A.V.I.S. – LA TRASFUSIONE DEL SANGUE

LA TRASFUSIONE DEL SANGUE

I gladiatori morenti fornitori di sangue per i patrizi romani – Per mantenere in vita un papa, dissanguati tre giovanetti – La scoperta dei gruppi sanguigni – Una clamorosa smentita alle teorie razziste – Le modernissime emoteche – L’Associazione dei Volontari del sangue.

L’idea di servirsi del sangue a scopo curativo è antichissima e, presumibilmente, sorse con la storia stessa dell’umanità. Istintivo deve essere stato nell’uomo delle prime età il tentativo di usare il sangue per salvare o prolungare la vita umana, dato lo spettacolo quotidiano di uomini e di animali che perdevano la vita con la perdita del sangue sgorgante dalle ferite.

Sicure notizie si hanno della introduzione terapeutica del sangue, generalmente per via orale, nei periodi della civiltà ebraica, greca e romana. I patrizi romani accorrevano nelle arene per raccogliere il sangue fresco sgorgante dalle ferite dei gladiatori morenti! Del resto l’ingestione di sangue fresco era in uso nei macelli fino a non molti anni or sono, ed in certi periodo e in talune metropoli, fu anche di moda nel mondo elegante il recarsi a bere sangue fresco all’alba, al ritorno dai festini notturni. A Papa Innocente VIII (1492) fu eseguita, come scrisse Rosario Villari, una vera e propria trasfusione col sangue di tre giovanetti i quali morirono per dissanguamento.

Ma solo dopo la scoperta della circolazione del sangue, dovuta all’italiano ANDREA CESALPINO (1579) e perfezionata e divulgata dall’inglese WILLIAM HARWEY (nel 1628) l‘idea della trasfusione del sangue venne ad assumere una base scientifica e sperimentale, seppur limitata alla parte, diciamo così, meccanica della trasfusione. Fu, cioè, compresa la necessità di far pas-sare il sangue direttamente dal sistema circolatorio dell’organismo donatore a quello del ricevente.

Da allora, con lunghi intervalli derivati dallo scoraggiamento per i gravi insuccessi subiti, continuarono sporadicamente i tentativi trasfusionali da uomo a uomo, ma assai più spesso da animale a uomo! Gli insuccessi (frequentemente era la morte!) oltre che alle gravi deficienze tecniche ed igieniche dell’epoca; erano dovuti all’ignoranza completa delle ragioni per cui il sangue di un organismo poteva essere incompatibile per un altro.
Occorre arrivare ai primi decenni dell’Ottocento perchè la pratica del trasfondere il sangue di animali (generalmente agnelli) all’uomo venga definitivamente abbandonata. Ma anche la trasfusione di sangue da uomo a uomo produceva spesso esiti letali, così che con la scoperta della soluzione fisiologica, la quale non è altro che una soluzione sterilizzata di sale da cucina in acqua, a concentrazione isotonica, cioè ben equilibrata con quella del liquido sanguigno (uguale pressione osmotica), si preferì accontentarsi di questo ritrovato, piuttosto che ricorrere al sangue con le relative gravi complicazioni già dolorosamente sperimentate.
Fu già un notevole progresso, perchè l’introduzione di liquido nel circolo sanguigno può essere molto utile per ristabilire rapidamente la pressione del sangue, caduta per gravi emorragie, oppure favorire le molte malattie tossiche e infettive.
Ma ben presto ci si accorse che l’acqua e il sale non avrebbero mai potuto sostituire i tesori di sostanze difensive, nutritizie, e comunque vivificatrici, contenute nel sangue umano.

Busto in bronzo di Karl Landsteiner a Warm Springs

Finalmente Karl Ernest Landsteiner (nel 1900) rese possibile, e con pieno successo, il vecchio sogno dell’uomo di dare sangue al suo simile malato per trasfondergli nuova vita. Il viennese Karl Landsteiner (1868-1943), premio Nobel nel 1930, dimostrando che nel sangue umano si trovano delle sostanze (chiamate isoagglutinine) che possono agglutinare, cioè distruggere, i globuli rossi di altro sangue umano appartenente a gruppo diverso, affermò che le reazioni trasfusionali con esito mortale potevano essere evitate.
Inoltre la scoperta del citrato di sodio come sostanza anticoagulante rese possibile mantenere liquido il sangue, anche fuori dei suoi vasi vene e arterie) ed immetterlo nella vena del malato.

