DOTTRINE ECONOMICHE – FISIOCRAZIA

François Quesnay

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STORIA DELLE IDEE ECONOMICHE

L’EPOCA DEI FISIOCRATI

Il pensiero economico di cui già abbiamo visto nelle grandi linee la formazione nel corso del XVI e XVII secolo., assume nuovo vigore nella prima metà del 700: il commercio si va sviluppando con slancio accresciuto e, insofferente d’ogni intralcio, reclama a gran voce maggiori libertà: “laissez faire, laissez aller” è il motto di una forza che ormai mal tollera il protezionismo alla cui ombra tuttavia era cresciuta e si era rinvigorita. Il Jean-Baptiste Colbert (Reims, 29 agosto 1619 – Parigi, 6 settembre 1683), fino a pochi anni prima prototipo del grande ministro economico, è ora il simbolo della schiavitù. Scriveva René-Louis de Voyer de Paulmy, marchese d’Argenson (Parigi, 18 ottobre 1694 – Parigi, 26 gennaio 1757), in una lettera diretta al Journal Economique di Parigi nel 1751:
“Si narra che il Signor Colbert avendo convocati molti delegati del commercio presso di sé, al fine di richiedere loro ciò che avrebbe potuto fare per incoraggiare la loro attività, uno di essi più ragionevole e meno adulatore, gli rispose con queste sole parole: lasciateci fare”.

Una grande ventata di ottimismo percorre in questo periodo il pensiero sociale: l’uomo persegue il raggiungimento della felicità; lo si lasci agire senza pastoie ed egli, nel soddisfare i propri desideri, concorrerà alla comune felicità. Vi è un ordine della natura che non deve esser molestato dalle leggi umane: si lasci libertà d`agire e l’uomo, come l’ago, mostrerà che l’istinto individuale indica la giusta strada assai meglio dei cervellotici arbitri dei politici.

Ottimismo e individualismo sono dunque i due temi fondamentali attorno ai quali si svolge ora il pensiero economico e che gli impongono quella sistematicità che mancava nel passato: evidentemente il motto “laissez faire, laissez aller” ha significato solo a una condizione e cioè che si dimostri l’esistenza dell’ordine naturale e delle sue leggi.

È ormai l’epoca dei “fisiocrati”. Il termine Fisiocrazia con il quale François Quesnay (Méré, 4 giugno 1694 – Versailles, 16 dicembre 1774), autore del celebre Tableau Economique (1758). definì la propria dottrina è caratteristico: esso infatti significa “dominio della natura”. E di fatti il Quesnay che era nato a Versailles nel 1694 da umile famiglia di contadini e che da medico della Pompadour e di re Luigi XV si era trasformato in capo di una “setta” di economisti, voleva dimostrare che i fatti economici, non meno di quelli fisici, sono “fatti di natura” e anch’essi regolati da “leggi di natura”. Diritto dell’uomo è quello di godere il. prodotto del suo lavoro e quindi anche di migliorare il più possibile il proprio stato: le leggi dello Stato non debbono violare tale principio. Se lo fanno, le conseguenze negative sono immancabili: il medico che ignora le leggi dell’anatomia e della fisiologia non può mancare di danneggiare il paziente cosi come lo statista che si permette di contrariare i principi generali della società non può evitare di gettare il proprio paese nella rovina.
Ed ecco come il Quesnay sviluppa i propri concetti: la terra è la matrice di tutti i beni necessari all`uomo, non solo, ma essa ne fornisce più di quanto ci abbisogna per rimborsare tutti i lavori fatti per ottenere i beni stessi. Quindi vi è una sola attività veramente produttiva: l’agricoltura, che fornisce un prodotto netto uguale alla differenza fra il prodotto totale “lordo” e le spese di coltivazione. Vi è pure quindi una sola classe produttiva cioè quella degli agricoltori che immettendo i loro capitali nella terra la rendono produttiva, classe che non va confusa con quella dei proprietari e che, nella realtà di quel tempo. si identificava con il fittavolo capitalista. A fianco di queste due classi (la classe produttiva e quella dei proprietari, la quale percepisce una rendita pagatale dalla prima), sta la classe che include gli industriali, i commercianti, i domestici e le professioni liberali e che il Quesnay chiama sterile, in .quanto nulla crea di nuovo, limitandosi a mutare la forma dei prodotti fornitile dalla classe produttiva.

Senza diffonderci sullo schema piuttosto complicato del Tableau Economique, si può rapidamente accennare alle conseguenze logiche in esso implicate, fondamentali per lo sviluppo dell’economia politica e che giustificano il grande titolo di merito con ciò acquistato dalla Fisiocrazia come iniziatrice di una sistematica scientifica.
Esaminiamo il rapporto fra agricoltori e proprietari: i primi pagano ai secondi una rendita in denaro, cioè forniscono una specie di “buoni” che autorizzano i proprietari a prelevare l’equivalente in prodotti. Dunque la moneta è nelle mani degli agricoltori mezzo di pagamento. in quelle dei proprietari mezzo d’acquisto. Con ciò è definitivamente distrutta la vecchia concezione del denaro come ricchezza: esso è un segno materiale del diritto di chi lo possiede di prelevare merci dal mercato.

In secondo luogo, dall’esposizione del Tableau appare che la “rendita” o surplus non si forma nell’ambito dello scambio delle merci, ma nel corso della loro produzione. Qui sta un altro e ancor più fondamentale apporto della Fisiocrazia: vi è però un limite che ancora non è superato. Infatti i Fisiocrati non riescono a vedere altra forma di surplus che la rendita agricola e la attribuiscono alla “fertilità”, ad un dono della natura. Questa straordinaria ingenuità ebbe però il merito di forzare ancor più l’attenzione dei loro successori sul problema d’una seria dottrina del’ valore: infatti la teoria fisiocratica rendeva impossibile una spiegazione del profitto e dell’interesse (alcuni seguaci del Quesnay, ad esempio Honoré Gabriel Riqueti, conte di Mirabeau (Le Bignon-Mirabeau, 9 marzo 1749 – Parigi, 2 aprile 1791),, giunsero a giudicare l’interesse “usura contraria a natura”).
D’altronde tale concezione conteneva in se stessa gli elementi del proprio superamento: il lavoratore agricolo produce più di quanto non gli venga corrisposto come salario e quindi crea non solo i mezzi. della sua sussistenza, ma anche quel sovrappiù che in parte andrà all’affittuario capitalista (profitto), in parte al vero proprietario della terra (rendita). Ciò che quindi viene posto quale problema fondamentale e tale rimane, malgrado l’illusione dei fisiocrati di averlo risolto, è come mai il principio d’uguaglianza su cui si basa lo scambio delle merci (nello scambio, essi dicono, nessuno perde e nessuno guadagna) venga violato per l’esistenza del profitto, della rendita e dell’interesse. E non solo i Fisiocrati pongono il problema ma, senza volerlo, puntano il dito verso il “luogo dolente” della società, cioè verso la produzione e in particolare verso il rapporto “capitalista-lavoratore”.

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