LE COMICHE

LE COMICHE

La capacità di far ridere si è dimostrata una componente essenziale del cinema fin dagli inizi, quando dopo le storie drammatiche o avventurose si cominciarono a proiettare le “comiche finali”, in cui i primi comici strappavano risate agli spettatori rincorrendosi, picchiandosi, imbrattandosi la faccia di vernice, incespicando e ruzzolando.

Max Linder

Tra i primi attori comici ad affermarsi ci fu Max Linder (1883-1925), nome d’arte del francese Gabriel Leuvielle. Scoperto nel 1905 dal produttore Pathé, il quale gli diede la possibilità di scrivere, dirigere e interpretare brevi pellicole girate in una sola giornata, Linder si distinse subito, creando un personaggio del tutto nuovo: con il suo cilindro di seta e la sua recitazione controllata, Max (come si chiamava anche il protagonista dei suoi film) presentava in modo umoristico il tipo del parigino elegante coinvolto in ogni sorta di avventura. Egli fu anche l’unico comico europeo dell’epoca a lavorare a Hollywood, dove girò i suoi due film migliori: Sette anni di guai (1925), passato alla storia per la gag nella quale Max si fa la barba credendo di guardarsi allo specchio mentre un cameriere, dall’altra parte, mima gli stessi gesti per dargli la sensazione dell’immagine riflessa, e Vent’anni prima (1922), divertente presa in giro dei film avventurosi interpretati da Douglas Fairbanks.

Harold Lloyd

Contemporaneamente, anche in America si diffondeva il genere comico, grazie a Mack Sennet (1880-1960), che da attore si trasformò ben presto in regista e quindi in produttore. Egli creò una vera e propria scuola di comici, la Keystone Comedy, dove mossero i primi passi attori destinati alla celebrità come Roscoe Arbuckle, detto “Fatty” (cioè “grasso”), Harold Lloyd, Stan Laurel e Oliver Hardy, da noi meglio noti come “Stanlio e Ollio”, e Charlie Chaplin. I film di Mack Sennett erano brevissimi, ma pieni di trovate che si susseguivano con un ritmo velocissimo: c’era sempre qualche cameriere che versava la zuppa in testa a distinti signori o calpestava l’abito da sera alle dame causando violenti reazioni da parte dei malcapitati; c’era il timido innamorato che commetteva mille goffaggini in presenza dell’amata, o ancora i gentiluomini riuniti a un banchetto che finivano per litigare furiosamente, gettandosi in faccia delle torte farcite di crema.

CHARLIE CHAPLIN

Diverso era invece l’umorismo di quello che è stato acclamato come il più grande comico di tutti i tempi: Charlie Spencer Chaplin (1889-1977). Nel mondo del varietà teatrale, dove era entrato a soli otto anni, il grande attore-mimo inglese imparò le regole del mestiere, sperimentando quella che sarebbe stata poi la sua inimitabile arte. Nel 19 13 Chaplin si trasferì negli Stati Uniti e fu scoperto da Mack Sennett; Charlot, il personaggio con il quale il comico divenne celebre in tutto il mondo, apparve l’anno dopo come protagonista di una serie di brevi comiche in cui si potevano già vedere le caratteristiche di questa simpatica macchietta: una giacca striminzita, un paio di pantaloni troppo larghi, scarpe lunghe, un bastoncino di bambù sempre dondolante, una bombetta lisa sopra una faccia furba e tenera insieme, un paio di ironici baffetti.
A partire dal 1914 con la comica Charlot garzone di caffè, Chaplin perfezionò il suo stile arricchendolo di note polemiche contro la società di allora, prepotente nei confronti dei più deboli. Tra 1923 e il 1952 Charlie Chaplin diresse per la United Artists i suoi capolavori: La febbre dell’oro (1925), che racconta le vicende di un buffo cercatore d’oro; Tempi moderni (1936), in cui rimase fedele al “muto”, accettando il sonoro (introdotto dal 1927) solo per i rumori e le musiche ma non per i dialoghi, e nel quale denunciò la disumanizzazione della società industriale; Il grande dittatore (1940), travolgente satira del nazismo e di Hitler..

STANLIO E OLLIO

Dalla stessa compagnia inglese in cui lavorava Chaplin veniva anche Stan Laurel (1890-1965), interprete di una fortunatissima serie di comiche al fianco di Oliver Hardy (1892-1957). I due attori girarono insieme più di cento film, ricchi di una comicità irresistibile, che sapeva combinare le più classiche trovate con il contrasto tra il magro e sempliciotto Stanlio e il grasso, ingenuo Ollio, vittima delle sciocchezze del compare.

BUSTER KEATON

L’unico grande comico dei primi anni Venti che non proveniva dalla squadra di Mack Sennett era Joseph Francis (detto “Buster”) Keaton (1896-1966), che esordì in teatro per poi iniziare una brillante carriera nel cinema insieme a Fatty Arbuckle (1881-1933). Già nel film La sciocca (1920) il suo personaggio era quello dell’ometto impassibile che non tradisce emozioni nemmeno di fronte alle peggiori avversità Keaton si affermò con una comicità che sfiora sempre l’assurdo. Tra i suoi film: Come vinsi la guerra (1926), La legge dell’ospitalità (1923), Il navigatore (1924) e Le sette probabilità (1925). Purtroppo le gag dell’uomo “che non ride mai”, come venne definito Keaton, non riuscirono a superare la soglia del sonoro. Dopo la fine del cinema muto, il grande comico fece solo poche brevi apparizioni, tra cui ricordiamo quelle in Viale del tramonto (1950), di Billy Wilder, e in Luci della ribalta (1952) di Charlie Chaplin.

L’arroseur arrosé

Fra i brevissimi film proiettati dai Lumière alla prima mondiale del cinematografo ce n’era anche uno intitolato L’arroseur arrosé (L’innafiatore innaffiato), con protagonista un giardiniere che, manovrando una pompa, si innaffiava da sé senza sapere come salvarsi dal getto d’acqua. La scenetta suscitò l’ilarità del pubblico e costituì il primo esempio di gag, quel tipo di trovata comica affidata alle parole o, allora che il cinema era muto,
ai soli gesti.

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