattolico” italiano parlano soprattutto le gerarchie ecclesiastiche, i giornali cattolici autorizzati dal regime, gli uomini graditi al regime o entrati nell’area del regime. Talora qualche dissonanza, qualche stormir di fronda, qualche voce ribelle però subito tacitata, con le buone o con le cattive.

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In generale sono gli anni dello sfaldamento dell’antifascismo cattolico. La collaborazione volenterosa e cordiale di Papa Ratti con il fascismo non lascia spazio. Subirà qualche incrinatura ma sarà pressoché continua fino ai drammatici ultimi giorni del pontificato.
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Sturzo è a Londra e, poi, a New York. Giuseppe Donati a Parigi. Ferrari in Belgio e, poi, a Parigi dove morirà il 2 marzo 1933. Guido Miglioli lavora per l’organizzazione internazionale contadina e vaga per l’Europa inquieta. De Gasperi è stato assunto alla Biblioteca Vaticana, tornerà a galla – sotto gli pseudonimi di “Rerum Scriptor” e di “Spectator” – sulla “Illustrazione Vaticana” dopo il 1933.
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Altri ex-popolari sono tornati alle loro occupazioni con qualche fastidio.
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Verso i clerico-fascisti il regime sarà generoso, i loro servigi saranno largamente compensati. A parte qualcuno, come Egilberto Martire, nominato membro della Camera dei Fasci e delle Corporazioni poi incappato in un banale infortunio (raccontava barzellette sui gerarchi “iettatori” nei corridoi di Montecitorio) che lo portò al confino nel ’39.
Stefano Cavazzoni sarà presidente dell’Istituto centrale di credito, lo strumento destinato al “risanamento” e alla riorganizzazione, con i soldi dei contribuenti, delle imprese bancarie cattoliche. Attorno a lui il commendatore Luigi Colombo, già presidente “rattiano” dell’Azione Cattolica, l’on Mauro del Banco San Giorgio di Milano, l’on. Boncompagni succeduto al conte Santucci alla presidenza del “Banco di Roma”, il senatore Montresor presidente della Banca Cattolica del Veneto, ecc.
Il cosiddetto “Centro nazionale” costituito nel 1924 da Cavazzoni, Mattei Gentili, Mauro, Santucci, Grosoli ecc. non ebbe prospettive ampie fin dall’inizio anche se aveva cercato affannosamente di rendersi utile ai padroni del regime su un piano di massa.
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“Elementi cattolici ed in genere aderenti disciolto partito popolare – telegrafava nel marzo del ’27 il prefetto di Pesaro (v. Il movimento cattolico nel periodo fascista, di Giuseppe Rossini) – in buona parte hanno seguito azione S. E. Mattei Gentili diretta a dare contenuto patriottico ed adesione al Regime alle preesistenti organizzazioni bianche, ma non è facile stabilire netta divisione e precisare sin dove elementi stessi seguano S. E. Gentili per devozione personale più che intimo e sicuro nuovo orientamento loro coscienze.
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Il vescovo etiopico Maryam Cassà, pronuncia davanti a Mussolini  un discorso di esaltazione della “battaglia del grano”.  Siamo in piena politica dei sorrisi tra la Chiesa cattolica e il fascismo.
La crisi della postconciliazione del 1931 è un lontano ricordo.
Sempre sull’organizzazione clerico-fascista, questa volta il prefetto di Milano telegrafava:
“Raggruppa in Milano-città un centinaio di cittadini fra i più rappresentativi qual l’on. Cavazzoni, il sen. Nava, il comm. Gabardi e quei consiglieri comunali e provinciali di parte popolare che uscirono dal partito quando ne fu espulso l’on. Cavazzoni e che per tradizione hanno sempre rappresentato il movimento cattolico cittadino. La loro azione in mezzo alle masse cattoliche, attraverso numerose conferenze di illustrazione dell’opera del Governo Nazionale, ha portato alla completa eliminazione degli elementi ex popolari dalla direzione del giornale “L’Italia” e dagli altri organismi dell’Azione Cattolica“.
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La logica del sistema autoritario andava restringendo inesorabilmente lo spazio consentito.
