MAZZINI E MICKIEWICZ

Adam Bernard Mickiewicz

MAZZINI E MICKIEWICZ 

Una grande amicizia del Risorgimento italiano: ecco che cosa fu il legame d’affetto che unì il nostro Mazzini ad Adam Mickiewicz. il grande poeta e patriota polacco. Li accomunavano l’ardente patriottismo che non traligna mai in nazionalismo, ma si inquadra e si sublima nell’amore per le patrie altrui, la profonda, fraterna simpatia per tutti i popoli slavi e la presaga valutazione della missione storica di questi, le vedute sociali, tra cui primeggia la rivendicazione dei diritti della donna.

In ugual misura potrebbero esser riferite tanto ad Adam Mickiewicz quanto a Giuseppe Mazzini le parole che il primo pronunziava nel1840 a Parigi, aprendo il suo corso di letteratura slava: “Nella vita politica. delle nazioni vi sono uomini che, iniziati ai misteri delle tradizioni nazionali, guidano i popoli sulla via dell’avvenire”.

Ben presto fra i due si stabilirono vincoli ideali profondi, tanto che nel 1838 il Mazzini, lamentando nella prefazione alla sua traduzione italiana di Thomas Chatterton di Alfred de Vigny che la poesia più non servisse a riconfortare la vita dopo la morte di Byron e di Goethe, aggiungeva: “Forse il più grande poeta vivente è Mickiewicz… Ma Mickiewicz è proscritto e la poesia è proscritta come Mickiewicz”. Secondo un comune amico, Luigi Melegari, egli chiamava Mickiewicz “il Consolatore” e nel 1847 affermava di amarlo come il più potente poeta vivente.

Di Mickiewicz, il Mazzini non soltanto conosceva le Opere, ma ne aveva tradotte alcune: in italiano la celebre Ode alla madre polacca (1836), che mandò alla madre sua con parole commosse; in inglese, nel 1838, durante l’esilio a Londra, un frammento degli Avi, il Farys (cioè, in arabo, Il cavaliere, in onore di un eroe polacco creato emiro dagli Arabi per le sue leggendarie imprese) e il sonetto La tomba della Potocka, giovane polacca rapita per conto del Kan di Crimea e morta in esilio.

I loro rapporti divennero diretti allorché il 1° maggio 1848 Mickiewicz giunse da Roma a Milano col suo manipolo di legionari, che avevano come motto sulla loro bandiera: “Per la nostra libertà e per la vostra” – e che, con altri compatrioti, richiamati dall’appassionato appello di Mickiewicz, combatterono poi il 6 giugno a Desenzano, contro gli Austriaci.

Mickiewicz portava con sè da Firenze una lettera di presentazione per Mazzini, ma non ne ebbe bisogno, chè l’indomani del suo arrivo,. il 2 maggio, gli giungeva questa lettera. che non si può leggere senza ammirare la modestia, quasi l’umiltà che ne spira: “Fratello, accordatemi questo nome. Io non ho con voi la fratellanza del genio, ma ho la fraternità delle aspirazioni, delle speranze e della fede nella crociata religiosa dell’Umanità e della mia patria… Ho letto con amore le vostre opere e desidero ardentemente vedervi. Verrete fissarmi un’ora?… Vostro ammiratore e fratello.  G. Mazzini”.

A questo incontro, che rinsaldò la comunanza dei loro ideali, Mickiewicz si riferiva quasi un anno dopo, quando, con la sua lettera del 15 marzo 1849 offri a Mazzini, e cioè alla Repubblica Romana, proclamata il 9 febbraio, l’aiuto della sua Legione, rimasta inoperosa dopo i disgraziati avvenimenti di Lombardia. “Voi avete bisogno di soldati e di ufficiali – egli scrive. – Tutti gli emigrati polacchi sono soldati e noi abbiamo molti ufficiali…”.
E più avanti: “La legione polacca è un esercito repubblicano e socialista… Essa vuol servire l’Italia, sua sorella, quale ausiliaria. I nostri ufficiali, i nostri soldati non vengono a voi per conquistarsi dei gradi nè per far fortuna. Essi combattono nell’interesse comune dei popoli…”.

L’offerta fu accolta. A Roma la Legione diede generoso tributo di valore e di sangue nei combattimenti di Velletri il 19 maggio e sui colli Parioli il 15 giugno: il 19 maggio essa ebbe solenne riconoscimento ufficiale da parte del Triumvirato in una dichiarazione redatta da Mazzini, ma evidentemente ispirata da Mickiewicz, che da Parigi seguiva e dirigeva la Legione.
Questa fraternità negli ideali e nella sventura, consacrata dal sangue versato dai Polacchi sui campi lombardi e sui colli romani, per la libertà d’Italia; e dagli Italiani con Francesco Nullo nel 1863 per la libertà della Polonia, sembra trovare il suo simbolo in Emilio Morosini, il difensore di Villa Spada insieme a Luciano Manara, morto all’assedio di Roma del ’49, impugnando la sciabola e la pistola che erano appartenute a Taddeo Kosciuszko, il popolare eroe polacco.

VEDI ANCHE . . .

GIUSEPPE MAZZINI – La Giovine Italia

MAZZINI E IL SOCIALISMO

MAZZINI E MICKIEWICZ

SCRITTORI POLITICI DELL’800 ITALIANO – GIUSEPPE MAZZINI

LA FILOSOFIA DEL RISORGIMENTO – ROMAGNOSI, GALLUPPI, MAZZINI, ROSMINI, GIOBERTI

.