IL CILINDRO – Eduardo De Filippo

IL CILINDRO

Regia di Eduardo De Filippo

PERSONAGGI E INTERPRETI
Rita – Monica Vitti
Rodolfo – Luca De Filippo

Agostino Muscariello – Eduardo De Filippo
Bettina – Pupella Maggio
Attilio Samueli – Ferruccio De Ceresa
Antonio (studente)– Vincenzo Salemme
Don Roberto – Franco Angrisano
Michele (fattorino) – Franco Folli
Don Arturo – Sergio Solli
Donna Fortunata – Linda Moretti
Donne del vicolo: Patrizia Boccella, Paolo Bonoconto,
Patrizia D’Alessandro, Marina Donadi, Mariuccia Speri
Uomini del vicolo: Antonio La Raina, Gino Maringola, Saverio Mattei,
Pino Misiti,Marzio Honorato, Pasquale Pesce, Giovanni Prisciantelli, Luigi Uzzo
Commedia in un atto unico
Composto nel 1965
Genere – Teatro napoletano
Ambientazione – Un sottoscala abitato che conduce in un vicolo grazie ad una rampa di scale
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IL CILINDRO

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In uno squallido “sottoscala” (un seminterrato), in un quartiere popolare, Rita, una giovane donna, dalle provocanti forme, semivestita, si lava presso un balconcino (s’insapona il collo, le braccia, le spalle, si profuma le ascelle…) in modo da essere vista, di profilo, dalla strada: è un trucco per attirare qualche passante che si fa ardito di picchiare alle lastre o alla porta.
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Abbocca il giovane Antonio.
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Il patto viene concluso: diecimila (anticipate)…, ma, al momento in cui deve essere anticipato, sopravviene un colpo di scena.
La donna sbarra gli occhi in quelli di lui, fissandolo con sgomento tragico, poi cade in ginocchio e scoppia in un pianto dirotto.
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RITA – Schifosa! Lurida! Fetente! Più schifosa di me la fatalità, più lurido il destino! Più fetente la vita! Non ne posso più… Non ne posso più…!
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ANTONIO – (smarrito) Che è stato?
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RITA – (si piega in tre, faccia a terra, battendo i pugni sul pavimento) Perché, perché, perché?
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ANTONIO – Ti fa male…
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RITA – Perché c’è il vento crudele del destino che può entrare in casa tua e spazzare in un attimo ogni traccia di felicità… Ce l’avevo un marito giovane, forte, innamorato… Stanotte il vento è entrato e se l’è portato via. Guarda! (Con un gesto deciso fa scorrere rapidamente la tenda e mostra ad Antonio una scena tragica).
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Sul letto matrimoniale giace supino il corpo di un giovane uomo dal volto cadaverico, reso più spettrale dalla fiammella di una candela accesa e messa sul marmo del comodino…, tra le dita del giovane, incrociate sul petto, spicca uno striminzito mazzolino di fiori.
La visione di quella squallida camera ardente pietrifica Antonio…, il poverino non crede ai suoi occhi, e ci mette qualche attimo prima di poter ritrovare il proprio equilibrio mentale.
Fra le lacrime la donna grida e narra di suo marito, morto di stenti e di crepacuore, dopo aver inutilmente tentato di trovare un lavoro: poi,, ad un tratto, con improvvisa energia, afferra il visitatore per una mano e lo trascina verso il letto…
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“Hai pagato, hai diritto. Vieni, facciamo presto”.
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Il disgraziato si ribella e reclama… “Fatemi uscire”.
“La porta è là”… gli urla la donna.
“E le diecimila lire?”… chiede l’altro.
“Se le prenda!”… e la donna infila il biglietto sotto la schiena del morto.
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Il malcapitato si accinge a protestare, quando dalla stanza affianco arriva uno strano tipo, l’anziano Agostino, con maglietta azzurra a mezze maniche…, “è di statura normale, ma diventa altissimo agli occhi altrui, per via di un cappello a cilindro che porta a raso testa…, il suo contegno, estremamente dignitoso e quasi pomposo, s’intona a meraviglia con quel copricapo tanto impegnativo”.
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Il visitatore Antonio interrompe, disorientato, le sue proteste…
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AGOSTINO – (medita un attimo, s’incupisce, poi con tono pacato) E’ la lotta del bene e del male, la crudele vittoria sui giusti da parte dell’insaziabile avidità della vigilanza notturna. Giorno verrà che un raggio di luce veritiera verrà a squarciare la coperta tenebrosa disperdendo nel nulla il fetore che ti circonda…
