Autoritratto (1758-1759) Thomas Gainsborough National Portrait Gallery, London Olio su tela cm 76,2 × 63,5 |
La vita
Giovanissimo, dimostrò una spiccata inclinazione al disegno, tanto che nel 1740 il padre John, mercante di stoffe, lo mandò a Londra a studiare pittura. Qui si trattenne otto anni, lavorando anche per l’incisore-ritrattista rococò Gravelot; ebbe pure contatti con Francis Hayman assimilando i modi della tradizione fiamminga, a quel tempo assai coltivata dai mercanti d’arte di Londra.
La Charterhouse (1748) Thomas Gainsborough Londra, Foundling Hospital (Tondo diametro cm 56) |
Le opere
E, per questa piacevolezza, si differenzia anche da John Constable per il quale la natura è problema, come lo sarà per Paul Cézanne rispetto agli impressionisti.
ma di descrizione, nel senso in cui, trenta anni dopo, Burke doveva teorizzate la poesia come arte strettamente imitativa. Descrizione, bisogna aggiungere, fondata su una congenialità di poesia e natura, perché il poeta è l’uomo che ha restituito se stesso alla natura e con la natura si è come immedesimato”.
John Constable aveva colto l’impercettibile fascino di queste caratteristiche allorché annotava che il paesaggio di Gainsborough è dolce, tenero, commovente: nelle sue tele si trovano l’immobilità del mezzogiorno, i vapori del crepuscolo i rosa, i perlacei del mattino. Ma, con il repentino variare del giorno, Gainsborough rappresenta anche il variare più lento delle stagioni.
Di fatto, e nonostante il diverso avviso del Waterhouse, mi sembra che alla poetica stagionale Gainsborough abbia dato un suo preciso contributo figurativo.
Foresta di Gainsborough (1748) Thomas Gainsborough Londra, National Gallery Olio su tela cm 120 x 150 |
Nei paesaggi, come nei ritratti, è quasi sempre sottolineata un’ambientazione stagionale, dalle prove giovanili fino alla tarda maturità: dall’estate piena, calda e assolata in cui sono immersi i Coniugi Andrews, all’autunno incipiente della Foresta di Gainsborough; ancora all’autunno, non più solo iconografico in senso tradizionale ma partecipato in tutta la sua ricchezza di umori, odori di tela bagnata, di sottobosco impregnato dell’acquitrino, de Il carretto per il mercato dipinto tra il 1786 e il 1787, cioè poco tempo prima della morte.
Il carretto per il mercato (1786-87) Thomas Gainsborough Londra, Tate Galery Oli su tela cm 182 x 153 |
In una serie di dipinti su vetro, questo respiro della natura animata, la cui consistenza visuale e di suggestione muta con l’alternarsi dei cicli stagionali, è particolarmente evidenziata: l’inverno nelle fredde albe del mare o nei boschi rabbrividiti, l’autunno nelle foglie bruciate e nell’ocra dei greti secchi, la primavera negli stagni limpidi e su una fuga di montagne azzurre nell’atmosfera di cristallo, l’estate nella ferma calura con le pale dei mulini immote.
Dipinto su vetro (1783 circa) Thomas Gainsborough Londra, Victoria and Albert Museum Olio su lastra di vetro cm 119,5 x 144,5 |
Coniugi Kirby (1750) Thomas Gainsborough Londra, National Portrait Gallery Olio su tela cm 76 x 63,5 |
Anche i personaggi, naturalmente, non sono svincolati dal ritmo ciclico del tempo; un tempo che, più d’ogni altra componente, crea quel ‘ritratto naturalizzato’ che si oppone alla fissità storica del ‘ritratto idealizzato’ di Reynolds: i Coniugi Kirby siedono a ridosso di un albero secco che campeggia su un cielo carico di pioggia in un’atmosfera autunnale; è autunno anche per il Visconte Ligonier; mentre il fresco giardino, dove la giovane coppia si scambia galanterie sullo sfondo di un tempietto classico che fa da quinta, ha un aspetto primaverile.
Visconte Edward Ligonier (1770) Thomas Gainsborough San Marino (California), Huntington Gallery Olio su tela cm 239 x 157,5 |
La luce abbagliante, che fruga nei recessi ombrosi ove hanno trovato rifugio per le loro ricreazioni spirituali Elizabeth e Mary Linley rabbrividisce di un freddo invernale.
Forse, proprio per questa sua connotazione indefinita (che si traduce in una libertà espressiva di fondo), la pittura di Gainsborough preannuncia il gusto romantico della natura e dell’atteggiamento di dubbiosa inquietudine che pervade l’animo dell’uomo sensibile posto di fronte ad essa.
