ANTONIO AMATORE SCIESA – Patriota italiano


Amatore Sciesa condotto alla fucilazione (illustrazione di Edoardo Matania)

ANTONIO AMATORE SCIESA

Amatore Sciesa, comunemente conosciuto col nome di Antonio, nacque a Milano nel 1814.
Umile popolano, di condizione tappezziere, professò sentimenti patriottici e liberali e cospirò contro il governo austriaco. In relazione con comitati segreti e particolarmente col “Comitato dell’Olona”, accettò, insieme ad altri popolani animosi, l’incarico di affiggere e diffondere manifesti incendiari, anche dopo il proclama del generale Radetzky del 21 febbraio 1851 che comminava la pena di morte contro chiunque risultasse convinto di diffusione e comunicazione di simili scritti.

Ma nella notte tra il 30 e il 31 luglio di quello stesso anno suscitò sospetti in una pattuglia di ronda. Fermato e perquisito gli furono trovate indosso sedici copie di un manifesto del “Comitato dell’Olona”, che era stato scritto da G. B. Carta, patriota e cospiratore modenese, stabilito a Milano, e stampato dal tipografo Amodeo, senza naturalmente che apparisse il nome dell’autore e quello dello stampatore.
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L’esecuzione di Amatore Antonio Sciesa
G. Previati – Museo del Risorgimento – Milano
Condotto al circondario di polizia e sottoposto ad interrogatori, dichiarò di nulla sapere, solo affermando che quei manifesti, da lui creduti un giornaletto piegato, gli erano stati dati da persona che conosceva solo di vista perchè lo leggesse. Insistendo il commissario per sapere di più e per conoscere i nomi dei complici, rispose fieramente:
Mi parli no, mi soo nagott“… e nulla si lasciò più sfuggire di bocca.
Istituito in fretta un processo sommario, la mattina del 2 agosto, nel cortile del Castello, formato il quadrato di esecuzione, venne giudicato colpevole di diffusione di scritti rivoluzionari dal Giudizio Statario è condannato alla pena di morte con la forca. Due ore dopo venne invece fucilato, non già per mancanza di giustiziere, come fu scritto nella sentenza, ma per l’imperfezione della macchina e per la mancanza del necessario ad una impiccagione regolare.
Fino ai momenti estremi l’eroico popolano diede prova di grande fermezza e coraggio e col suo silenzio salvò la vita ad altri patrioti e cospiratori.
Dopo la fucilazione si disse che mentre lo si conduceva al luogo del supplizio ad un gendarme che gli offriva la vita rispondesse laconicamente: tiremm innanz.
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La sentenza stataria di morte contro Amatore Sciesa

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