Anche il fenomeno della corsa in aiuto al vincitore, attraverso l’intruppamento nel PNF, finiva per sollevare preoccupazioni e strilli da parte dei “fascistissimi” alla Farinacci.
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Nel campo culturale e giornalistico, oltre ai fenomeni di piatto adeguamento, vi furono anche tentativi tipici di certe correnti estremizzanti cattoliche tese alla volenterosa ricerca di una componente cesaro-papista. Il più noto nucleo di tal genere si adunò attorno a Domenico Giuliotti, imitatore pedissequo dopo la sua conversione, di correnti del cattolicesimo “arrabbiato” di Francia, a Giovanni Papini, tornato alla “fede” anch’egli nel 1920 (i fascisti lo chiameranno “il Maddaleno malconvertito”) e alla rivista “Il Frontespizio“, varata da Enrico Lucatello nel 1928 e poi diretta da Piero Bargellini, esponente di una specie di cattolicesimo strapaesano. Sulle colonne della rivista fiorentina ritroveremo anche nomi di diversa estrazione o, quanto mai, di differente approdo successivo: da Salvatore D’Amico a Carlo Bo, a Tito Casini ecc.
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Comunque in quel decennio i cattolici in genere navigano di conserva col regime, e l’alluvione degli osanna – soprattutto prelatizi – rimane un dato dell’epoca che cercheremo soltanto di esemplificare.
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Vi sono, però, in quello stesso periodo alcuni coraggiosi tentativi antifascisti e iniziative almeno a-fasciste mentre serpeggia, in settori delle nuove generazioni, il dubbio di fondo variamente espresso. L’andamento stesso dell’adesione cattolica – negli strati più avvertiti – ha un procedere alterno, con momenti “pieni” e fasi critiche a seconda dello sviluppo degli eventi.
Certamente gli entusiasmi salirono al cielo durante l’aggressione all’Etiopia.
La guerra di Spagna fece filtrare i dubbi che angustiavano e dividevano i cattolici francesi e spagnoli.
Gli atroci “cimiteri sotto la luna”, i massacri di Badajoz e di Guernica, il martirio dei baschi, i bombardamenti su Barcellona, i canti di Garcia Lorca, Guadalajara e la prima riscossa antifascista, distesero lunghe ombre sulla sicurezza eterna del regime e sconsigliarono la proclamazione della “crociata” che molti vescovi andavano sollecitando.
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Poi le bestiali dottrine razziste traboccarono dal Terzo Reich. Le aberrazioni di Hitler, di Rosenberg e di Streicher investirono anche la nostra civiltà fatta di successive sintesi storiche, anche se non sempre all’insegna della tolleranza.
Nel luglio del ’38 alcuni “studiosi” lanciarono il documento sulla posizione dei fascisti sulla “questione” razziale.
Tra i firmatari il clericale prof. Pende, senatore e ordinario di Patologia generale.
Quindi Evola, Interlandi, padre Gemelli: l’opportunismo ignobile, la più rozza brutalità, il sanfedismo ebbro contro il senso stesso della universalità della stirpe.
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Sembrò allora che papa Ratti – destato dalla lunga illusione dal levarsi in Roma, centro della cristianità della sanguinosa croce gammata razzista – misurasse l’abisso apertosi fin dal primo giorno in cui, arcivescovo di Milano, aveva consentito l’ingresso dei neri gagliardetti col teschio sotto le rigide volte del Duomo di Milano.
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Comunque gravi responsabilità rimarranno dinanzi alla storia.
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Gravi responsabilità ricadono sullo sconsiderato filo-fascismo prelatizio e curiale, su certe prose della “Civiltà cattolica” e dell’Osservatore romano“, sulla presunta “Realpolitik” della Segreteria di Stato, da Pietro Gasparri a Eugenio Pacelli.
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La tigre che si era supposta addomesticabile restava integra nella sua crudeltà e già il sangue della “notte dei cristalli”, dell’occupazione della Austria, dello smembramento della Cecoslovacchia prendeva a scorrere. Si appressava per tutta l’Europa la lunga notte dell’incubo hitleriano.
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E cominciamo l’antologia col cardinale Vannutelli

