LETTERE DELLA RESISTENZA

LETTERE DELLA RESISTENZA

Uno degli aspetti più particolari e densi di significato della Seconda guerra mondiale, fu l’organizzarsi, in ogni paese occupato dai nazisti, di gruppi di volontari armati (partigiani), di movimenti di liberazione, il cui obiettivo era quello di combattere, con tutti i mezzi, l’invasore. In Polonia, in Russia, in Jugoslavia, in Francia, in Norvegia, in Italia, ovunque insomma vi fosse da resistere all’aggressione, l’azione partigiana si sviluppò conseguendo risultati militari e, soprattutto, politici. Nei paesi dell’Occidente, la Resistenza venne diretta dai partiti antifascisti che avevano trovato, nella lotta, una salda unità e che miravano non solo a raggiungere lo scopo immediato della liberazione del paese ma a definire le ipotesi di un nuovo assetto interno, politico e sociale, una volta finita la guerra.

In Italia, in particolare, la Resistenza ebbe il duplice carattere di guerra di liberazione e di riscatto dal fascismo. Circa trecentomila furono i partigiani italiani che combatterono contro le truppe naziste e i fascisti della cosiddetta Repubblica di Salò. I caduti furono 72.500; 40.000 i mutilati e gli invalidi.

Il brano che presento illustra i significati che, secondo le diverse interpretazioni, assunse la Resistenza italiana.

“… È indubbio che il termine “resistenza” non nacque in Italia; esso è di origine francese e fu adoperato per la prima volta, pare, da Charles De Gaulle il 22 giugno 1940 in un discorso dalla radio britannica. In Italia vi fu una iniziale incertezza terminologica (si parlò di “guerra di bande”, di “patrioti” e alla fine divenne di più largo uso il termine “partigiani”); comunque fu fatto nostro il termine francese tutte le volte che si volle indicare non soltanto questo o quel gruppo determinato di resistenti, bensì tutto il complesso della lotta nazionale contro i fascisti e i tedeschi…
Studiosi, pubblicisti e politici tendono a usare il termine “resistenza” in una molteplicità di significati, nascondendo spesso nella scelta dell’uno o dell‘altro un tentativo di limitazione o di esaltazione della Resistenza in funzione delle preferenze politiche di ognuno. Schematizzando alquanto, possiamo indicare le seguenti interpretazioni più di frequente ricorrenti.

1) La Resistenza fu un fatto essenzialmente militare (anche se la maggior parte dei soldati fu costituita da “civili” e non da militari per carriera o condizione); essa sorse per cacciare dal suolo nazionale il nemico e combatté contro i “fascisti repubblicani” (quelli dell’ultima incarnazione di Mussolini dopo il 25 luglio e l’8 settembre l943) perché anch’essi facevano parte dello schieramento tedesco. Sul filo di questa interpretazione la Resistenza diventa un periodo cronologicamente assai ben delimitato dall‘ottobre 1943 alla fine dell’aprile 1945 e trova il suo punto iniziale nella reazione di alcuni reparti armati allo sbandamento generale dell’esercito dopo l’annuncio dell’armistizio.

2) La Resistenza fu il momento finale della lunga vigilia antifascista: nessuna differenza qualitativa vi fu tra l’antifascismo dei primi anni e la guerra partigiana. La Resistenza dunque ebbe inizio fin dal 28 ottobre 1922, o anche prima, e dire antifascismo equivaleva a dire Resistenza e viceversa.

3) Un legame strettissimo unisce il Risorgimento con questo “secondo Risorgimento” che è stata la Resistenza. I partigiani del 1943-45 dovettero rifare l’opera che era già stata compiuta dai nostri avi, liberando il territorio nazionale nuovamente invaso…

4) Infine, la Resistenza, pur non negandosi il momento militare in essa insito, fu essenzialmente un movimento politico, teso a instaurare sulle rovine del fascismo e del nazismo, un nuovo ordine costituzionale, sociale e politico”.
(Da: “Dal fascismo alla Resistenza” di Armando Saitta)

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