IL BUGIARDO – Carlo Goldoni

IL BUGIARDO

La commedia Il bugiardo, portata sulla scena la prima volta a Venezia nel 1750, riprende e sviluppa un tema già presentato sotto lo stesso titolo dal francese Pierre Corneille (1606-1684), che l’aveva a sua volta imitato dal teatro spagnolo.

Lelio, figlio di Pantalone, è un ribaldo mentitore compulsivo che fa delle bugie, da lui definite spiritose invenzioni, una specie di missione. Cerca di conquistare Rosaura, ma alla fine rimarrà vittima delle sue stesse menzogne.

Personaggi

Dottor Balanzoni, bolognese, Medico in Venezia
Rosaura, sua figlia
Beatrice, sua figlia
Colombina, loro cameriera
Ottavio, Cavaliere padovano, amante di Beatrice
Florindo, bolognese, studente di medicina che abita in casa del Dottore; amante timido di Rosaura
Brighella, suo confidente
Pantalone, mercante veneziano
Lelio, il bugiardo, figlio di Pantalone
Arlecchino, servitore di Lelio
Un Vetturino napoletano
Un Giovane mercante
Un Portalettere
Una Donna che canta
Suonatori
Barcaioli di peota
Gondolieri

***

ATTO I

Dopo vent’anni di permanenza a Napoli presso lo zio paterno, torna a Venezia Lelio de’ Bisognosi, figlio di Pantalone. Il giovane, bugiardo per opportunismo, si attribuisce, per far colpo su Rosaura, figlia del Dottor Balanzoni, alcune galanterie. A compierle è stato, invece, il timido Florindo, studente di medicina ospitato dai Balanzoni, disperatamente innamorato di Rosaura. Lelio chiede la mano di Rosaura, ignaro del fatto che suo padre gliel’ha già ottenuta dal Dottore; mentre la sorella di Rosaura, Beatrice, è destinata al giovane cavaliere Ottavio, che, ingannato dalle menzogne di Lelio, dubita dell’onestà delle due sorelle e la rifiuta.

ATTO II

Rosaura e Lelio respingono i progetti matrimoniali imposti loro dai genitori, perché innamorati l’uno dell’altra, sebbene non si conoscano molto bene. Lelio fa credere al padre di non potersi sposare perché già sposato a Napoli e in procinto di diventare padre. Ma a smantellare le bugie di Lelio è Ottavio, che lo sfida a duello per vendicare l’onore di Rosaura e Beatrice.

ATTO III  

Pantalone scopre la disonestà del figlio da due missive a lui indirizzate: una attesta il suo celibato; l’altra è vergata da Cleonice Anselmi, una gentildonna romana a cui Lelio ha sottratto la dote con la promessa di sposarla. Lelio confessa le proprie menzogne, riconquistando la fiducia del Dottore e ottenendo la mano di Rosaura, quando Pantalone esibisce la lettera di Cleonice, che manda all’aria il piano del figlio. Florindo rivela di essere il segreto ammiratore di Rosaura, ottenendone la mano, mentre Lelio deve tener fede alla promessa data a Cleonice, giunta nel frattempo a Venezia.