“…L’Uomo inviato dalla Provvidenza, come ha detto il Santo Padre, prima salvò l’Italia dalla spaventosa tragedia del bolscevismo e poi, in collaborazione col Cardinale Gasparri e con la sanzione del Pontefice e di Re Vittorio Emanuele, ha potuto giungere al ristabilimento di cordiali relazioni tra l’Italia e la Santa Sede. Io sono un grande ammiratore dell’on. Mussolini, statista dalla volontà di ferro € e dalla mente superiore, che ha ereditato lo spirito  e la grandezza romana”.
(Dichiarazione a mr. Strutt della “North American New Paper Alliance” del Cardinale decano del S. Collegio, Vannutelli, nel marzo del 1930).

Guidati dai sacerdoti

“Nelle ore di libera uscita alcuni drappelli erano amorevolmente guidati dai sacerdoti loro educatori, ai quali perciò era stata data ampia facoltà di vigilanza dei dirigenti del movimento giovanile. Provvedimento, questo, encomiabile sotto ogni aspetto” (La “Civiltà cattolica” 4 proposito dell’adunata di 25 mila avanguardisti in occasione della Lega fascista del 1930).

Monumento di sapienza giuridica

Il 1 luglio 1931 entrò in vigore il nuovo codice penale il cosiddetto “codice Rocco” che nel paese di Cesare Beccaria restaurava la pena di morte e inglobava la terroristica legge “per la difesa dello Stato” emanata il 25 novembre 1926.
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Civiltà cattolica” scriveva:
“Siamo lieti non solo di confermare le ampie e sincere lodi tributate al “Progetto” dell’on. Rocco, ma di aggiungerne delle altre e ancora maggiori, perchè il testo definitivo contiene alcune aggiunte e modificazioni di carattere dottrinale e giuridico, assai utili ed opportune, le quali rendono più perfetto il nuovo Codice, più conforme ai principi della religione ufficiale dello Stato e ai sentimenti religiosi del popolo italiano. … Frutto di lunghi studi e di mature discussioni esso è certamente uno dei migliori Codici penali moderni, vero monumento di sapienza giuridica, le cui disposizioni, eccettuati alcuni punti, sono in perfetta armonia coi principi della morale cristiana”.

Italia e Fede

Inaugurando i locali del periodico “Italia e Fede” il solito cardinale Vannutelli disse tra l’altro:
“L’attuale Regime ha incoraggiato le genuine naturali e più gagliarde forze progressive del popolo nostro il quale, specie se vive nei campi, ha nel cuore indissolubilmente legate in un unico motto la Fede e la Patria. Tempi tristi correvano per l’Italia prima che la saggezza dell’attuale governo venisse a risvegliare la volontà del popolo italiano”.

72 vescovi e 2340 preti a Palazzo Venezia (1938)

Dice rivolto a Mussolini il vescovo Nogara:
” … Rotti i vieti e nefasti pregiudizi, fin dall’inizio del vostro Governo, avete dato ai valori spirituali la dovuta importanza; con acutezza di vedute e fermezza di propositi avete stretto rapporti amichevoli con la Santa Sede e col Papato; avete dimostrato considerazione e rispetto alla religione e alla Chiesa, Voi in questo modo avete ottenuto la ammirazione di tutti i buoni, avete conquistato la devozione dei cattolici, Vi siete assicurata la loro collaborazione. Costituisce questo uno dei perni del Regime; esso conferisce nerbo alle Vostre iniziative”.
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Conclude la parata un certo don Menossi:
“Duce! I Ministri di Cristo i padri del popolo rurale a Voi devotamente rendono onore. Vi benedicono. Vi protestano fedeltà. Con spirituale entusiasmo, con voce e con cuore di popolo gridiamo: Saluto al Duce!! A noi!!”.