Secondo il Landsteiner i gruppi sanguigni sono quattro: I (0), II (A), III (B), IV (AB).

Mediante questa distinzione e l’esecuzione sistematica e preventiva della ricerca del gruppo sia del donatore che del ricevente, fu possibile eseguire con sicurezza le trasfusioni da uomo a uomo, trasfondendo sangue dello stesso gruppo del ricevente, oppure del gruppo I (donatori universali).

La trasfusione viene eseguita o con sangue raccolto in un recipiente sterile e mescolato con una opportuna percentuale di liquido anticoagulante (trasfusione indiretta – vedi fig. 1) oppure congiungendo addirittura la vena del donatore a quella del ricevente con apparecchi di diverso tipo (trasfusione diretta – vedi fig. 2).

Fig. 1 – Trasfusione indiretta
(sangue in bottiglia appena raccolto dal donatore oppure conservato in emoteca)

 

Fig. 2 – Trasfusione diretta (dal donatore al malato)

Rimaneva ancora da risolvere il problema di poter raccogliere e conservare il sangue in quantità notevoli cosi da averlo sempre e prontamente a disposizione dei medici per qualsiasi evenienza (esempio: necessità urgenti e imprevedibili in sala operatoria, in caso di sciagure collettive. ecc.).

Un passo avanti in fatto a tale uopo in Russia con l’uso esteso della conservazione del sangue per vari giorni (1926-1927). Nel 1932 Sergei Sergeevich Yudin (1891-1954) di Mosca utilizzò per la conservazione, il sangue dei morti per trauma. Nel 1935 ai Congresso di Roma, scienziati sovietici divulgarono l’uso del sangue conservato. In Italia la prima Emoteca è stata istituita dal Corelli nella Clinica Medica di Roma nei 1936.
La guerra di Spagna e la seconda guerra mondiale, con le loro terribili sciagure, permisero, purtroppo, di collaudare ampiamente questo metodo di trasfusione. Da parte americana, in questi ultimi anni, sono stati compiuti nuovi progressi riguardo alla preparazione dei cosiddetti sottoprodotti del sangue e specialmente del plasma di cui si dirà più oltre.

Un’ultima parola occorre dire a proposito della compatibilità del sangue trasfuso: nel 1940, ancora per opera del Landsteiner e di Weiner, fu scoperto il fattore Rh. Tale scoperta permetteva di eliminare le ultime reazioni gravi, seppur rare, che si potevano ancora avere nella pratica trasfusionale. Si scoperse che il sangue di alcuni individui, in certe circostanze (dopo ripetute trasfusioni subite, donne dopo gravidanze) può assumere la proprietà di agglutinare i globuli rossi di un altro individuo anche se dello stesso gruppo. Quella proprietà è data appunto dal fattore Rh ormai famoso anche per i profani. Gli uomini si distinguono in due grandi categorie: quelli che portano tale fattore, detti Rh positivi (Rh+) e quelli che ne sono privi, detti Rh negativi (R-). I primi si trovano nella percentuale dell’85%, i secondi nella percentuale del 15%: occorre quindi controllare il donatore e il ricevente anche sotto questo aspetto prima di praticare una trasfusione.

Non sarà senza interesse anche ricordare, a confusione dei razzisti di tutto il mondo, che non v’è alcuna incompatibilità tra il sangue delle varie razze umane; e quindi nelle trasfusioni fra uomini del più diverso colore non vi sono che da rispettare le comuni norme di cui già si è detto. Del resto i razzisti colonisti del secolo scorso ben lo sanno e non disdegnavano di servirsi abbondantemente per i loro eserciti del sangue raccolto fra gli stessi indigeni che stavano opprimendo (vedi anche esempi di Corea e Indocina dove le grandi emoteche militari rappresentavano il solo luogo ove tacevano le discriminazioni razziali).

Per quel che riguarda il donatore non sarà inutile ricordare che con l’assistenza e il controllo sanitario periodico e pre-prelievo, attualmente praticati in qualsiasi Centro trasfusionale degno di tal nome, non sussiste assolutamente alcun pericolo.

