PAOLO UCCELLO E LA DOLCE PROSPETTIVA

 

Ritratto di Paolo Uccello, anonimo del XVI secolo, Louvre

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PAOLO UCCELLO E LA DOLCE PROSPETTIVA

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Paolo di Dono, fiorentino, (1397-1475) “dotato dalla natura d’ingegno sottile, non ebbe altro diletto che d’investigare alcune cose di prospettiva difficili ed impossibili… Degli animali sempre si dilettò, e per farli bene vi mise grandissimo studio… e tenne sempre per casa dipinti cani e gatti, uccelli ed ogni sorte d’animali strani che potesse avere in disegno, non potendo tenerne molti de’ vivi per essere povero”. (Giorgio Vasari)

Già grandi pittori erano vissuti prima di Paolo Uccello, e le loro pitture, imponenti e complicate, mancavano tuttavia di rilievo, erano piatte, senza profondità.

Paolo Uccello se ne accorse. Perchè quelle figure, così ben colorite, avevano l’aspetto di farfalle aderenti alla parete? Perchè quelle sproporzioni? Perchè i monti sembravano alti come le persone?

Una pittura deve dare l’illusione della cosa vera. Ci si deve, insomma, poter passeggiare dentro. Con un gioco sapiente di proporzioni geometriche l’artista deve far sì che le figure e le cose più lontane siano rimpicciolite in confronto a quelle che sono in prima fila.

I travicelli del soffitto, i colonnati paralleli di un portico devono sembrare avviarsi tutti verso un sol punto… Ed anche i colori delle figure più vicine sono sempre più forti è decisi di quelli di figure collocate più indietro; senza contare che in natura tutti i corpi hanno un volume e che la pittura deve rappresentarlo esattamente.

Fu Paolo Uccello l’uomo paziente e intelligente che si sforzò di ottenere quella sapienza; e vi riuscì. Fu lui in gran parte a risolvere i primi problemi della prospettiva, cioè a tentare la rappresentazione geometrica dello spazio e delle dimensioni dei corpi secondo la lontananza.

Una scienza arida e difficile la prospettiva!

E Paolo Uccello ci perdette proprio la testa.

Diventò solitario, strano melanconico.

Ma le sue passioncelle, i suoi svaghi li aveva anche lui.

Come gli piacevano gli uccelli, per vederli vivi e per dipingerli.

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Monumento equestre a Giovanni Acuto, Firenze, Santa Maria del Fiore

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Lo chiamavano Paolo Uccello appunto per questo (Paolo di Dono era il suo vero nome). In casa sua sentivi cantare in tutte le chiavi l’orchestra allegra dei boschi e dei campi. Era tutto un fischiare, un trillare, un martellare argentino, un gorgheggiare…

Tutti gli uccellini che poteva lasciar liberi perchè nè troppo piccoli, nè troppo grossi, li sprigionava dal pugno nella vecchia casa silenziosa, appena comprati per pochi soldi da un monello o sul mercato; e si godeva nel vederli saltellare tra i travi del soffitto, rincorrersi sull’impiantito di mattone, nascondersi sotto le cassapanche, tentare volatine brevi verso la luce.

E contemplava la grazia delle loro forme, la radiosa bellezza dei loro colori, la bizzarria dei loro costumi (l’originale disposizione delle penne e delle piume che coi loro colori, nelle varie gradazioni e sfumature, rivestono gli uccellini di un vero e proprio caratteristico costume), la varietà delle piccole creature canore.

Li avrebbe lasciati tutti fuori delle gabbie, liberi come l’aria, se avesse avuto una uccelliera da principe come la sognava.

E di notte, nei brevi sonni che lo rapivano alla sua ansia di sapere, vedeva alberi brulicanti di colombe, e di cardellini, e praterie fiorite su cui camminavano fagiani dorati e pavoni tronfi spiegavano l’immensa ruota piena d’occhi di zaffiro.

Ma non amava solo gli uccelli. Cani e gatti, ghiri e scoiattoli, lepri e volpi erano una delizia per il suo cuore amoroso e per i suoi occhi da pittore…

E tutte le bestie che non poteva comprarsi con un soldo, come i passeri e i pettirossi, se le faceva imprestare, quando riusciva: e le ritraeva con pennello paziente e innamorato, nei radi quadri che dipingeva o sulle pareti del suo studio.

Quando Donatello o il Brunelleschi entravano in quella stanza piena di volatili vivi o dipinti, trovavano sempre qualcosa di nuovo sul muro: ora una vigna piena di passeri, ora una caccia in uno sfondo di campagna arata, con cavalieri al galoppo e cani avventati e cervi fuggenti…

E ne ridevano di gusto e ci si divertivano un mondo…

Potevano ben ridere di lui: ma da quella testa matematica e paziente la pittura usciva armata di nuovi mezzi che la facevano più simile al vero, che le davano una nuova potenza di rilievo e di colore, che la arricchivano di tutte le creature e le cose curiose che brulicano nella vita oltre l’uomo…

E così egli aprì la strada a tanti artisti, rimanendosene tutta la vita oscuro.

È la sorte di coloro che preparano il cammino agli altri.

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Annunciazione, una delle più antiche opere attribuite a Paolo Uccello, Ashmolean Museum, Oxford

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PAOLO UCCELLO di Dono – 1

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IL MONUMENTO EQUESTRE DI GIOVANNI ACUTO – Paolo Uccello

BATTAGLIA DI SAN ROMANO – Paolo Uccello

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