RIVOLUZIONE FRANCESE – ASSEMBLEA LEGISLATIVA

La Salle du Manège a Parigi, Francia, durante la Rivoluzione francese

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ASSEMBLEA LEGISLATIVA

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In questo clima, gravido di tensioni sociali e di dissidi politici, l’Assemblea Costituente votò la definitiva approvazione della Costituzione (12 settembre 1791). Di conseguenza la Costituente si sciolse e vennero indette le elezioni per l’Assemblea Legislativa. Ad esse non parteciparono l’aristocrazia e l’alto clero, che non avevano approvato la Costituzione.
Della nuova assemblea, che tenne la sua prima seduta il 1° ottobre, fecero così parte i soli esponenti del Terzo Stato, ma non per questo essa espresse un quadro politico omogeneo. Si delinearono infatti tre raggruppamenti politici: a destra sì formò il gruppo dei monarchici- costituzionali, nel quale confluirono i rappresentanti della ricca borghesia e della nobiltà liberale (La Fayette, triumvirato); al centro si formò un gruppo numeroso di deputati “indipendenti”, assolutamente fedeli ai principi rivoluzionari; a sinistra si collocò un gruppo di deputati repubblicani, diviso nei due schieramenti dei giacobini (Robespierre, Saint Just, Marat) e dei girondini (Brissot, Condorcet). Tra questi gruppi politici i motivi di divisione e contrasto non mancavano, anche perché la crisi economica e le agitazioni popolari in atto nel Paese contribuivano a rendere più acuta la lotta politica. Proprio per placare l’insoddisfazione degli strati popolari e dei contadini, l’Assemblea Legislativa votò una serie di decreti contro coloro che nel Paese svolgevano una attività controrivoluzionaria.
Per arrestare le fughe all’estero delle rendite degli “émigrés”, il 9 novembre venne emesso un decreto sulla base del quale i beni degli “émigrés”, che non fossero rimpatriati entro il 1° gennaio 1792, sarebbero stati confiscati. Vennero inoltre prese misure contro i preti refrattari che fomentavano manifestazioni controrivoluzionarie nella Vandea e nell’Alvernia. Entrambi i decreti vennero respinti dal re, influenzato dai triumviri, e la tensione tra il governo e l’Assemblea si acuì.
La soluzione della crisi portò alla formazione di un nuovo ministero, composto da esponenti girondini e lafayettisti. Il conte Louis de Narbonne, che con Brissot divenne la personalità di maggior rilievo di quel governo, assunse la carica di ministro della Guerra. Egli era favorevole ad essa in quanto riteneva che avrebbe inevitabilmente agevolato l’avvento di una dittatura militare e, in seguito, la restaurazione della piena autorità di Luigi XVI. La sua, non era la sola voce in favore del conflitto: sia pur per motivi opposti, anche Brissot e i suoi seguaci erano su posizioni analoghe, poiché pensavano che la guerra avrebbe avuto l’effetto di consolidare le istituzioni della Rivoluzione e di smascherare, nel contempo, i suoi veri nemici.
Il solo Robespierre era decisamente contrario alla guerra, poiché riteneva che per consolidare la Rivoluzione non vi era che un modo: aprire al popolo tutte le istituzioni e favorire cosi la sua diretta partecipazione al potere. Ma Robespierre non godeva di un largo seguito nell’Assemblea Legislativa. Cosi, quando il 20 aprile 1792 il re propose la dichiarazione di guerra all’Austria, soltanto venti deputati giacobini votarono contro di essa.

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Ritratto di Louis de Saint-Just (1793)
Olio su tela di Pierre-Paul Prud’hon
Museo delle Belle Arti di Lione

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