ROMANZE SENZA PAROLE – Paul Verlaine

ROMANZE SENZA PAROLE

Romances sans paroles rappresenta una fase delicata e poeticamente feconda per Verlaine, il momento in cui la sua esistenza è calamitata da quella meteorica di Rimbaud.
Dell’avventura a due, vissuta tra il Belgio e l’Inghilterra (due paesaggi diversi, ma unificati dal sentimento che li evoca: l’uno di “briques et tuiles”, nella interminabile “ennui de la plaine” – popolata di apparizioni, mitiche – l’altro di cottages gialli e neri in cui suoni, colori e presenze umane formano una unica “rivière dans la fue” che “roule sans un murmure”) questa poesia porta i segni profondi e inequivocabili: vi si rispecchia la singolarità del ménage tra i due poeti, drammaticamente – e pateticamente – conclusosi nella sparatoria di Bruxelles. Le venticinque liriche furono scritte in massima parte tra la primavera del 1872 e quella del 1873: sono posteriori perciò al distacco di Verlaine da Mathilde e seguono con fedeltà le tappe più importanti della fuga dei due poeti.

Un confronto con la contemporanea poesia di Rimbaud non potrebbe che enucleare nuovi significati dalle Romances, che vanno anche considerate come il momento determinante di una poetica che, con i Poèmes saturniens e le Fêtes galantes, ha posto le sue mature premesse. Verlaine non ha più bisogno di riattivare la spenta energia ideologica dei suoi Arlecchini e delle sue Colombine, per fermare – nei loro smorti gesti articolabili attraverso antiche carcasse letterarie – le sue melanconiche revéries, il suo spleen, artificiosamente interrotti, nel loro flusso costante, dal rosario delle buone intenzioni di fidanzatino esemplare. Messa a nudo con violenza dal passaggio di un “feu solaire, illuminant, corrosif”, il poeta può più liberamente accettarsi, e, con la propria natura, accettare anche, senza camuffamenti, la totalità delle significazioni affidate alla poesia:

È la pena più grande
non conoscerne il motivo
i senza amore e senza odio
il mio cuore ha tanta pena.

Verlaine applica sempre più decisamente la metamorfosi musicale delle emozioni, fino ad esprimere per questa via l’essenza ineffabile dell’anima e il mistero dei suoi legami con il mondo. La sua musica esula da uno spirito che è posseduto e non possiede, ma ha dalla sua la grazia di comunicare il suo inconoscibile come tale. La convinta naïveté della sua poesia non esclude che in essa sia stata portata a compimento l’opera magica di evocazione e l’opera di ricostruzione dell’unità tra l’anima e il mondo, mediante quell’unico esorcismo musicale che dissolve e ricompone l’interiore e l’esterno; opera che la grande premessa romantica aveva affidato alla poesia. È una deduzione rivoluzionaria tratta nell’umiliazione, come gli altri due maestri [Rimbaud e Mallarmé] l’avevano tratta nell’orgoglio consapevole. I decadenti videro nell’arte di Verlaine il lato dissolutivo, i simbolisti intuirono l’altro della ricostruzione e lo annetterono senz’altro, come maestro, al loro movimento.

Se è vero che nella vita Verlaine coltivò l’illusione della totalità nell’amore e nella fede religiosa, tutt’altra cosa è Romanze senza parole, dove l’immedesimazione nella natura e la ricerca di un’armonia tra soggettività e alterità non porta mai a negare la crisi, la pena, la finitudine. Dunque un’immedesimazione cercata non per identificarsi, ma per perdersi. Così in queste raccolte di poesie si può scorgere l’animazione della natura, che si esprime con tanti lievi segni, e che ripropone questa alternanza di appropriazione ed esclusione, di appartenenza ed estraneità.