LA FILOSOFIA DEL RISORGIMENTO – ROMAGNOSI, GALLUPPI, MAZZINI, ROSMINI, GIOBERTI

LA FILOSOFIA DEL RISORGIMENTO

ROMAGNOSI, GALLUPPI, MAZZINI

L’empirismo, il determinismo e l’utilitarismo, come informarono le opere di non pochi filosofi francesi e inglesi del primo Ottocento, così inspirarono anche alcuni pensatori italiani, quali l’economista ideologo MELCHIORRE GIOIA di Piacenza (1767-1829), che scrisse. fra l’altro, il trattato storico-filosofico Del merito e delle ricompense, e GIACOMO LEOPARDI di Recanati (1798-1837), la cui filosofia, sebbene non compiutamente svolta nelle Operette morali, ha le note dominanti dell’agnosticismo, del fatalismo e del pessimismo e risente, in generale, delle idee illuministiche.

Occupano un posto a parte i due ideologi empiristi Gian Domenico Romagnosi e Pasquale Galluppi.

GIAN DOMENICO ROMAGNOSI nacque a Salsomaggiore nel 1761 e morì a Milano nel 1835. Eminente giurista, fu, in filosofia, incline all’eclettismo, quantunque prevalesse in lui la tesi empiristica, pure cercò di soddisfare la duplice esigenza dell’attività dello spirito e dell’oggettività delle cose. Ebbe forte anche il senso storico, che egli ammirava in Giambattista Vico. Delle sue opere, le principali sono: Genesi del diritto penale; Scienza delle costituzioni (postuma); Dell’indole e dei fattori dell’incivilimento, con esempio del suo risorgimento in Italia.

Fra i discepoli del Romagnosi van ricordati i milanesi CARLO CATTANEO (1801-1869) e GIUSEPPE FERRARI (1811—1876), quello tendente al positivismo e questo allo scetticismo.
PASQUALE GALLUPPI nacque a Tropea di Calabria nel 1770 e morì a Napoli nel 1846. Buon espositore e critico, ha il merito di aver contribuito a far conoscere all’Italia le nuove correnti della filosofia europea, specialmente tedesca. Pur subendone l’influenza, seppe dare alle sue dottrine un carattere notevolmente personale. Ammise l’esperienza sensibile come base del conoscere, ma riconobbe la parte che spetta, nell’atto conoscitivo, all’ attività spontanea unificatrice propria dello spirito. Per lui la testimonianza della validità del conoscere è la certezza della coscienza, che è insieme soggettiva e oggettiva, poichè “sentire, percepire, volere” è “sentire, percepire volere qualche cosa di reale“.

Questo “qualche cosa” è la realtà vera, non soltanto la realtà fenomenica (come voleva il Kant), perchè il fenomeno separato dalla sostanza non sarebbe che un’astrazione. Opere principali: Saggio filosofico sulla critica della conoscenza; Elementi di filosofia; Lettere filosofiche (o storia della filosofia da Cartesio in poi); Lezioni di logica e di metafisica. La filosofia del Galluppi è stata anche denominata “Filosofia dell’esperienza”.

Lo spiritualismo italiano del Risorgimento si presenta come reazione al razionalismo illuministico e al sensismo, che in filosofia ne era derivato; si presenta, poi, come pieno risveglio della tradizione storica dello spirito italiano. Costituisce un movimento di notevole importanza; su di esso influisce anche il pensiero europeo del tempo; anzi, l’esser l’Italia rientrata allora vivamente nel moto della vita europea è stato un lievito efficace all’affermarsi del sentimento italiano di rinascita civile, morale, religiosa, patriottica. Non si trattò di semplice e solitaria contemplazione, ma di pensiero e di azione. Spiritualisti furono quasi tutti i migliori patrioti del tempo, benchè con vedute diverse.

Alla corrente spiritualistica italiana dell’Ottocento appartengono il MANZONI (1785-1873) (notevoli, per la filosofia, le Osservazioni sulla morale cattolica e il dialogo Dell’invenzione, d’ inspirazione rosminiana), NICOLÒ TOMMASEO, RAFFAELLO LAMBRUSCHINI, GINO CAPPONI, TERENZIO MAMIANI e, benchè di ben altro animo, il Mazzini (1805-1872), l’apostolo del Risorgimento.

GIUSEPPE MAZZINI, deista, umanitario, aperto alle correnti romantiche e ideali del tempo, fervido suscitatore d’idee e di sentimenti: credente nell’immancabile avvenire di un’Italia nuova, unita, moralmente e civilmente grande, maestra un’altra volta al mondo: credente in un’ascesa inevitabile, provvidenziale degli uomini del lavoro: credente in un’Internazionale dei popoli affratellati: propugnò, lottò, soffrì per la libertà, l’indipendenza, l’educazione morale e nazionale del popolo italiano, per il progresso spirituale della società. Dei molti suoi scritti, tutti brevi, per la necessità dell’azione e il fine propagandistico, ricordiamo il libro dei Doveri degli uomini.