Corporativismo e cattolicismo

Padre Brucculeri su “Civiltà cattolica”:
” … Senza dubbio il Fascismo, puntando con risolutezza ed ardimento, fin dal suo nascere, verso l’ideale corporativo, presenta ormai un insieme di istituzioni, di leggi, di esperienze intorno ad una nuova organizzazione economico-politica, che si impone gigantesca sovra ogni altra sorta in questo fortunoso dopo-guerra… In fondo cattolicismo e fascismo, pur movendo da punti diversi, confluiscono in uno stesso giudizio di condanna del regime economico odierno”.

Diritto all’aggressione

Nel 1936, mentre era in corso l’aggressione contro l’Etiopia, il gesuita Messineo teorizzava sulla “Civiltà cattolica” a proposito dell’annessione territoriale nella tradizione cattolica scrivendo tra l’altro:
“Si può ora legittimamente concludere che uno Stato, premuto dalla necessità vitale per ristrettezza del suo territorio e per deficienza dei mezzi indispensabili alla vita individuale e collettiva, ha la facoltà di appropriarsi di una parte della terra, posseduta da altri, nella misura richiesta dalla sua necessità. Questo potere riesce ancora più evidente, se i mezzi materiali necessari per sciogliersi dalle strette del pericolo giacciono inattivi, in possesso di un popolo che non li usa, non li sfrutta e non li valorizza, sia per l’ampiezza del territorio eccedente i suoi bisogni e sia per la scarsità di braccia atte al lavoro, oppure a causa del grado troppo arretrato del suo sistema economico. L’ordine naturale non può richiedere che immense ricchezze di suolo rimangano inerti e senza adeguato sfruttamento, in possesso di un popolo che non le cura e non le usa, mentre un’altra nazione rigurgita di popolazione, che non riesce ad alimentare per l’insufficienza assoluta del patrimonio pubblico e privato… Dunque la necessità vitale può legittimare l’occupazione di una parte del territorio coloniale per sovvenire ai bisogni della vita individuale e sociale”.

Armonizzamento

“Si fa chiara la differenza fondamentale del Fascismo, che è un movimento di restaurazione e non di distruzione ed una dottrina di armonizzamento e non di opposizione al Cristianesimo, se si vuol giudicare, non dalle parole più o meno esagerate di alcuni teorici del Fascismo, ma dalle attuazioni pratiche e dalle dichiarazioni del Duce e Fondatore”.
(“Civiltà cattolica“, aprile 1938).

Schuster: lezione di  “mistica fascista”

Il 26 febbraio 1937 nella sala del Castello Sforzesco il cardinale Schuster, arcivescovo di Milano, tenne una prolusione alla Scuola di “mistica fascista” dicendo tra l’altro:
“Anche a Benito Mussolini il Dio, ancor misterioso al tempo dell’Ara Pacis Augustae, il Dio radioso del Labaro Costantiniano, il Dio crocifisso ed amante degli uomini che Rosa Mussolini, buona e semplice nella sua Fede cattolica, gli insegnò ad amare; il Dio infine, personale, onnipotente e provvido, in onore del quale Arnaldo, nel dicembre 1931, in questa stessa Scuola Superiore Fascista pronunziò quel famoso discorso che vuol essere considerato come il suo testamento religioso – lo dico, perchè dopo il discorso venne da me Arnaldo tutto soddisfatto a commentarlo; – il Dio che dai più remoti secoli ha preparato, costituito e protetto l’Impero di Roma, anche a Benito Mussolini, dico, Gesù Cristo, Figlio di Dio Salvatore, ha accordato un premio che riavvicina la sua figura storica agli spiriti magni di Augusto e di Costantino. Dopo la Marcia su Roma e dopo la Convenzione del Laterano, che ha ridato l’Italia a Dio e Dio all’Italia, Dio ha risposto dal Cielo, ricingendo per opera del Duce, ricingendo, dico, Roma ed il Re in un ripullulante lauro imperiale nella “Pax Romana”.

