COME FINIRÀ – Canzoni italiane di protesta

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 COME FINIRÀ

Viva la libertà, l’indipendenza,
che bella cosa, tutti siam fratelli.
Pare un sogno, ma è fatto di evidenza

se tali siam chiamati fin da quelli
che appena ci guardavano, anni fa,
ma sta a vedere come finirà.
 
Giacché siamo fratelli e tutti amici
liberi ed è finito il dispotismo,
mi pare che per essere felici
deva pur esser morto l’egoismo.
Ma di morire non ha volontà,
e se non muore come finirà?
 
lo ci vedo del buio, parliam chiari,
son soltanto fratelli i disperati,
intendo quelli che non han denari,
ma i quattrini, i signori, i titolati
da fratelli non fan, qui il male sta.
Dunque domando: come finirà?
 
Qui colla fratellanza si digiuna,
qui colla fratellanza si va a spasso
senza trovare occupazione alcuna
per poter guadagnare, e passo passo
la miseria crescendo sempre va’
E se prosegue come finirà?
 
Se tu vai da un signor (come fratello)
e gli dici: “Non ho da desinare,
non ho lavoro”, o suona il campanello
per farti dai domestici scacciare.
o dice: “Andate, il ciel vi aiuterà”.
Che bei fratelli, oh come finirà?
 
Se vai da un negoziante e gli domandi
da lavorare, ti sorride in faccia;
per lavorare a lui ti raccomandi:
o da sé colle brutte ti discaccia
o ti risponde: “L’arte la non va”.
Ditemi un poco, come finirà?
 
“Aspettate e le cose cambieranno”,
dicon quelli però ch’han dei quattrini,
“fra poco a tutti ben provvederanno,
pazienza ancora un poco”; e noi meschini,
che la pazienza e la speranza si ha,
nel reclusorio poi si finirà. 
 
Qualchedun vi risponde bruscamente:
“Or pensare bisogna per la guerra
e denaro ci vuol continuamente
per non si ritrovar a un serra serra”.
Ma di guerra si parla e non si fa
e se si dorme male finirà.
 
O con guerra o con pace, a quel che veggio.
la mi par la medesima minestra
e sempre qui si va di male in peggio,
si cambiò fino a qui tutta l’orchestrir
ma la musica è eguale, ognun lo sa,
ma al fin del salmo, come finirà?
 
“Ma si può dar di peggio”, ognor gridate,
“Fratelli, all’armi, scacciate il nemico!”;
ma voialtri a sedere ve ne state
e di chi muor non ve ne importa un fico.
Questo è egoismo, non fraternità.
Ma per mio bacco, come finirà?
 
Fratellanza, concordia, grande unione,
belle parole che empiono la bocca,
ma non la pancia e senza conclusione
fratellanza, uh, sarà bazza a chi tocca,
una bella canzone la sarà
ma il ritornello come finirà?
 
Libera stampa, libero parlare,
che bella cosa che mi corbellate,
ma colla libertà di chiacchierare
pagan perché ci faccian le fischiate.
O bel parlare, ov’è la libertà.
O che pasticci, oh come finirà?
 
Ma già, siamo una massa di zucconi,
e siamo appunto come l’uova sode:
più bollono più induran, le ragioni
anche che sieno buone nissun l’ode.
Chi dice ben fra noi, via, via di qua,
tenebre sempre, oh come finirà?
 
Che razza di fratellanza è questa,
signori miei? Così non la va bene;
a partito mettete ben la testa,
fate le cose come si conviene,
che voi soli mangiate la non sta,
se no vedrete come finirà.
 
Si vuol mangiar, per mio, ma non a scrocco,
fateci lavorar, si vuol lavoro,
non vogliam carità d’un sol bajocco,
non vogliamo le tasche piene d’oro.
Si vuol viver, ci basta e bene andrà;
se no sapete come finirà?
 
Lo dichiaro in itala favella,
a monte vedo andar la fratellanza,
e finir come suol di Pulcinella
la festa terminare, e l’alleanza
che abbiam fatta con voi terminerà:
ed ecco come poi la finirà.
 
Il popol si lamenta ed ha ragione,
non siate del denaro tanto avari,
lavorar fate o il fin della canzone
udrete allor e non serviran ripari;
senza inquietarmi dico lemme lemme
che poi alla fine L.F.M.
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Da un foglio volante senza data, ma probabilmente del febbraio-marzo del 1849, questa composizione in sestine di aurore anonimo rappresenta efficacemente i sentimenti di una certa piccola borghesia e di vasti settori di popolo: lo scetticismo di fronte alle solenni professioni di fratellanza e libertà da parte di chi detiene il potere economico e non pensa neppure a metterlo in discussione:
“Qui colla fratellanza si digiuna”, e in un modo o nell’altro “la mi par la medesima minestra”.
Uno scetticismo attivo, però, come dimostra la minaccia serpeggiante per l’intera composizione e resa esplicita soprattutto nell’ultima strofa.
La sigla finale “L.F.M.” rappresenta, secondo Roberto Leydi (che ha pubblicato la canzone nei suoi Canti sociali italiani, le iniziali del nome dell’autore; io credo più semplicemente che si tratti dell’abbreviazione di “la finirà male”.
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