CGIL – Confederazione Generale Italiana del Lavoro

ORIGINI E CARATTERISTICHE DELLA CONFEDERAZIONE

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Nel 1906 – alla vigilia di quella crisi che scoppierà in America nell’anno successivo incidendo gravemente sull’economia europea e danneggiando per molti anni l’economia italiana – si era, in Italia, nel periodo di consolidamento dello stato liberale: la produzione industriale, anzitutto, quella agricola, il commercio estero avevano continuo incremento, il bilancio si chiude in avanzo, il cambio della lira è sostenuto. Le agitazioni operaie per aumenti di salari non trovano, se contenute in modesti limiti, notevole resistenza nella parte padronale.

Ciò valorizza la funzione sindacale; e sotto la guida riformista le masse operaie cadono, spesso, nell’opportunismo, constatando come gli obbiettivi puramente sindacali siano più facili a raggiungersi degli obbiettivi politici: sorge, quindi una certa tendenza per rafforzare la struttura sindacale nel suo complesso e creare su questo terreno, una struttura unitaria, indipendentemente dal partito. Questo organismo avrebbe dovuto arrestare l’avanzata dei sindacalisti rivoluzionari che dominavano nel Segretariato per La Resistenza e già esercitavano notevole influenza in alcune Camere del Lavoro (soprattutto Milano e Parma). Questi, d’altra parte, pensavano che in un vasto ed accentrato complesso sindacale, avrebbero meglio potuto affermarsi con opera di propaganda e di proselitismo.
C’era già, in Francia, un esempio di unità sindacale: la Confederazione generale del Lavoro (C.G.T. – Conféderation General du Tratail) fondata nel 1895 al Congresso di Limoges, che gettò le basi dell’unione tra la Federazione delle Borse del Lavoro e quella dei Sindacati).
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Promotrice della Confederazione Generale del Lavoro fu la F.I.O.M.
Fu essa a convocare per il 10 ottobre 1906, a Milano, il Congresso che realizzò il coordinamento organico della struttura orizzontale e di quella verticale.
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Segretario generale della Confederazione Generale del Lavoro fu il più destro, forse, fra tutti i riformisti: Rinaldo Rigola. La sede fu a Torino.
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Dalla C.G.L. erano esclusi i sindacati bianchi cioè cattolici.
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Il Congresso di Milano del 1906 rovesciò le influenze che si esercitavano sul movimento sindacale italiano. Mentre il Segretariato per la Resistenza, come abbiamo detto, era dominato dai sindacalisti rivoluzionari, il Consiglio direttivo della C.G.L. fu tutto nelle mani dei riformisti. La C.d.L. di Parma, peraltro, fu il centro del movimento sindacalista dissidente messo in minoranza nel Congresso.
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Al Congresso costitutivo la maggioranza era per i riformisti e l’opposizione era costituita dai sindacalisti, dai repubblicani, dagli anarchici e da alcune leghe corporative apolitiche.
Il Congresso costitutivo elabora e approva lo statuto della Confederazione Generale del Lavoro, in base al quale la C.G.L. è costituita da tutte le organizzazioni aderenti alle organizzazioni nazionali di mestieri e alle locali Camere del Lavoro oltre alle organizzazioni autonome che provino l’inesistenza di federazioni nazionali di mestieri o di Camere del Lavoro nel luogo dove esse hanno sede.
In esso vien dichiarato che la C.G.L. “è costituita per disciplinare la Lotta delle classi lavoratrici contro il regime capitalistico della produzione e del lavoro (art. 1) e che essa ha la direzione generale del movimento proletario industriale e contadino al disopra di qualsiasi distinzione politica” (art. 3. a).
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La nascita della Confederazione Generale del Lavoro fu, senza dubbio, per la classe operaia italiana, un importantissimo fatto positivo, come era stata la fondazione del Partito Socialista Italiano quattordici anni prima. Ma nè l’uno nè l’altra ebbero in partenza una piattaforma ideologica marxista. Il Partito Socialista era sorto sotto l’influenza della democrazia radicale accostatasi al socialismo (influenza che sarà buon terreno per il seme riformista); ed ora la C.G.L. sorgeva su netta base riformista.
Nel programma, infatti, del 1892, mentre si riconosceva dal Partito che la emancipazione dei lavoratori “non può raggiungersi che mediante l’azione del proletariato organizzato in partito di classe, indipendente da tutti gli altri partiti” si affermava quest’azione: a) come “lotta di mestiere per i miglioramenti immediati della vita operaia”, precisandosi che questa lotta era “devoluta alle Camere del Lavoro ed alle altre associazioni di arti e mestieri”; b) come “lotta più ampia intesa a conquistare i poteri pubblici (stato, comuni, amministrazioni pubbliche) per trasformarli da strumenti, quali oggi sono, di oppressione e di sfruttamento, in uno strumento per l’espropriazione economica e politica della classe dominante”.
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L’errore ideologico (seme del futuro riformismo) è evidente: non certo per l’affermata necessità di conquistare i pubblici poteri (posizione nettamente e giustamente opposta all’astensionismo degli anarchici e dei corporativisti presenti al Congresso) ma per l’affermata possibilità di trasformazione di questi strumenti di dominio borghese in organi “per l’espropriazione politica ed economica della classe dominante”. E l’errore (*) veniva ribadito nell’anno successivo dal Congresso di Reggio Emilia, anche se esso respinse i compromessi dell’affinismo” (cioè la tattica elettorale concordata con partiti affini) e costituì, fino al 1921, la “magna charta” della frazione “rivoluzionaria” (nella sua ultima fase, dal 1918, “massimalista”).
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Ora che, nel 1906, il revisionismo bernsteiniano aveva già da un pezzo guadagnato al riformismo i protagonisti del Congresso di Genova del 1892, ora che la frazione riformista dirigeva il Partito, e che la maggior parte dei sindacati era nelle mani dei riformisti, era ben naturale che – in una fase di compromesso fra borghesia liberale ed aristocrazia operaia – la Confederazione sorgesse su chiara base riformista, come dimostrano la scialba concezione della lotta di classe (art. 1), il dichiarato apoliticismo (art. 3) e, in complesso, tutto il tono dello Statuto.
I riformisti evidentemente temevano che il partito socialista potesse prendere un indirizzo rivoluzionario e volevano mettersi al sicuro.
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Pochi giorni dopo la costituzione della C.G.L. aveva luogo a Roma il IX Congresso del P.S., che approvando coi voti riformisti l’o.d.g. del “rivoluzionario” Ferri – consacrava l’equivoco integralista…
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(*) “La classe operaia non può impossessarsi puramente e semplicemente di una macchina statale già pronta e metterla in moto per i suoi propri fini”, – scrivono Marx ed Engels nella prefazione alManifesto del Partito comunista. La rivoluzione proletaria non deve “…trasferire da una mano ad un’altra la macchina militare e burocratica, come è avvenuto fino ad ora, ma deve demolirla… – tale è la condizione previa di una rivoluzione veramente popolare sul continente”, – dice Marx nella sua lettera a Kugelmann nel 1871″ (Classici del marxismo).
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