LE EPISTOLE – Francesco Petrarca

 LE EPISTOLE

Francesco Petrarca sentì il bisogno di parlare di sé e di fare sé centro del mondo. Di qui le moltissime lettere sue che egli stesso, almeno in gran parte, trascelse e ordinò, da quando era a Milano, ospite dei Visconti. Le chiamò Epistole familiari (De rebus familiaribus) e le distribuì in ben 24 libri, fino al 1361.
Quelle che scrisse poi sino alla morte gli amici compilatori chiamarono Seniles (della vecchiaia): e sono in 17 libri. Variae furono chiamate le altre molte che, raccolte dopo le collezioni precedenti, non trovarono più posto fra esse. Il Petrarca scrive al fratello, agli amici (che spesso chiama con pseudonimi classici), anche a principi, a dogi, all’imperatore, a papi. Troppo manifesta l’intenzione di fare – diremo noi – della letteratura. È l’uomo che scrive con la consapevolezza che il pubblico lo leggerà, e a cui 1a lettera é pretesto a divagazioni morali e a virtuosità descrittive.

Quindi é che un gruppo di lettere è diretto a grandi uomini antichi (Cicerone, Varrone, Virgilio), dei quali il Petrarca si sente contemporaneo, più che della generazione sua; benché
non manchi di fare anche a loro i1 pedante addosso, e di rimproverare, per esempio, Cicerone di aver preferito la vita attiva alla contemplativa, e Virgilio di essere stato troppo immorale nell’episodio di Didone. Importante è il corpo di lettere, dalle quali, per non compromettere i destinatari, tolse l’indirizzo: quindi si chiamano Epistolae sine titulo (lettere senza rindirizzo).
Rappresentano al vivo, deplorandoli con parole di fuoco, gli scandali della corte pontificia in Avignone: della nuova Babilonia. Fa parte a sé la Epistola ad posteros, in cui l’autore narra brevemente i casi della propria vita, non estendendosi pero oltre il 1350.