LA MUSICA ROMANTICA – Ludwig van Beethoven

LA MUSICA ROMANTICA

Premessa

I fermenti, la ribellione, le proposte nuove che in campo filosofico e letterario avevano segnato la nascita di quel tumultuoso movimento che fu il Romanticismo, non tardarono a manifestarsi nella musica, sia pure con processo più lento e con caratteristiche globali ancor più difficilmente definibili. Comunque, e fatta eccezione per il solo melodramma, la nascita del romanticismo musicale – e si potrebbe dire senz’altro della musica moderna – coincide con l’opera genialissima di Ludwig van Beethoven, il più grande compositore d’ogni tempo.

 Ludwig-van Beethoven

La vita – Nato a Bonn nel 1770 da una famiglia di origine fiamminga, Ludwig viene ben presto iniziato alla musica dal padre Johann, cantore di Corte. A sette anni si esibisce cori successo, suonando l’organo e il clavicembalo; il padre spera che egli possa diventare, un prodigio di precocità musicale come lo era stato Mozart. Incoraggiato, Beethoven prosegue gli studi sotto la guida di maestri esperti. A 10 anni inizia, di fatto, l’attività professionale, sostituendo sempre più spesso il suo maestro all’organo della cappella o suonando in sua vece il clavicembalo nelle rappresentazioni teatrali.

Le sue evidenti capacità gli procurano una certa fama: nel 1787, a Vienna, Mozart esprime pieno apprezzamento per le doti pianistiche di Ludwig. Negli anni immediatamente successivi, tristi vicissitudini familiari (la morte della madre, il licenziamento del padre, dedito al bere) lo costringono ad assumere il peso della famiglia. Nel 1795 è ancora a Vienna per seguire l’insegnamento di Haydn. Come maestro il grande Haydn lo delude e Ludwig preferisce prendere lezioni da Schenk e Salieri, meno celebri ma più dotati nell’arte dell’insegnare.

Un periodo breve ma importante si apre nella vita di Beethoven: dal 1795 al 1800 egli raggiunge, infatti, le soglie del successo, della piena affermazione (di questi anni è, tra l’altro, la sonata in do minore per pianoforte, la celeberrima “Patetica“). Ma è solo una parentesi di serenità e di certezze: due anni più tardi, infatti, comincia ad avvertire i sintomi del male che lo porterà alla sordità quasi completa.

L’esistenza dell’artista si fa difficile, dura. In triste solitudine – le donne che ama non sanno comprenderlo e corrispondere al suo bisogno d’affetto – egli si rinchiude nella sua arte creando, nonostante il male e le avversità, una grande musica. Nei primi anni dell’800 compone le prime tre sinfonie, tre concerti per pianoforte e orchestra e le sonate op. 27 (tra queste le impareggiabili “Al chiaro di luna” e “Appassionata“) e ancora tre quartetti e un’opera, il “Fidelio“.

Nel 1808 riceve l’offerta di trasferirsi in Francia quale maestro di cappella, ma l’arciduca Rodolfo d’Austria e altri amici scongiurano Beethoven a non lasciare Vienna, impegnandosi a versare al maestro una pensione che gli consenta di lavorare senza preoccupazioni. Intanto il male si aggrava, mentre crescono fama e riconoscimenti. Il “Fidelio“, riscritto per la terza volta, ottiene finalmente un enorme successo, autorevolmente avallato dalla presenza dei monarchi e governanti convenuti a Vienna per lo storico Congresso.

Quasi del tutto sordo, afflitto da penose vicende familiari, Beethoven crea i suoi ultimi capolavori: la “Missa solemnis op. 123“, la “Nona sinfonia“. Muore, a cinquantasette anni, nel 1827.

Musica e personalità di Beethoven – Sarebbe difficile trovare aggettivi adatti a esprimere compiutamente il valore e l’importanza culturale della musica beethoveniana. Oggi, a oltre due secoli e mezzo dalla nascita del maestro, le sue sinfonie, le sonate costituiscono fonte ancora inesausta di emozioni, di godimento spirituale. La sua musica arriva talora persino attraverso la manipolazione che dei suoi temi fanno i moderni “arrangiatori” di canzoni e di motivi di “consumo” (basti pensare al sempre rinnovato successo dei temi musicali, rielaborati in mille forme, delle sonate “Al chiaro di luna” e “Per Leonora“) – ad una platea eccezionalmente vasta che supera enormemente la cerchia degli intenditori e che tende a crescere per effetto della costante emancipazione culturale delle grandi masse.

Questa semplice considerazione può valere, forse meglio di altre, a dar la misura della grandezza e della vitalità di una musica capace di entusiasmare gli animi e le intelligenze con immutata intensità. Beethoven aveva cominciato a comporre e ad affermarsi, avendo naturalmente presenti i grandi modelli viennesi del ‘700, Mozart e Haydn.
Ma della lezione di questi fu interprete ricco d’autonomia e di spirito critico, rielaborandola genialmente e finendo poi col distaccarsene del tutto. Con le ultime composizioni, Beethoven recide i legami ormai esilissimi che ancora l’uniscono al Classicismo. Naturalmente una qualsiasi invenzione musicale non può prescindere dal mezzo strumentale destinato a diffonderla, e Beethoven cominciò subito a porre mano all’orchestra, cercando, con successo, di rinnovarla. Egli tese a superarne i limiti di suono introducendo, per irrobustire le sue capacità espressive, voci soliste e corali, come nella Nona sinfonia.

Nelle sonate per pianoforte e nei quartetti, ripropose la forma della fuga e del recitativo strumentale. In altre parole, egli portò l’insieme degli strumenti a interpretare idee e contenuti che mai prima di allora la musica aveva espresso. Alle note Beethoven affidava non più la funzione di raffinato svago intellettuale per pochi, ma quella di messaggio dotato di una fortissima carica morale, tale da poter raggiungere tutti gli uomini. Ritroviamo qui i segni – uno dei segni, perlomeno – che distinsero l’avvio della rivoluzione romantica.