IL ROSMINI E IL GIOBERTI

ANTONIO ROSMINI SERBATI nacque a Rovereto nel 1797. Studiò all’università di Padova, fu sacerdote, fondò l’Istituto della Carità, si trovò a Roma negli ultimi mesi del 1848, mandatovi dal governo piemontese in missione presso Pio IX, scrisse numerose opere di filosofia, diritto, politica, ascetica; sostenne vive polemiche; morì prematuramente a Stresa nel 1855.
Opere principali: Nuovo Saggio sull’origine delle idee; Teodicea; Teosofia; Psicologia; Logica; Principii di scienza morale; Filosofia del diritto; Del supremo principio della metodica.

La filosofia del Rosmini risale alla tradizione greca e cristiana. Benchè sia aperta alle tendenze moderne e ne subisca l’influenza, tuttavia è nettamente avversa all’idealismo immanentistico e soggettivo. Secondo il Rosmini, la verità è da noi conosciuta perchè esiste oggettivamente; non è da noi creata, a priori, soggettivamente; né da noi, singoli, né dallo spirito umano in generale.

Siccome poi nessun atto conoscitivo sarebbe possibile senza la capacità di conoscere, così bisogna ammettere che questa venga all’esistenza per una primordiale e diretta illuminazione dello spirito umano da parte della verità medesima. Tale verità è l’essere ideale, presente a noi dalla nascita, divina “forma” della nostra ragione, per la qual forma entriamo in relazione diretta di conoscenza con le cose finite, mediante le sensazioni (relazione che è una specie di loro ricreamento), e ci eleviamo, con una conoscenza indiretta (ragionando), fino a Dio medesimo.

Le sensazioni sono modificazioni del “sentimento fondamentale”, ossia della coscienza immediata che ognuno ha di sè come essere corporeo. Sensazioni e “idea dell’essere” dànno luogo, nell’uomo, alla percezione intellettiva, che è un vero e proprio giudizio, di cui il dato sensibile e il termine-soggetto e l’idea dell’essere è il predicato. Così ci mettiamo in rapporto conoscitivo con tutto ciò che è essere.

La conoscenza è riconoscimento teoretico dell’essere, l’atto di volontà ne è il riconoscimento pratico; e quando questo secondo riconoscimento è conforme al precedente, c’è moralità.

VINCENZO GIOBERTI nacque a Torino nel 1801 e morì a Parigi nel 1852. Anche egli fu sacerdote. Il suo nome è molto legato anche alla storia del nostro Risorgimento, per il neoguelfismo da lui propugnato. Fu due volte in esilio. Celebri, sotto l’aspetto politico non meno che sotto quello filosofico, sono le sue opere Il primato morale e civile degli italiani  e Il rinnovamento civile d’Italia. Altre opere notevoli sono: Teorica del soprannaturale; Introduzione allo studio della filosofia; Protologia.

Contrariamente al Rosmini, che nello spiegare la conoscenza teneva ben distinto l’essere ideale (principio gnoseologico) dall’essere reale (principio ontologico), il Gioberti li identificava e perciò, per lui, ogni nostra cognizione implica l’intuizione dell’ essere assoluto. Egli riteneva che all’essere, la cui idea, universale e necessaria qual è, si trova al fondo d’ogni nostro pensiero e resiste a ogni negazione, si dovesse, per evitargli il carattere di vuota astrazione, riconoscere valore di viva realtà e di causa efficiente, senza però cadere né nel monismo panteistico né nell’ammissione di due assoluti.

Il Gioberti credette di ottenere lo scopo ricorrendo all’idea di un effetto, che, non partecipa della natura dell’essere in sè (cioè dell’ assoluto), ma è liberamente prodotto, per atto di volontà, cioè “creato”. Tale effetto quindi non è, ma solo esiste; l’esistenza è qualche cosa che viene, che esce, dall’essere, secondo il vero senso della parola latina ex-sistere. Gioberti formulava il suo concetto coll’aforisma “L’Ente crea l’esistente“. In Dio, essere reale e creante, vediamo, distinte da lui, le cose esistenti, create.

Si snoda così il nostro processo conoscitivo, dall’intuizione alla riflessione, mediante le rappresentazioni. La conoscenza sensibile e razionale è poi integrata dalla rivelazione, che ci apre la porta anche del soprannaturale. Così ragione e fede si conciliano e si completano. Quanto alla vita morale, la creatura deve tendere al suo creatore; quindi la legge morale è espressa dalla formula: “L’esistente deve ritornare all’Ente“. Cosi il circolo logico-ontologico-etico si chiude.

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