La viscontessa Penelope Ligonier (1770) Thomas Gainsborough San Marino (California), Huntington Gallery Olio su tela cm 240 x 157,5 |
Jonathan Butthal – Il ragazzo in blu (1770) Thomas Gainsborough San Marino (California), Huntington Gallery Olio su tela cm 178 x 122 |
Nel ritratto delle sorelle Linley, questa intuizione si spinge fino a quella distillazione psicologica di tipo ossianico (Macpherson nasce nel 1736 e muore nel 1796) e preraffaellita che troverà le sue formulazioni più tipiche, circa ottant’anni più tardi, nel rarefatto ‘sublime’ delle creature ineffabili di Dante Gabriele Rossetti.
Le incursioni di Gainsborough in questo clima incipiente – ma, di fatto, ancora inconsistente – sono peraltro sporadiche e sempre seguite da un tempestivo rientro nel clima già precisato di uno scenario naturale rasserenante, la cui bellezza trasfonde la propria felicità nei protagonisti degli amori villerecci: nei contadini che vivono costantemente immersi in questa comunione con la natura, nonché nei raffinati cittadini en vacances per i quali la bellezza della natura condiziona una serenità d’animo (e una disposizione alla contemplazione senza affettazioni) che la città verosimilmente impedisce. E ciò anche se per la noblesse i modi di comportarsi non sono, in campagna o in villa, dissimili da quelli in uso nei salotti cittadini; conformemente, d’altronde, ai nuovi criteri educativi dell’alta borghesia, per la quale “a vera educazione… mira a sciogliere l’individuo dal peso di un bagaglio di convenzioni, a renderlo naturale, a permettergli di vivere e muoversi nella società con la stessa spontaneità e lo stesso occhio di chi vive e si muove nel proprio ambiente naturale” (Argan).
La signora Hamilton Nisbet (1785) Thomas Gainsborough Edimburgo, National Gallery of Scotland Olio su tela cm 231 x 152,5 |
Georgiana duchessa di Devonshire (1783) Thomas Gainsborough Washington, National Gallery (Collezione Mellon) Olio su tela cm 234,5 x 145,5 |
Costante è l’analisi del carattere dei personaggi che deriva dal fine visualizzante della pittura è che è opera della ‘mente attiva’ la quale, attraverso l’arguzia e le fini capacità interpretative, rappresenta anche ciò che non si vede rendendolo visibile. Non solo, ma attraverso, il wit e grazie ad esso, Gainsborough si avventura in autentiche imprese psicologiche come, appunto, quelle di amalgamare in una medesima dimensione spirituale topoi distanti, come figura e paesaggio oppure società e natura; senza però generalizzare ma anzi approfondendo entusiasticamente l’analisi degli oggetti e dei ritratti e facendo in modo che la natura circostante sia, talvolta, il particolare sentimento che di essa ha il personaggio rappresentato.
Al particolare presentimento del Sublime, quale è dato ricavare da alcune opere di Gainsborough, non è estranea (sia pure indirettamente e a livello delle penetrazioni culturali) la formulazione che di questa categoria fornì il Burke nel 1756, cioè poco prima che Gainsborough mettesse mano ai dipinti del periodo di Bath (1759-1774) che, con quelli del periodo londinese (1774-1788), segnano il culmine stilistico e poetico della sua arte.
Ciò che dell’estetica burkiana può essere discretamente penetrato nel tessuto poetico della pittura di Gainsborough, non è certo il concetto di Sublime come emozione violenta di dolore, terrore o pericolo (accezione che sostanzialmente collima con quella kantiana della Critica del giudizio e che alla pittura di Gainsborough è totalmente estranea, mentre talvolta può emergere in Turner e si sostanzia pienamente in Fùssli e William Blake) bensì quel tanto di ‘anti-classico’ insito nel concetto, quel deciso superamento dei concetti razionalistici formulati dal Pope nel suo celebre Essay on Criticism (1711) e quel favore per l’indeterminatezza del fare artistico del quale si stava alimentando, già dai primi anni del secolo, tutta l’estetica del Pittoresco (che troverà i suoi teorici in Cozens nel 1759 e in Prince nel 1794), contrapposta appunto all’estetica classica fondata sulla chiarezza intellettuale, sull’ordine rappresentativo e sulla serenità spirituale dell’artista trasfusa nel soggetto.
Dunque, tracce di una idea del Sublime possono praticamente reperirsi in due aspetti salienti dell’opera di Gainsborough. Nell’aspetto poetico, attinente ad una particolare visione del mondo che in più punti è contemplativa, assorta, sensisticamente immersa nello scenario naturale e – come s’è detto – legata al fluire delle stagioni; e nell’aspetto esecutivo del fare pittorico che, se si presenta anche come esibizione virtuosa di una prestigiosa abilità tecnica e di mestiere insieme entusiastico e concitato, fondamentalmente è rispondenza tecnicistica al gusto dell’indefinito non finito, dell’accennato, della traduzione di stati d’animo inafferrabili, mobilissimi, incerti. Questo secondo aspetto trabocca ben presto nella categoria del Pittoresco che, stupendo sensisticamente l’occhio e inquietando sottilmente l’anima, fonde insieme sensibilità e immaginazione.