Abolita la lotta di classe

Padre Brucculieri sulla “Civiltà cattolica” celebrando il decennale della ”Carta del lavoro” (agosto 1931):
“Il Fascismo ha, in pochi anni, creato un ordine nuovo, che nessuno avrebbe mai potuto immaginare. La Carta del Lavoro ha spazzato via dalla nostra palestra economico-sociale i segni malefici, che portano i nomi ben noti: lotta di classe, leggi inflessibili della natura, serrata, sciopero, concorrenza sfrenata, individualismo utilitario, anarchia economica…. Il primo principio della XII dichiarazione della Carta, che è la definizione ed il riconoscimento del salario minimo, consuona all’unisono col principio dell’Enciclica “Quadragesimo anno” sul salario familiare”.

Fantasia semita

Da “Civiltà cattolica” quaderno IV, 1922:
“Solo il pervertimento di una fantasia semita era capace di capovolgere tutte le tradizioni della umanità e creare una società il cui statuto fondamentale è l’abolizione di ogni proprietà… il buon senso della stirpe ariana non avrebbe mai inventato un codice in cui al principio di un’autorità sociale sottentrasse un ufficio centrale di statistica”.

Il primato dello spirituale

Padre Agostino Gemelli sulla “Rivista internazionale di scienze sociali”:
“È la concezione fascista dello Stato, inteso come Nazione organizzata, che ha portato al corporativismo… La dottrina nuova ed il nuovo sistema poggiano, più di quanto sembri a prima vista, su una concezione del mondo a noi particolarmente cara e, a nostro modo di vedere, vera; il primato dello spirituale”.

Coincidenza

Amintore Fanfani nel testo ad uso dei licei e degli istituti magistrali su “Il significato del corporativismo“:
“È proprio perchè lo Stato si riserva di intervenire nella produzione, quando manchi o sia insufficiente l’iniziativa privata, esso si riserva di sostituire quel proprietario che per insufficienza e mal volere tiene infruttuosamente dei beni. Questi concetti, che hanno già ispirato delle leggi sulla coltivazione e la bonifica di fondi rustici, fanno risaltare il profondo carattere morale della dottrina corporativa fascista e giustamente han fatto avvicinare queste sue rivendicazioni alla dottrina che su l’uso dei beni da secoli predica la Chiesa cattolica. La coincidenza non deve servire a sminuire l’originalità ed i meriti del corporativismo fascista, ma a mostrare quanto profondo sia il senso di giustizia che anima la nuova dottrina”.

Sull’Acrocoro

“L’Italia ha oggi in Africa Orientale… il suo impero, perchè attua anche laggiù i principi mussoliniani del “vivere pericolosamente”… perché pone sull’Acrocoro, cuore dell’Africa, un segnacolo di quella civiltà che è, nella sua essenza positiva, la civiltà cristiana; perchè intende portare I’eguaglianza sociale e la carità fraterna fra popoli abituati sinora alle arbitrarie distinzioni delle razze e delle caste”
(Paolo Emilio Taviani su “Vita e pensiero“, giugno 19)6).

Razzialmente puri

“Per la potenza e il futuro della nazione gli italiani devono essere razzialmente puri, quanto numerosi e costituzionalmente sani”.
(Amintore Fanfani, “Rivista internazionale di scienze sociali“, maggio 1939).
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Il vescovo Margaria pronuncia al teatro Argentina di Roma  un vibrato discorso contro le “inique sanzioni “. L’alleanza tra la Chiesa e il fascismo di sviluppa nel migliore dei modi  in un momento in cui l’aggressività fascista raggiunge il parossismo.
È ancora di scena la battaglia del grano. Mussolini premia, alla presenza del ministro nazista dell’agricoltura, i vescovi che hanno dato il loro contributo all’iniziativa fascista.