CAROLINA INVERNIZIO

CAROLINA INVERNIZIO

Carolina Invernizio (Voghera, 28 marzo 1851 – Cuneo, 27 novembre 1916) è stata una scrittrice italiana, fra le più popolari autrici di romanzi d’appendice tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.

È stata, probabilmente, la più prolifica scrittrice italiana: circa 130 titoli, pubblicati in una lunga e onorata carriera. Carolina Invernizio detiene però anche un altro primato, quello delle stroncature; nessuna come lei si è attirata tanti insulti sanguinosi, forse a causa dell’imperdonabile successo, dell’amore appassionato dei lettori e soprattutto delle lettrici. L’icastico appellativo di Antonio Gramsci, “onesta gallina della letteratura italiana”, e quello di Bruno Cassinelli, “conigliesca creatrice di mondi”, non sono nulla di fronte all’indignata accusa di Gian Pietro Lucini: “Impudente scombiccheratrice di carte”. Non si può nemmeno dargli tutti i torti: le trame di Carolina sono un delirio di insensatezza, tra colpi di scena drammatici, veri e finti cadaveri, figli perduti e ritrovati. Eppure, Giovanni Papini, grande fustigatore letterario, avanza un dubbio: “Una fortuna così così lunga e vasta non può essere senza ragioni, né tutte le ragioni possono essere a disdoro della scrittrice o de’ suoi fedeli”. Lei, fiduciosa nella missione pedagogica del romanzo popolare, si consola con una punta di malizia: “Io ho dei critici un’allegra vendetta.. Chè le mie appassionate lettrici ed amiche sono appunto le loro mogli, le loro sorelle”.
La straordinaria diffusione delle favole nere della Invernizio è collegata al successo dei feuilleton e ai primi assaggi di letteratura di massa; con lei, dopo Mastriani, nasce il romanzo popolare italiano, sul modello di quello francese di Eugène Sue o di Ponson du Terrail. Ai collaudati moduli narrativi del racconto d’appendice, Carolina aggiunge però qualcosa di suo: sa come parlare alle donne. Nei suoi libri esplode un protagonismo femminile, che senza travalicare i confini della cultura patriarcale, corrode e indebolisce. Le eroine della Invernizio concentrano su di sé ogni potere e ogni ruolo, spingendo gli uomini ai margini dell’intreccio. La scena domestica si dilata, rivelandosi un classico interno con delitto, luogo privilegiato di segreti inconfessabili, di prevaricazioni e tormenti silenziosi, dove la giustizia sociale – la giustizia del mondo maschile – non può arrivare. Se il privato e zona di clausura femminile, è lì che le donne devono unirsi in alleanza, assumendosi la responsabilità di riportare l’ordine, la salvezza, la redenzione. La Invernizio, religiosissima e devota alla Madonna, inventa una sorta di matriarcato narrativo, in cui l’eroina-giustiziera sa proteggere il nucleo familiare da insidie e malvagità, ricorrendo alla forza simbolica dell’onnipotenza materna.

La biografia della Invernizio è tanto priva di eventi quanto le sue pagine sono fitte di delitti efferati, agnizioni a catena, tradimenti e punizioni orribili. Figlia di Anna Tattoni e del cavalier Ferdinando, Carolina studia da maestra, come le sorelle. Da Voghera la famiglia si trasferisce presto a Firenze, dove il padre, funzionario di casa Reale, viene nominato direttore delle imposte. La vocazione della giovane studentessa si manifesta precocemente, e viene subito percepita come incongrua e pericolosa: un suo racconto, pubblicato sul giornalino scolastico, suscita scandalo, facendole rischiare l’espulsione. I genitori, preoccupati dalle inquietanti fantasie che le sue pagine rivelano, premono per il matrimonio con un nobile di Montevarchi, ma Carolina si sottrae e si dedica al lavoro. Nel 1877 Salani pubblica il secondo romanzo in volume della scrittrice, Rina o l’Angelo delle Alpi (il primo è Un autore drammatico, del 1976). Lei premierà la fiducia dell’editore fiorentino rendendolo ricco, rimanendogli sempre fedele, e soprattutto accontentandosi della cifra, non certo straordinaria, di 600 lire a romanzo.

Nel 1881 Carolina incontra l’uomo della sua vita, il romantico tenente dei bersaglieri Marcello Quinterno. Dopo un breve fidanzamento lo sposa, e pochi anni dopo gli dedica uno dei suoi romanzi più famosi e riusciti, Il bacio di una morta: “Al distinto e colto signor Marcello Quinterno”. Inizia così una tranquilla esistenza da signora borghese, turbata solo dal grande dolore della sua vita, la morte dell unica figlia, Marcella. A Torino, dove il marito dirige il panificio militare, la Invernizio si veste nelle migliori sartorie, riceve ogni lunedì, e il sabato va a pregare al Santuario della Consolata. La sua attività di scrittrice e altrettanto regolare: siede al tavolo di lavoro tutte le mattine dalle sette alle dodici, scrivendo anche due romanzi per volta; per evitare confusioni nelle trame, la sorella Vittorina rilegge i testi, e stila quotidianamente l’elenco dei personaggi passati a miglior vita. Fra i suoi titoli più noti, La gobba di Porta Palazzo, La maledetta, La sepolta viva, fino all’ultimo, Morta d amore, del 1916 (ma ne usciranno tre postumi). Carolina Invernizio muore di polmonite nel 1916, ha 65 anni, ma ne dichiara 58, barando sulla data di nascita. Nonostante tanta meticolosa regolarità esistenziale, non ha mai rinunciato alla civetteria femminile.

Eugenia Roccella, 2003

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