FICO D’INDIA – Opuntia ficus-indica

FICO D’INDIA

Opuntia ficus-indica

Il fico d’India, genere Opuntia, deriva il suo nome da Opus, antica città della Grecia e capitale della Locride, la regione che per derivazione prese il nome di Opuntia. Il nome fu attribuito da Plinio a una pianta spinosa non ben identificata, che non aveva nessuna attinenza con l’attuale genere di origine esclusivamente americana e quindi sconosciuta fino alla scoperta dell’America. Essa produce frutti con colori che vanno dal giallo albicocca al rosso scuro, con polpa dolce e aromatica contenente dal 10 al 15% di zuccheri quasi totalmente assimilabili e una certa quantità di sali.

Gli indigeni del Messico mangiano le giovani pale prima che emettano le spine, fritte.
Opuntia coccinea viene coltivata soprattutto nelle Canarie perché viene parassitata da alcuni emitteri (Coccus cacti), dalle cui femmine si estrae il carminio, un colorante che veniva impiegato in tintoria e microscopia prima dell’avvento dei coloranti sintetici.

L’interno del frutto viene mangiato insieme ai semi, anch’essi commestibili. A seconda della varietà, la polpa dal giallo-verde o dal giallo-arancio al rosso ha un sapore agrodolce. La frutta può essere gustata sia cruda che lavorata come marmellata o come liquore. L’olio (olio di semi di fico d’india) può anche essere spremuto dai chicchi essiccati, che viene utilizzato per prodotti cosmetici e come olio da cucina. I giovani germogli verdi sono usati come ortaggi in Messico e in America centrale (Nopalitos, Nopales).


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