POESIE POLITICHE – Francesco Petrarca

POESIE POLITICHE

Alle rime d’amore, sono frammiste nel manoscritto vaticano alcune rime d’altro argomento, che gli editori pubblicarono poi generalmente a parte. Sono, tolte alcune coserelle di minor conto, tre sonetti, e tre canzoni.
I sonetti esprimono lo sdegno e la nausea del poeta per la vita dissolutissima della corte papale in Avignone; e si possono considerate perciò come compendi delle Epistolae sine titulo, delle quali ho già parlato. La collera del poeta “contro l’avara Babilonia”, contro la “putta sfacciata” arriva a tanto, da augurarsi che la Chiesa cada sotto il dominio di un Soldano (papa riformatore), che adempia su di lei i castighi divini. Una delle canzoni (Italia mia, benché il parlar sia indarno) composta probabilmente durante la guerra intorno a Parma, di cui il poeta, come si disse, fu testimonio e, per qualche rispetto, vittima, é indirizzata ai Signori d’Italia, che il poeta ammonisce alla concordia, e a cacciare dall’Italia le soldatesche germaniche (erano le prime compagnie di ventura), in cui ciascuno di essi stoltamente fidava. La parole. del poeta é piena di tristezza e di scoramento; e sin dal principio egli si rivolge a Dio perché spetri Egli i cuori induriti. La miseria dei più umili, che sono le vittime vere della guerra, trova un’espressione piena di pietà. È una canzone tremante di lacrime, che si confonde con l’elegia: la più intima ed eloquente delle non poche canzoni, o apostrofi all’Italia, che, sull’esempio di questa, si scrissero poi. Un’altra canzone, Spirto gentil, che quelle membra reggi, é rivolta ad “un Signor valoroso accorto e saggio”, il quale é riuscito a conquistare in Roma la suprema potestà, e da cui Roma attende di essere ritornata al suo antico splendore. La mente come a quel tribuno Cola di Rienzo, nel quale il poeta ripose tante speranze. Ma alcuni passi del testo sembrano opporsi a questa interpretazione. Si pensò ad altri personaggi che furono nominati, per le vie consuete, senatori di Roma (i due senatori rappresentavano la più alta funzione civile): al vecchio Stefano Colonna: o a Bosone da Gubbio. La canzone é una evocazione degli eroi romani, lieti oramai di vedere la loro Roma ancora bella; é un invito all’eroe a proseguire senza paura nella sua impresa di sopprimere le prepotenze delle nobili famiglie romane; ed è tutta pervasa da un sentimento della grandezza di Roma, spirante ancora dalle sue rovine, dalle antiche mura che ancor teme ed ama – E trema il mondo.
In realtà é più oratoria che lirica; come un’orazione anche più che una canzone é l’altra O aspettata in ciel beata e bella, diretta forse ad un sacro oratore, perché infiammi gli Italiani a passare il mare, per una delle tante e infelici spedizioni in Terra Santa, che tennero dietro all’età fervida di fede e di odi delle Crociate.

VEDI ANCHE . . .

FRANCESCO PETRARCA – La vita

IL PETRARCA LATINO

LE EPISTOLE – Francesco Petrarca

POEMI LATINI –  Francesco Petrarca

BUCOLICUM CARMEN – Francesco Petrarca

IL CANZONIERE – Francesco Petrarca

POESIE POLITICHE – Francesco Petrarca

TRIONFI – Francesco Petrarca

.