Nei tempestosi avvenimenti che caratterizzarono l’epoca in cui visse – dal crollo dello “ancien regime“ all’avventura napoleonica – Beethoven non cessò mai di porre a fondamento della sua arte gli ideali di libertà e dignità dell’uomo.
È celebre l’episodio legato alla stupenda terza sinfonia in mi bemolle op. 55, nota come l’ “Eroica“: inizialmente dedicata a Bonaparte, Beethoven fece cancellare l’iscrizione che figurava sulla partitura dopo che Napoleone si era fatto incoronare imperatore, tradendo così gli ideali repubblicani. A questi ideali Beethoven non rinunciò mai: essi rappresentavano il tramite o, meglio, il comune terreno di incontro tra la sua musica e le moltitudini umane. E cercò, per questo, di rendere sempre più chiaro e intelligibile ciò che aveva da dire, impegnandosi in una costante ricerca stilistica, nell’approfondimento del linguaggio musicale, e delle sue capacità espressive, a prezzo di un ininterrotto tormento creativo.

Le sinfonie – Per dare il senso di ciò che di nuovo e prorompente rappresentarono, per i contemporanei, le sinfonie di Beethoven, basterebbe ricordare le parole che un musicista intelligente e sensibile, Weber, pronunciò dopo aver ascoltato la settima sinfonia: “Ludwig è maturo per il manicomio”. E in effetti l’opera di  rinnovamento che il maestro aveva compiuto nel campo della sinfonia aveva tali dimensioni e qualità da sconcertare l’élite musicale del tempo.

Le sue sinfonie appaiono intessute su una trama fittissima di ritmi e di emozioni, toccano altezze vertiginose (e conoscono anche qualche pausa retorica). Ne compose nove, che citiamo: 1a sinfonia in do maggiore op. 21.., 2a in re maggiore op. 36.., 3a in mi bemolle op. 55.., “Eroica“, 4a in si bemolle op. 60.., 5a in do minore op. 67.., 6a in fa maggiore op. 68.., “Pastorale“, 7a in la maggiore op. 92.., 8a in fa maggiore op. 63.., 9a in re minore op. 125.
Con queste sinfonie Beethoven dette una definitiva sistemazione all’orchestra moderna. Gli impresari teatrali attrezzarono sale apposite per consentirne l’ascolto nelle migliori condizioni. La musica sinfonica si affermava, con Beethoven, come prodotto culturale di massa.
Vorremmo qui suggerire a chi mi segue, l’ascolto di almeno tre delle sinfonie beethoveniane e cioè della terza, della sesta e della nona. Per il loro carattere e per la loro enorme capacità di “presa” sugli ascoltatori, indipendentemente dal grado di preparazione musicale da questi posseduto, esse rappresentano tre esempi illuminanti del genio del maestro.

La Terza sinfonia, “Eroica“, è una costruzione musicale imponente, adeguata al tema ideologico che la ispira, ossia l’esaltazione, in Bonaparte (e poi genericamente nel “sovenire ,di un grand’Uomo”) delle grandi passioni ideali suscitate dalla Rivoluzione francese. Particolare innovazione della “Terza” è la sostituzione dell’adagio con la marcia funebre. Da un punto di vista strettamente tecnico, l’elemento che sbalordì i critici contemporanei fu l’applicazione dello schema della “Sonata” (articolata in esposizione o presentazione del tema, sviluppo della presentazione ripresa e, eventualmente, “coda”) alla sinfonia, che acquisì in tal modo una struttura completamente diversa, capace di raggiungere il massimo di intensità espressiva.

Di carattere quasi opposto è la Sesta sinfonia, la “Pastorale“. nella quale Beethoven trasfuse tutto il suo amore per la natura. È la manifestazione d’uno stato d’animo idilliaco, serenamente disteso. Dei cinque “tempi” in cui si divide la sinfonia, uno – quello famosissimo del “temporale”, è interamente svolto secondo i canoni della musica “a programma” o descrittiva, ma senza alcuna concessione al cattivo gusto abbastanza tipico di questo genere di composizione.

La “Nona” rappresenta infine una specie di testamento estetico di Beethoven. In questa sinfonia la novità di maggior rilievo consiste nella introduzione della voce solista impiegata nella recitazione dello “Inno alla gioia” del poeta Schiller.

Le sonate – Beethoven compose 32 sonate, che si sogliono raggruppare secondo tre “stili” corrispondenti ad altrettanti periodi (dal 1795 al 180011 primo, dal 1800 al 1814 il secondo e dal 1816 al ’22 il terzo).

Tra quelle del primo periodo, fa spicco la già ricordata sonata in do minore op. 13, “Patetica”. In questa fase Beethoven operò una importante modificazione nello schema tradizionale della sonata, sostituendo al “minuetto“, lo “scherzo“. Al secondo periodo, di piena maturità lirica, appartiene, tra le altre, la sonata in do diesis minore op. 27 n. 2, la celeberrima “Al chiaro di luna“, dove al posto dell’ “allegro” introduttivo figura una “romanza” le cui note si susseguono e si ripetono per tutta la composizione quasi a segnare una ossessione dolorosa.

Le altre composizioni – Il quadro della produzione beethoveniana comprende infine, oltre al “Fidelio“, le musiche di scena per lo “Egmont” di Wolfgang Goethe, alcune composizioni corali tra cui “Cristo sul monte Oliveto“.., la Messa in do op. 86.., la Missa solemnis op. 123 e numerosi “lieder“.

 

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