***

La commedia è ambientata a Venezia, in un caratteristico campiello che s’affaccia sul Canal Grande. Il bugiardo è Lelio Bisognosi, figlio del facoltoso mercante veneziano Pantalone. Allevato a Napoli da uno zio, è un giovine di bell’aspetto, ma un po’ fatuo e leggero, e sempre a corto di quattrini perché ama la vita allegra e spensierata, in compenso è ricco di espedienti e la sua fantasia è un’inesauribile miniera di bugie, o meglio di “spiritose invenzioni”, come egli stesso ama definire le sue trovate.
Buon parlatore e sentimentale a modo suo, appena giunto da Napoli prende alloggio in una locanda e, prima ancora di recarsi alla propria casa a cercare il padre, del quale non ricorda neppure l’aspetto, si interessa di due dame che ha intravisto su un terrazzino al lume di luna. Sono Rosaura e Beatrice, figlie del medico bolognese Balanzoni, e la vispa Colombina è la loro cameriera.
Compaiono poi nella commedia Ottavio, cavaliere padovano amico di Lelio e innamorato di Beatrice; Florindo, praticante di medicina col dottor Balanzoni e segretamente innamorato di Rosaura; Pantalone, il dottor Balanzoni, Brighella, confidente di Florindo, e Arlecchino, servo di Lelio.
Il timidissimo Florindo, non trovando il coraggio di manifestare i suoi sentimenti a Rosaura, le fa giungere in forma anonima varie galanterie, sperando nell’intuito della ragazza, ma il furbo Lelio se le attribuisce senz’altro e riesce, con le sue chiacchiere, a far subito breccia nel cuore della giovane, desiderosa di accasarsi.
Però le sue sciocche vanterie eccitano la gelosia di Ottavio e costringono Florindo a rivelarsi, mentre l’onesto Pantalone scopre ad una ad una le bugie del figlio e, indignato, gli fa mantenere gli impegni matrimoniali assunti con una fanciulla romana che già è in viaggio per raggiungere a Venezia l’incostante fidanzato.
Semplice l’intreccio, ma vivaci le battute e divertenti le fantasie di Lelio, che si susseguono come /fuochi d’artificio fino alla conclusione, in cui il Bugiardo chiede perdono e promette di “non dire mai più bugie”: ma non sarà poi una bugia anche questa?

Come in tante altre commedie del Goldoni, i caratteri di molti personaggi sono colti dal vero e l’autore calca la mano, con sorridente arguzia, sui difetti degli uomini di ogni tempo.
Nella moralissima conclusione finale, il colpevole viene smascherato e la commedia si chiude con la previsione di triplici nozze: tutti sono felici, ma lo scrittore non crede che si possa “guarire” di certi vizi e ce lo lascia intendere attraverso un velo di bonario ottimismo. Lelio, possiamo esserne sicuri, continuerà a divertirsi con le sue “spiritose invenzioni”, Arlecchino farà del suo meglio per imitarlo, e Pantalone, intenerito, perdonerà ancora…
Frequente, in questa commedia, l’uso del dialetto veneto, che ben si adatta alle popolaresche espressioni di Arlecchino e a quelle di Pantalone; qua e là alcune “sgrammaticature” che possiamo facilmente perdonare al brioso commediografo, e che contribuiscono, talvolta, all’immediatezza della realtà scenica.

ALCUNE NOTE SU GOLDONI

Carlo Goldoni nacque a Venezia il 25 febbraio 1707 e seguì gli studi di filosofia in un collegio di Rimini, ma fin da ragazzo sentì una profonda attrazione per il teatro, ed è nota la sua fuga in barca a Chioggia – dove abitava la madre – con una compagnia di comici.
Conseguita poi la laurea in legge a Padova, esercitò per qualche anno l’avvocatura e sposò la figlia di un notaio, ma nel 1748 si impegnò per contratto ad essere il “poeta comico” – con l’obbligo di scrivere otto commedie all’anno – della compagnia dell’attore Agostino Medebach (1706-1796).
Diede così inizio alla composizione di una fortunata serie di commedie, fra le quali sono notissime La vedova scaltra (1748), La famiglia dell’antiquario (1749), Il bugiardo (compresa in un gruppo di sedici “commedie nuove” scritte, quasi per scommessa, fra il 1750 e il 1751), La locandiera (1752).
Dopo un periodo di accesa rivalità con Carlo Gozzi (1720-1806), scrisse una seconda serie di commedie che va da Gli innamorati (1759) a Le baruffe chiozzotte (1762).
Trasferitosi con la famiglia a Parigi, affianco all’attività teatrale quella di insegnante di italiano delle figlie del re Luigi XV, e poté godere un periodo di tranquillità e di benessere. Nel 1771 scrisse in francese Il burbero benefico e poi si dedicò alla stesura delle sue Memorie, che sono, sotto un certo aspetto, una commedia vissuta: la commedia della sua vita.
Travolto dal turbine degli eventi rivoluzionari e perduta la pensione reale, morì a Parigi nel 1793, lasciando alla vedova null’altro che un nome illustre.

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