Nell’opera di Gainsborough, quindi, si trovano anticipate e compresenti quelle due dimensioni – del Sublime e del Pittoresco – che, verso la fine del Settecento, divideranno l’arte in due poetiche distinte e complementari. essenzialmente con Blake, Constable e Turner.
Infatti, se in molte opere sia di paesaggio sia di ritrattistica i valori d’atmosfera avvolgono la visione di una luce piena che attutisce i contrasti e fa nitidi i contorni, in molte altre (La signora Graham…, Ritratto di Sarah Siddons…, Passeggiata nel parco di Saint James (The Mall)…, Elizabeth e Mary Linley e molte delle fancy pictures) abbondano i chiaroscuri, i toni incerti, i contrasti fra luce e tenebra: tutti quegli effetti, cioè, che non servono a fondare una problematica della luce ma che stimolano la sensibilità, conferendo all’oggetto da contemplare un aspetto piacevole e discretamente inquietante e che sono i tipici attributi ‘pittoreschi’.
La signora Graham (1775-1777) Thomas Gainsborough Edimburgo, National Gallery of Scotland Olio su tela cm 235 x 153 |
Ritratto di Sarah Siddons (1783-1785) Thomas Gainsborough Londra, National Gallery Olio su tela cm 125 x 100 |
Passeggiata nel parco di Saint James (The Mall) (1783 circa) Thomas Gainsborough Collezione Frick, New York Olio su tela cm 119,5 x 144,5 |
Elizabeth e Mary Linley(1772) Thomas Gainsborough Dulwich College, Londra Olio su lastra di vetro cm 195 x 150 |
Sui contrasti tra luce e ombra inseriti in un contesto di linee fluide, spezzate e curve, si fonda anche quel carattere di mobilità che anima i quadri di Gainsborough. Una mobilità che è direttamente collegata al momento tecnico del fare pittorico e che esibisce tutta una sua autonoma e suggestiva bellezza formale nel fascino della bravura, nella prestigiosità dell’esecuzione, nell’esattezza dell’improvvisazione che sembra bloccare la scena come sotto il lampo di un flash: in tutto ciò consiste, appunto, la perfezione tecnica del dipinto che è motivo di piacere sensibile e quindi estetico. Una mobilità, tuttavia, che non è soltanto limitata ad un senso di inquieta instabilità fisica delle figure o dei paesaggi, come diretta conseguenza del tecnicismo formale, ma che trapassa nel pathos dei personaggi il cui sentimento appare indefinito, mutevole e mobilissimo.
Mobili e ineffabili appaiono anche le ambientazioni e i panneggi dove la luce si raccoglie e si concretizza in vibranti creste nervose e vive, la cui consistenza figurativa, osservata attentamente, appare fluida e volatile con ricordi di Rubens e anticipazioni di Goya.
Gli ingredienti formali del dipinto, i colori e le linee, assumono così una loro autonomia espressiva al di là dei temi rappresentati e portano in primo piano una problematica della percezione, come percezione del particolare in ogni pennellata, che dà luogo a quella mancanza di figuratività della quale lo rimproverava il Reynolds.
D’altra parte, questa connotazione dell’uomo come essere che cambia a seconda delle emozioni che lo pervadono, colto in tutta la spontaneità dei suoi diversi atteggiamenti, spesso inafferrabili e sfuggenti, si riallaccia alla visione della natura impostata sul ritmo libero e variabile, pur se ricorrente, delle stagioni e del tempo. E tutto è un contributo a quella “idea naturalistico-emozionale che sarà uno dei contrassegni del gusto inglese alla la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento” (Assunto), contrapposta, insieme a tutto il filone della filosofia empirista che identifica appunto il bello con il piacevole, all’ideale classico di un’arte della ragione e dell’intelletto in cui le sembianze della natura appaiono secondo valenze razionalizzate e libere dall’insorgenza di scarti di fantasia o declinazioni emotive.
Lo Shaftesbury dirà che l’artista non copia una cosa esterna ma dà forma al suo slancio, attua il suo spirito e produce un essere nuovo (G. C. Argan, La pittura dell’Illuminismo in Inghilterra, Roma, 1965).
Sono le medesime che, in poesia, dividono Pope da Milton e Ossian: un ideale del bello piacevole è grazioso mutevole ed indefinibile (com’è indefinibile, in tanti suoi aspetti, il reale) che si contrappone ad un bello ‘ideale’ incorruttibile, educativo e sublimante; nonché una visione della natura che, mentre per Reynolds “è il generale e non particolare concetto dedotto dall’esperienza e con esperienza flagrante” (VII Discorso), per Gainsborough è approfondimento del problema della visione particolare della natura la cui norma generale è data, semmai, dal ‘pittoresco’.
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