LA PRIMAVERA – Sandro Botticelli

Botticelli-primavera.jpgLA PRIMAVERA (1485 ca)
Sandro Botticelli (1445-1510)
Galleria degli Uffizi, Firenze
Tempera su tavola cm 263 x 314

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Alessandro di Mariano Filipepi, detto Sandro Botticelli, nato forse intorno al 1445 a Firenze, entrò verso il 1464 nella bottega di Filippo Lippi e vi compì il suo apprendistato fino al 1467. Contribuirono a perfezionare il suo stile anche Antonio del Pollaiolo e Andrea del Verrocchio: dal primo apprese l`uso della linea, il gusto per il bello, la grazia che tende a divenire spirituale; dall’altro la tecnica dei motivi decorativi ed ornamentali.

“Grazie a queste due influenze, alquanto contrastanti, la pittura del Botticelli evidenzia un melanconico carattere femminile e un’indole virile che si integrano, compenetrandosi”.

Nel 1470 aprì una bottega propria in Firenze e aderì agli ideali culturali della corte medicea per la quale eseguì importanti dipinti come l’Adorazione dei Magi e La Primavera.

Nel 1481-1482 andò a Roma assieme a Cosimo Rosselli e a Domenico Ghirlandaio per affrescare le pareti della Cappella Sistina. Al suo ritorno a Firenze si infittirono le commissioni da parte dei Medici, ma sul finire del secolo, dopo la cacciata di questi ultimi dalla città e l’avvento del Savonarola, si verificò in lui una crisi mistica che si espresse in alcuni dipinti come il Compianto sul Cristo morto del Museo Poldi Pezzoli di Milano e la Natività mistica della National Gallery di Londra.

L’artista morì a Firenze nel 1510.

Nel dipinto LA PRIMAVERA, le figure distribuite davanti a un boschetto ombroso, isolate singolarmente o a gruppi, sono collegate fra loro da un andamento ad onda, che ha il suo punto di equilibrio nella figura della Venere al centro. Al di là dell’altissimo livello tecnico e formale dell’esecuzione, particolarmente evidente nelle trasparenze dei veli e nella perfezione dei contorni, La Primavera ha principalmente attratto l’attenzione degli studiosi per i suoi contenuti filosofici e letterari, che hanno permesso di metterla in relazione alle immagini evocate dal poemetto Le Stanze del Poliziano, poeta fiorentino alla corte medicea, composte per Giuliano de’ Medici e rimaste incompiute a causa della sua tragica morte avvenuta nel 1478.

Delle tante interpretazioni che sono state proposte per svelare i sottili messaggi simbolici presenti nel dipinto – vi si trovano precisi riferimenti ai testi classici di Lucrezio, Ovidio e Virgilio – la più attendibile resta quella che si ispira al principio filosofico di Marsilio Ficino.

Botticelli raffigura l’amore umano personificato da Zefiro che afferra la ninfa Cloris trasformandola in Flora (Primavera), mentre Venere, attraverso Eros (Cupido), guida ed alimenta il processo intellettuale alluso dalle tre Grazie, fino all’origine della passione, alla contemplazione rappresentata da Mercurio.
L’amore non è solo una forza che dà la vita, esso può sublimarsi e arrivare alla contemplazione, trascendendo la realtà materiale.

Il recente restauro effettuato sul dipinto ha permesso di individuare molte delle specie botaniche presenti nel prato, realizzato a imitazione degli arazzi fiamminghi detti “a millefiori”, all’epoca assai diffusi.

La tavola è ricordata dal Vasari (1550-1568) nella villa di Cosimo I a Castello. L’opera fu commissionata al Botticelli da Lorenzo il Magnifico come dono al fratello Giuliano. Morto questi, il quadro fu utilizzato come regalo di nozze per il nipote Lorenzo di Pierfrancesco, e sistemato sopra il letto della camera nuziale. Nel 1815 l’opera venne trasferita da Castello alla Galleria degli Uffizi, passò poi all’Accademia, per tornare agli Uffizi nel 1919. Gli studiosi tendono a porre il dipinto nel periodo che va dal 1475 al 1486, anche se la maggior parte concorda per una datazione attorno alla metà degli anni ’80.

Sandro Botticelli

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