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ANTONIO – (confuso) Sì… ma…
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AGOSTINO – (prende per mano Antonio e l’accompagna alla porta senza lasciargli il tempo di aprir bocca). E’ la lotta del bene e del male…
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ANTONIO – Ho capito, ma…
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AGOSTINO – Giorno verrà… Addio fratello. (E chiude la porta alle spalle di Antonio, il quale si è trovato fuori senza rendersene conto). E’ fatto.
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Appena la porta è chiusa, il morto si solleva per fumare una sigaretta.
E’ stato tutto un trucco, che si ripete più volte al giorno: un piano escogitato per pagare l’affitto, perché lo squallido alloggio è coabitato da due misere coppie, sottoposte ad una sentenza di sfratto: e occorre, entro un termine fisso, mettere insieme trecentomila lire di arretrati.
Ma non sempre l’esito è felice.
Un vecchio signore si accorge che il morto è vivo: e pretende assolutamente il mantenimento del patto. Non solo si rifiuta di ritirare le diecimila lire, ma raddoppia, triplica la somma (ora sono presenti anche Agostino, l’uomo del cilindro, e sua moglie Bettina)…, è un vecchio pazzo, invasato della giovane donna, ed arriva ad offrire 50.000…, 100.000…, 300.000… Sarebbe arrivato forse, fino a mezzo milione… e più.
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Ora il dramma è tutto nelle reazioni del marito che, ai primi aumenti della somma, si ribella energicamente, appoggiato dai suoi vicini…, poi, a mano a mano che l’offerta sale, la ribellione si fa sempre più debole, mentre i vicini, che prima lo approvavano, ora cominciano a stringersi nelle spalle, a tacere, come convinti di una necessità superiore…
E’ chiaro, infine, che il marito è ormai rassegnato, ed i vicini lo approvano: e il vecchio pazzo raggiungerebbe lo scopo, se, sdraiatosi sul letto in attesa della donna, non desse, dopo poco, più segno di vita.
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Morto?…. No… semplicemente addormentato…, e si sveglia felice perché ha sognato ciò che non ha compiuto…
Il vecchio pazzo va via soddisfatto e Agostino, Bettina, Rodolfo, fanno i conti…
Ma Rita, s’infila cappotto e scarpe… “Il vecchio, dice, vi ha messo a terra tutti quanti…”.
Il marito cerca di fermarla (Rita, stai scherzando?”).
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RODOLFO – Rita…
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RITA – (lo scansa e continua a camminare) Tu rimani con quei due schifosi a fare il morto finto. Ti conviene di più.
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AGOSTINO – (si è messo il cilindro e s’è piazzato davanti alla porta) Fermati, Rita!
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RITA – (lo scansa, apre la porta) Non mi fate paura, Don Agostino. Sono una ignorante, ma ho capito che il vero cilindro ce l’ha il vecchio pazzo (esce, sale e traversa il vicolo a destra).
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Nella vita, l’esteriorità delle forme ufficiali, la parvenza dell’autorità, domina e si impone.
Il cappello a cilindro è il simbolo di questa esteriorità.
Quando il suo inventore presentò il progetto al re del suo paese…
“Prima di tutto, disse, la potenza di questo cappello la potranno capire solamente gli uomini istruiti. Gli analfabeti lo troveranno esagerato per la loro condizione, e non si permetteranno mai non vi dico di portarlo abitualmente, ma nemmeno di metterselo in testa per un solo momento. Questo cappello a cilindro, Maestà, lo porteranno i ministri per le cerimonie ufficiali…, i dottori per i consulti…, gli sposi e gli invitati ai grandi sposalizi per far vedere che il matrimonio è una cosa seria…, non ci sarà un duello senza il cilindro…, un funerale di un pezzo grosso che ne farà a meno per il popolo non sarò mai un funerale importante. Insomma, questo è un cappello eterno e miracoloso…”.
(Nella commedia il proprietario del cilindro è il vecchio custode di un teatro di varietà, che lo trovò dimenticato nel camerino di un prestigiatore: e più volte, mettendoselo in testa al momento opportuno, è riuscito e riesce a trarsi d’imbarazzo o a dominare una difficile situazione.
Ma vi è qualche cosa ancora più importante dell’esteriorità della forma, dell’autorità: ed è il denaro. Il denaro forza suprema, può tutto.

Questo è il nocciolo di questa commedia di Eduardo…, un atto prestigioso e sconcertante, le cui singole scene, crudamente realistiche nelle singole situazioni, costituiscono, nel loro complesso, un’amara parabola.

Eduardo De Filippo

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