LA PIOGGIA NEL PINETO – Gabriele D’Annunzio

GABRIELE  D’ANNUNZIO

ALCYONE
La pioggia nel pineto

La “Pioggia nel pineto” è, con la “Sera fiesolana” la lirica. più bella e carica di suggestione dell’intero libro di “Alcyone” e costituisce la testimonianza che D’Annunzio riuscì a cogliere, nel fiume limaccioso e greve del suo decadentismo, una purissima vena di poesia.  La pioggia nel pineto è una di quelle grandi poesie dannunziane in cui l’elemento musica le predomina su tutti gli altri. Le parole, più che al significato verbale, tendono dunque alla pura grazia della trama fonica, atta a suggerire la dolcezza d’immaginare una pioggia che bagna il viso, le mani, le vesti di donna bella e amata, nel fresco di una pineta, al tempo dell’estate. Perché l’estate, la grande estate, è la premessa di questa pioggia e ne crea il desiderio. L’ispirazione, desiderio di freschezza, nasce in una specie di sete e di arsura che il poeta e la donna a cui egli si accompagna soffrono.
Ed ecco il sogno poetico della frescura sotto la pioggia nel pineto che fu già rifugio d’ombra. E col fresco si può godere il suono dell’acqua che cade, immaginare di distinguere i suoi vari timbri a seconda dell’albero che percuote; si possono godere tutte le care sensazioni della vita silvestre.

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane. (1)

(1) il poeta “sente le parole, ma è più intento ad ascoltare i suoni del bosco, sotto la. pioggia: suoni che alla sua sensibilità d’artista appaiono carichi di significati e di suggestioni.

Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse. (2)

(2) la parola piove si ripeterà molte volte, a collegare le immagini evocate dall’atmosfera quasi irreale del bosco, grondante di “gocciole”.

Piove su le tamerici (3)

(3) pianta arborea, sottile, alta. qualche metro, dalle foglie minute. Assai comune lungo le spiagge: da qui l’aggettivo “salmastre”, perché nate presso il mare.

salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti, (4)

(4) dalla scorza fatta a scaglie e dalle foglie a forma di ago.

piove su i mirti
divini, (5)

(5) il mirto era una pianta consacrata a Venere.

su le ginestre fulgenti (6)

(6) risplendenti

di fiori accolti, (7)

(7) fiori raggruppati

su i ginepri folti
di coccole aulenti, (8)

(8) sulle piante. di ginepro ricche di bacche (coccole) odorose (au1enti).

piove su i nostri volti
silvani, (9)

(9) nel bosco, sotto là pioggia, i volti del poeta e della sua donna sembrano confondersi con le piante, con gli alberi  e far tutt’uno con la “selva” (da qui “silvani”).

piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella, (10)

(10) sembra che la pioggia agisca non solo sul bosco, sulle piante, sui volti, ma sugli stessi pensieri che l’anima del poeta. libera, eccitata dai suoni di vita del bosco, sotto la. pioggia.

su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione. (11)

(11) è la vita con le sue mutevoli illusioni. Ermione è la donna che accompagna il poeta: è il nome della figlia di Elena e di Menelao, personaggi della mitologia greca.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell’aria secondo le fronde
più rade, men rade. (12)

(12) la pioggia cade sulla vegetazione del bosco solitario e il rumore delle gocce (crepitio) varia d’intensità, più sensibile dove più folto è il fogliame.

Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe (13)

(13) la pioggia portata dal vento del Sud (austro).

non impaura,
né il ciel cinerino. (14)

(14) cielo color grigio cenere

E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita. (15)

(15) il pino e le altre piante, coi loro diversi suoni sembrano strumenti musicali che vibrano al tocco di innumerevoli dita.

E immensi
noi siam nello spirito
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre, (16)

(16) siamo tutt’uno con lo spirito del bosco, come se vivessimo la vita stessa degli alberi e il tuo volto inebriato (ebbro) è come una foglia. e i tuoi capelli adorano (auliscono) come le chiare ginestre (chiare perché color giallo)

o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

Ascolta, Ascolta. L’accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce; (17)

(17) il canto (l’accordo) delle cicale sugli alberi (aeree) si fa più basso perché soverchiato dal rumore della pioggia che si infittisce (pianto che cresce).

ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall’umida ombra remota.

Più sordo e più fioco
s’allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.

Non s’ode su tutta la fronda
crosciare
l’argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.

Ascolta.
La figlia dell’aria
è muta: ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove! (18)

(18) su tutto il fogliame ora si ode lo scrosciare della pioggia argentea che pulisce (che monda). La cicala (la figlia dell’aria) non canta più, ma la rana figlia del limo, (il limo è il fango, ma in questo caso si deve intendere il pantano, lo stagno), canta in qualche posto dove l’ombra del bosco è più fonda.

E piove su le tue ciglia,
Ermione.

Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca. (19)

(19) al poeta pare che la sua donna, il cui volto è rigato dalla pioggia, pianga di piacere. Ella gli appare non più bianca nelle carni, ma quasi verdeggiante (virente) come le foglie tutt’intorno, come se fosse uscita, al pari di una divinità del bosco, dalla scorza d’un albero.

E tutta la vita è in noi fresca
aulente, (20)

(20) odorosa

il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe, (21)

(21) gli occhi, tra le palpebre, appaiono come due sorgenti d’acqua tra le erbe.

i denti negli alveoli (22)

(22) i piccoli incavi che ospitano i denti.

 

son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta, (23)

(23) da una macchia all’altra

or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i melleoli
c’intrica i ginocchi) (24)

(24) gli arbusti verdi e forti ostacolano il cammino, allacciando i malleoli (le caviglie) e imbrigliando i ginocchi.

chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.

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