RITRATTO DI FANCIULLA (Marie Moll) – Gustav Klimt

RITRATTO DI FANCIULLA – Marie Moll (1902-03)
Gustav Klimt (1862-1918)
Historisches Museum der Stadt Wien, Vienna
Pastelli vari su carta – cm 45, 2 x 31,4

Ho scelto questo ritratto tra tanti perché colpito dalla dolcezza e dalla tenerezza che si prova osservandolo. Quasi si stenta a riconoscere la mano di Gustav Klimt, l’autore, abituati come siamo alle sue figure femminili sensuali, ritratte negli atteggiamenti più inusuali. Klimt fu sempre sensibile alla figura femminile e la sequenza di ritratti, importantissimi nel complesso della sua opera, ce lo testimonia.
Questo pittore austriaco, nato nel 1862 e morto nel 1918, continuando la tradizione familiare frequentò la Scuola di Arti e Mestieri di Vienna ove l’insegnamento di diverse tecniche contribuì a sviluppare in lui la consapevolezza dell’importanza dell’integrazione delle arti, che sarà la base delle sue successive esperienze.
Il desiderio di rinnovamento, l’ansia di applicare forme nuove, il simbolismo sempre più presente emergono con un costante crescendo nella sua pittura.
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Osserviamo ora il ritratto di bambina, realizzato con pochissimi colori sfruttando il fondo della carta: varie gradazioni di pastello bianco, un delicatissimo rosa per le labbra e una leggera e uniforme linea di carboncino per i contorni.
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Ma per comprendere meglio questo artista leggiamo quanto scriveva un altro giovane pittore, Egon Schiele: “Vidi Klimt tarchiato, i lineamenti aspri nel volto abbronzato, quando lo andai a trovare la prima volta nel 1907. Fu nella Josefstädterstrasse 21, nel giardino – uno di quei vecchi giardini nascosti che proprio nella Josefstad abbondano ancora – che si stendeva davanti a un villino basso con tante finestre all’ombra di alberi molto alti. Un sentiero tra fiori e rampicanti conduceva alla casa e da una porta vetrata si entrava in un vestibolo nel quale si accatastavano tele incorniciate e altro materiale per la pittura; di lì si accedeva a tre studi comunicanti, il cui pavimento era disseminato di centinaia di bozzetti.
Klimt indossava sempre un ampio camicione blu che gli arrivava fino ai piedi e così si presentava anche ai visitatori e alle modelle.
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Nel 1911 il quartiere fu demolito e Klimt, costretto a lasciare la sua casetta nel verde dove aveva vissuto tanti anni di gioia e di dolore, si trasferì nella casa a un solo piano nella Feldmühlgasse, a Hietzing. Fece sistemare due grandi vetrate nella parte nord della casa scegliendo e arredando oculatamente gli ambienti riservati al lavoro. Ogni giorno, fatta colazione al Tivoli, Klimt vi si ritirava per dipingere e disegnare ininterrottamente dalle dieci del mattino alle otto di sera. La domenica mattina lo si incontrava a passeggio dalle parti di Mödling e di Baden. Tutti gli anni faceva risistemare le aiuole attorno alla casa, che era tanto piacevole da raggiungere tra i fiori a profusione e gli alberi vetusti. Due belle teste che Klimt aveva scolpito personalmente fiancheggiavano la porta d’ingresso, che si apriva su un’anticamera dalla quale attraverso una porta sulla sinistra si accedeva al salotto, arredato con un tavolo quadrato al centro e un gran numero di xilografie giapponesi appese fitte fitte alle pareti insieme a due pitture cinesi più grandi.
Sculture di arte negra giacevano sul pavimento e l’angolo vicino alla finestra era occupato da un’armatura giapponese rosso-nera. Da questo ambiente si raggiungevano altre due stanze con una bella vista su un roseto. Dalla parte destra dell’anticamera si entrava in una stanza dominata da due scheletri, e di lì in un’altra, la cui parete di fondo era interamente riempita da un grande armadio a muro che custodiva una collezione di splendidi abiti cinesi e giapponesi. Questa stanza precedeva lo studio vero e proprio, dove Klimt mi mostrò le opere alle quali stava lavorando… La bontà d’animo di Klimt era autentica; non era un eremita, anzi molto cordiale, ma sapeva bene chi erano i suoi veri amici. Guadagnava molto, tanto, e spendeva tutto. “Il denaro deve circolare”, diceva”.
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Gustav Klimt nel 1905
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