Da quanto si è detto risulta quindi evidente che la trasfusione, sia di sangue fresco che conservato, ben condotta e preparata da personale esperto e diligente, sostenuto da un’adeguata organizzazione, è praticamente priva di pericolo. Anzi, ripetendo la brillante definizione di uno scienziato francese: “L’unico vero pericolo di una trasfusione è attualmente quello di non farla quando è necessaria”.

In Italia, come già si è detto, un primo centro per la conservazione del sangue fu istituito nella Clinica Medica di Roma, da Ferdinando Corelli che lo denominò felicemente Emoteca, cioè custodia di sangue. In America tali centri, con lo spirito e l’organizzazione tipicamente mercantile, che viene impressa ad ogni manifestazione della vita di quel grande popolo, vennero chiamati Banche del sangue trattandosi, appunto, di un servizio che funziona con i principi del tutto analoghi a quelli delle Banche monetarie, nel senso che un cittadino può ritirare del sangue, in caso di bisogno. soltanto in quanto lui stesso o chi per lui, ne abbia depositato precedentemente nella Banca stessa.

Nei centri, invece, dell’A.V.l.S. (Associazione Italiana Volontari del Sangue) si raccoglie quotidianamente in emoteche, generalmente ospitate in grandi e medi ospedali, il sangue dei donatori volontari secondo turni rigorosamente e scientificamente stabiliti, così da non turbare lo stato di salute dei donatori stessi. Il sangue viene poi conservato in apposite bottiglie racchiuse in ghiacciaie elettriche prive di vibrazioni ed alla temperatura costante di +4°C. e può mantenere praticamente tutte le sue proprietà chimiche, fisiche ed umorali per un periodo di oltre una settimana, dopo di che esso perde via via tali proprietà fino a rendersi non trasfondibile.

Tale sangue, però, anche se non viene usato in tempo utile, può essere ancora utilizzato: da esso, infatti, si può separare il plasma (la parte liquida privata dei globuli rossi e bianchi) che può essere conservato anche per anni allo stato liquido, secco o congelato, secondo le apparecchiature di preparazione e le necessità di trasporto e distribuzione.

Per quanto riguarda le indicazioni cliniche della trasfusione di sangue o di plasma, esse sono moltissime e sempre in aumento secondo le nuove esperienze cliniche e le nuove acquisizioni teoriche della scienza medica. Esse comprendono un grande numero di malattie, sia di ordine medico che chirurgico, oltre alla prima e classica indicazione di sopperire alle perdite copiose spontanee o violente di sangue.

Le indicazioni della trasfusione di sangue “intero” sono assai più numerose, mentre il plasma è più propriamente consigliato nei casi in cui non tanto si tratta di combattere uno stato anemico (scarsità o insufficienza di globuli rossi e relativa emoglobina) quanto di ristabilire il tasso di liquido e sostanze proteiche sottratte al torrente circolatorio, ed all’organismo in generale, in modo massivo ed improvviso (per esempio gravi ed estese ustioni) oppure in modo lento e protratto (esempio cirrosi epatica).

Ma è tempo ormai di parlare dell’A.V.I.S., questa grande e generosa ancora poco che è poi la maggiore protagonista, nel nostro Paese, della trasfusione sanguigna.

L’A.V.I.S. fu fondata a Milano nel lontano 1927 da un gruppo di pionieri, medici e modesti lavoratori; però è soltanto nel nuovo clima democratico e associativo sorto dopo la Liberazione che è diventata una grande organizzazione estesa ormai in tutto il  Paese.

L’A.V.I.S., questa organizzazione volontaria quasi ignorata fino al secolo scorso, formata per la stragrande maggioranza di lavoratori manuali e di piccoli impiegati, oggi è un sodalizio che si articola sul territorio con più di tremila sezioni locali ed è costituito da oltre 1.200.000 volontari che donano sangue intero, plasma, piastrine ed eritrociti in forma gratuita, periodica e anonima, permettendo ai medici di salvare tante vite umane, non lesinando mai il sangue dei suoi numerosissimi associati, secondo il proprio motto: SEMPRE – OVUNQUE – SUBITO.

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