ARTE ROMANA – Il ritratto – Il rilievo storico – La pittura

La statua di Augusto di Prima Porta (8 a.C.), anticamente posta dinnanzi la villa della moglie dell’Imperatore, Livia

IL RITRATTO

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Nell’arte romana la scultura assolve funzioni soprattutto celebrative, e ciò si ripercuote nella scelta dei temi, prevalentemente storici. Personaggi reali, quali imperatori, uomini illustri o ricchi patrizi, sostituiscono gli stereotipi (il faraone, lo scriba, l’ offerente, l’atleta, il portatore di lancia…) ricorrenti nella scultura degli antichi imperi orientali e della Grecia.
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Solitamente si ritiene che la principale creazione dell’arte romana sia stata il ritratto. Ciò non è esatto: le splendide serie di ritratti di età romana non sono infatti che una continuazione, in diverse condizioni di ambiente e con diverse esigenze, della grande arte ritrattistica ellenistica.
Ciò che è nuovo nel ritratto romano è la sua grande diffusione e il suo carattere privato, legato a particolari tradizioni delle famiglie patrizie, che custodivano in ogni loro ramo i ritratti degli antenati, e per lungo tempo ebbero – uniche – il diritto all’immagine.
Il ritratto quindi, specie quello funerario, deriva da tali effigi, maschere in cera tratte dal volto stesso del defunto, e testimonia l’elevato rango sociale raggiunto dalla gens (status di patrizio).
Accanto a queste manifestazioni private di tipo familiare (che hanno alla base la tradizione etrusca) si sviluppa il ritratto ufficiale (di origine greca) , onorario ed imperatorio, del princeps inteso come imperator, comandante militare (ad esempio l’Augusto di Primaporta, 8 a.C.).
Questa netta distinzione è particolarmente evidente nei due ritratti dell’imperatore Vespasiano: mentre nel primo (Copenaghen, Glyptoteca Ny Carlsberg) , l’imperatore appare come un vecchio militare di origine plebea, dai tratti grossolani e volgari, nel secondo i tratti distesi ed il tono aulico gli conferiscono un aspetto intellettuale e distinto.
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Particolarmente fortunato è il tipo del ritratto equestre, del quale rimane uno splendido esempio nella statua del Marc’Aurelio a cavallo in piazza del Campidoglio a Roma, cui si ispireranno gli artisti del Rinascimento.
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Hermes a riposo – Villa dei Pisoni a Ercolano

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IL RILIEVO STORICO

L’esigenza di lasciare un’immagine duratura delle proprie imprese è sempre stata particolarmente sentita dagli imperatori: nel rilievo storico romano abbiamo la narrazione di un fatto di interesse pubblico, di carattere civile o militare, legato all’esaltazione di una gloria da tramandare ai posteri. La celebrazione di una guerra vittoriosa è argomento abituale dell’arte romana, e la sua rappresentazione si cristallizzerà in alcuni temi fissi: partenza, costruzione di strade, ponti o fortificazioni, offerta di un sacrificio agli dei, allocuzione, battaglia, assedio, atto di sottomissione dei vinti, ritorno e corteo trionfale, atti di beneficenza.
Attraverso questa tematica l’artista riceve una norma entro la quale inserire volta a volta quelle varianti che richiamavano con particolari caratteristiche i luoghi o gli avvenimenti, puntualizzando e storicizzando la raffigurazione. Questa diveniva in tal modo facilmente comprensibile, esplicita a chiunque, anche a prima vista.
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Particolarmente significative sono in quest’ambito le colonne coclidi (dal latino coclea, chiocciola) e gli archi (in quello di Tito i rilievi decorano l’interno del fornice, in altri anche
l’attico).
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Se consideriamo soprattutto pittura e scultura (cioè le arti più propriamente figurative) appare evidente che il valore dell’arte romana risiede soprattutto nella sua aderenza alla storia.

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 Teseo e il Minotauro – Pompei

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LA PITTURA

La pittura romana deriva i suoi temi e i suoi modi di rappresentazione dalla pittura etrusca (naturalismo, vivacità cromatica e scene rituali) e dalla pittura ellenistica (soggetti mitologici, brani di vita quotidiana).
II grande archivio della pittura romana risiede nelle città della Campania distrutte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
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La decorazione parietale è divisa, secondo una classificazione proposta dagli studiosi, in quattro stili, di cui il primo, chiamato stile ad incrostazione o strutturale (in quanto finge decorazioni marmoree) , è in uso fino all’inizio del I secolo a.C. (casa sannitica ad Ercolano).
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Il più antico esempio del secondo stile, detto architettonico, è conservato nella casa dei Grifi sul Palatino (100 a.C.). Presenta finte colonne dipinte sulla parete, con accenno prospettico.
A Pompei ricordiamo soprattutto la villa dei misteri (l secolo d.C.) celebre per la raffigurazione di riti dionisiaci.
.L’ultima fase del secondo stile è rappresentata nella casa di Livia dalla parete detta del tablino, nella cui sintassi decorativa si inserisce una grande apertura al centro e due aperture minori ai lati, secondo uno schema tratto dalle scene teatrali.
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Il  terzo stile, detto ornamentale (sala nera della casa della Farnesina a Roma, 30-25 a.C.), si distingue per la prevalenza dei valori disegnativi su quelli plastici.
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Con quello che è stato detto quarto stile, o stile fantastico, si accentua sempre più, dopo la parentesi del terzo stile, la tendenza all’illusione prospettica, mediante lo sfondamento delle pareti con finte architetture e vedute. In particolare questo gusto prospettico, che diviene tal volta esasperato, riprende in pieno verso il 60 d.C. (Domus Aurea), e si fa addirittura fantastico e sovraccarico di ornamenti.
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