CRISTO PORTACROCE – GIORGIONE

CRISTO PORTACROCE (1500 circa)
GIORGIONE (1477 circa-1510)
Olio su tavola cm 52,9 x 42,3
Isabella Stewart Gardner Museum, Boston

La tavola presenta un primo piano di Cristo, intento a portare la croce, strumento del suo martirio. Il suo bellissimo volto, solcato da una pungente lacrima, è triste, e gli occhi fissano malinconicamente lo spettatore. Sul capo porta ancora la corona di spine impostagli dai soldati per schernirlo. Non c’è rabbia nella sua espressione, dolore, quello sì, un dolore che scaturisce dalla consapevolezza di essere stato abbandonato. La decorazione della veste in giallo oro, con una fascia decorata con una scritta in lettere arabiche, ricorda quella di uno dei personaggi de I tre Filosofi (Vienna, Kunsthistorisches Museum). La tipologia stilistica dell’opera è molto vicina a delle tavole dello stesso soggetto di Giovanni Bellini (una all’Accademia dei Concordi a Rovigo e un’altra al Museum of Fine Arts di Toledo negli Stati Uniti) eseguite su suggerimento di un disegno lasciato da Leonardo durante il soggiorno nel 1501 a Venezia, e certamente viste dal giovane Giorgione all’interno della bottega del maestro. È anche possibile che la commissione del quadro sia stata fatta all’interno della bottega, notoriamente la più famosa dell’area veneta. Nel dipinto di Giorgione si avvertono mutamenti stilistici rispetto al Bellini, sicuramente apportati grazie all’influenza del naturalismo della pittura fiamminga, nota a Venezia in virtù degli scambi commerciali della città lagunare con le Fiandre.

La critica specializzata non è unanimemente concorde ad assegnare questa tavola a Giorgione. La prima attribuzione al maestro veneto risale al Cavalcaselle (1871), quindi negli anni si è assistito ad una girandola di nuovi nomi: Venturi (1913) parla di un “Anonimo mediocre seguace del Bellini“; Hendy (1930) pensa sia un’opera giovanile di Palma il Giovane; Heinemann (1962) è certo di trovarsi davanti ad un quadro di Tiziano; Zampetti (1975) ritiene che la tavola sia opera di Giovanni Bellini. A parte ogni controversia attributiva, appare certo che l’esecuzione dell’opera cada nei primissimi anni del ‘500. Se si tratta di un lavoro di Giorgione certamente non si dovrebbe andare più in là dell’esecuzione della Pala di Castelfranco, quindi prima del 1504.

La tavola prima di emigrare in America faceva parte della collezione del conte A. Zileri dal Venne di Vicenza. Nel 1 898 Bernard Berenson, noto critico d’arte, l’acquistò come opera di Giorgione per la ricchissima Isabella Stewart Gardner, che grazie ai consigli dello studioso aveva costituito una delle più interessanti collezioni d’arte degli Stati Uniti, oggi aperta al pubblico. Il Morelli (1884) aveva messo la tavola in relazione con uno dei quadri in casa di Taddeo Contarini, citati dal Michiel nel 1525 come opera del Bellin.

 

Committenti Giorgioneschi

Le notizie relative alle opere del Giorgione circolanti a Venezia ci sono fornite dal manoscritto conservato alla Biblioteca Marciana della città lagunare, redatto da Marcantonio Michiel, un nobile veneziano morto nel 1552, vicino agli intellettuali e agli artisti del suo tempo.
Grazie alle sue informazioni sappiamo che Taddeo Contarini possedeva del Giorgione I tre Filosofi (Vienna, Kunsthistorisches Museum), che Girolamo Marcello aveva in casa La Venere dormiente (Dresda, Gemäldegalerie) e che Gabriele Vendramin, il quale possedeva la collezione più prestigiosa della città, aveva La Vecchia e La Tempesta (ambedue conservate presso le Gallerie dell’Accademia di Venezia).

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1 – GIORGIONE – Vita e opere

2 – GIORGIONE – Vita e opere

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