TORQUATO TASSO – Vita e opere

TORQUATO TASSO

Premessa

Torquato Tasso segna il passaggio dall’epoca della piena fioritura rinascimentale al secolo seguente. Il Tasso visse in un periodo in cui i valori che erano stati alla base della civiltà rinascimentale (innanzitutto la fiducia nell’uomo e nella sua autonoma capacità di costruire un mondo idealmente “perfetto”) sono entrati in crisi; alla società fondamentalmente laica, anche se non antireligiosa, del ‘400 e del primo ‘500, si va sostituendo un mondo in cui il problema religioso (con lo scontro tra il Cattolicesimo della Controriforma e il Protestantesimo, e tra fede e spirito scientifico) è divenuto di nuovo uno dei nodi basilari. Inoltre egli visse in Italia, in un paese, cioè, dove tutti questi problemi assumevano un aspetto particolarmente drammatico per la dolorosa situazione politica.

La figura del Tasso è interessante-, oltre che per il valore artistico della sua opera, anche perché riflette assai bene le contraddizioni e i tormenti della sua epoca e in particolare la crisi in cui si venne a trovare la figura stessa dell’intellettuale. Le angosce del poeta, la sua instabilità, la sua “follia”, sono, prima ancora che fatti privati, il segno del suo tempo, di tutti questi problemi (politici, religiosi, sociali e più propriamente culturali) a cui abbiamo accennato.

La vita

Torquato Tasso nacque a Sorrento nel 1554. A dieci anni si trasferì a Roma con il padre: ne provò un grandissimo dolore, reso ancor più acerbo dalla morte improvvisa della madre, avvenuta due anni più tardi. Il padre si stabilì poi a Pesaro: qui il Tasso trascorse alcuni anni felici e compose, appena diciottenne, il poema epico “Rinaldo” e le rime per Lucrezia Bendidio e Laura Peperara.

Nel 1565 il poeta si trasferì a Ferrara per servire gli Estensi. Inizialmente il periodo ferrarese fu abbastanza tranquillo, benché turbato da un grave esaurimento nervoso, destinato a trasformarsi in breve tempo in nevrastenia acuta e in una vera e propria mania di persecuzione.

Tasso fuggì allora dalla città e iniziò un triste pellegrinaggio tra le più importanti Corti italiane. Nel 1579 decise di tornare a Ferrara: qui in un accesso d’ira inveì violentemente contro il duca Alfonso II, che lo fece rinchiudere nell’ospedale di Sant’Anna, considerandolo più un prigioniero che un ricoverato.

Nel 1586 alcuni amici fedeli riuscirono a farlo liberare; il poeta però non era cambiato e continuò la sua vita errabonda fin quando, nel 1595, la morte lo colse a Roma nel monastero di Sant’Onofrio al Gianicolo.

Le opere minori

Il Tasso ha scritto moltissime rime, circa 2000, di diverso contenuto e di diversa ispirazione: accanto ai versi che esprimono sentimenti d’amore e di ammirazione per la bellezza femminile, ve ne sono molti altri che trattano argomenti religiosi e manifestano le ansie e i tormenti del suo animo malato, esaltando la bellezza e il fascino malinconico della natura.

Particolarmente interessante è la “Aminta“, la più bella favola pastorale del ‘500, i “Dialoghi“, sincera testimonianza delle ansie e delle preoccupazioni che travagliarono l’animo del poeta, e lo “Epistolario“ che offre un’interessante panorama della sua esistenza.

La “Gerusalemme liberata”

Nella “Gerusalemme liberata” il Tasso narra alcune vicende della prima Crociata, culminanti nella conquista della città da parte dell’armata cristiana agli ordini di Goffredo di Buglione.

L’ispirazione del Tasso fu inizialmente soltanto religiosa: il suo scopo infatti era quello di esaltare la Chiesa e l’eroismo dei combattenti cristiani. I numerosi episodi d’amore, le vicende di Armida e Rinaldo, le avventure di Argante e Solimano, inseriti nel racconto soltanto con il fine di abbellirlo, lo trasformarono però in un poema romanzesco.

Le pagine più belle della “Gerusalemme liberata” sono proprio quelle in cui il Tasso, dimentico di ogni preoccupazione morale, esprime sinceramente la sua visione drammatica e dolorosa di tutte le vicende umane, il dramma dei valorosi destinati a soccombere di fronte all’ineluttabilità del destino e la malinconia nata dalla consapevolezza della caducità di tutte le cose terrene.

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