VENERE DORMIENTE – GIORGIONE o TIZIANO

VENERE DORMIENTE (1506-1508)
GIORGIONE o TIZIANO
Gemäldegalerie, Dresda
Tela cm 108 x 175

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Il dipinto è senza dubbio da ascrivere a Giorgione, seppure non totalmente: con tutta probabilità infatti competono a Tiziano il manto disteso in primo piano, parte del paesaggio sulla destra e il Cupido ai piedi della Venere, venuto alla luce dopo il restauro del 1843. L’intento di Giorgione dovette essere la creazione di un nudo di carattere contemplativo, qualcosa che si identificasse con la natura in cui la figura è immersa.
Tiziano, di temperamento più drammatico, inserendo Cupido e il drappeggio antistante, attenuò l’assoluta immediatezza tra la Venere e l’ambiente circostante. Il supremo accordo di umanità e natura che rappresenta una costante nella pittura di Giorgione, è dato dall’alternanza dei toni chiari e scuri, cioè della pittura di luce ed ombra che l’artista sviluppa senza l’uso del disegno, attraverso velature sfumate dove è l’ombra che impasta il colore. La maestosità della Venere assume il predominio formale dello spazio, ma diversamente da quanto accadrà nella pittura di Tiziano, essa non avrà carattere scenografico, ma sarà frutto di una solennità interiore. Studi recenti hanno riconosciuto a Giorgione 1’invenzione di una sessualità delle immagini, come scoperta carnale della donna immersa in modo totale nella natura:
“L’apprezzamento estetico della bellezza femminile può e probabilmente deve portare alla fruizione fisica di essa”.
La Venere dormiente appartiene alle dolci fantasie nelle quali il pittore ufficiale dei Dogi ricreò la bellezza delle forme dell’arte greca. A questo periodo risalgono anche l’Apollo e Dafne, ed il Concerto campestre. Questi sono i capolavori dove meglio si riconosce l’impronta della pittura giorgionesca che “cattura la luce”.

La tela fu probabilmente commissionata a Giorgione per il matrimonio di Gerolamo Marcello e Morosina Pisani avvenuto nell’ottobre 1507. Sarebbe stata dipinta tra il 1506 e il 1508, allorché furono decise le nozze. Questa data sarebbe confermata dalle analisi stilistiche che rendono difficile immaginare quest’opera come posteriore ai nudi complessi del Fondaco dei Tedeschi, ultimati nel dicembre 1508. Nel 1699 la tela entrò a far parte della collezione dell’Elettore di Sassonia che l’avrebbe acquistata dal mercante d’arte Le Roy, come opera di Giorgione.

 

L’attribuzione nel corso dei secoli

Mentre il primo catalogo della Galleria di Dresda (1707) contiene un riferimento diretto a Giorgione, nei cataloghi successivi (1722, 1728, 1751) l’opera è ritenuta di Tiziano. Il restauro del 1843 riportò alla luce il Cupido ai piedi della Venere. La scoperta confermerebbe il documento del collezionista e studioso d’arte italiano Michiel (1525) che parlava di una “tela della Venere nuda che dorme […] cum Cupidine […] de mano de Zorzo da Castelfranco” che egli aveva visto in casa Marcello a Venezia. Giovanni Morelli (1886) riprese il nome di Giorgione con un buon seguito. La critica moderna è andata schierandosi sempre più concordemente a favore dell’°autografia giorgionesca, pur ammettendo un intervento finale di Tiziano.

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