LE ORIGINI DEL CINEMA ITALIANO

LE ORIGINI DEL CINEMA ITALIANO

Tra il 1906 e il 1908 nasce e muove i suoi primi passi l’industria cinematografica italiana. Si costituiscono, in questo periodo, ben nove “manifatture”: la “Ambrosio”, la “Carlo Rossi” e l’ “Aquila” a Torino; la “Bonetti” e la “Luca Comerio” a Milano; la “Cines” e la “Fratelli Fineschi” a Roma; i “Fratelli Troncone” e la “Manifattura Cinematografi riuniti” a Napoli. Di fronte agli italiani si pone subito il problema di affermare la propria presenza sul mercato europeo. Ecco come un noto regista e critico contemporaneo, Carlo Lizzani, delinea nella sua “Storia del cinema italiano” (Ed. Castelvecchi) la delicata fase d’avvio della produzione nazionale.

“…In Europa l’obiettivo per cui battersi è la quantità. Gli italiani cominciano ad avere fortuna perché sapranno meglio degli altri condensare, in un determinato numero di metri di pellicola, un’incredibile congerie di avvenimenti, di personaggi dalla statura storica imponente e dalla rilevante risonanza letteraria. È già un prodigio veder muoversi sullo schermo delle figure umane, degli esseri fatti proprio come noi, vivi e veri e impalpabili come ombre al tempo stesso. Ma non è un prodigio maggiore veder muoversi su quello stesso schermo, in pieno ‘900, patrizi in toga o schiavi seminudi, ed ergersi le colonne nuove e bianche dei templi o dei fori, o le scalinate dei circhi e dei palazzi di Roma antica? Il film in costume… conteneva in sé una doppia carica potenziale di suggestione sul pubblico, era doppiamente “meraviglioso”. E l’Italia era la patria ideale per il film in costume. Il costume, la scenografia erano gli elementi ‘culturali più accessibili alle masse. Il cinema italiano che, d’un tratto, nel momento stesso in cui nasce, si trova ad avere bisogno di un linguaggio che parli facilmente a milioni di persone, trova il suo materiale visivo, le sue parole sul terreno della tradizione retorica. Un’altra fonte per il cinema è il romanzo popolare, quella letteratura di quart’ordine, . cosiddetta d‘appendice, derivata alla lontana dai maestri del romanticismo e del verismo – piena di fattacci e di travolgenti passioni, di vendette e di perdoni drammatici – e che tanta fortuna ha avuto fino a pochi anni fa (si tenga conto che queste pagine di Lizzani sono del 1960) quando i “fumetti” hanno cominciato a sostituirla. Il cinema italiano, attingendo copiosamente da queste fonti e svendendo come merce d’occasione, a milioni di uomini, le favole, i miti che la letteratura non era ancora riuscita a volgarizzare vastamente – o che aveva rifiutato – pone le premesse del suo successo in Italia e nel mondo… La penetrazione capillare del cinema tra le masse e il suo orientamento su certi gusti popolari dominanti, il volume degli interessi economici che esso coinvolge, la molteplicità dei temi toccati e quindi la varietà dei suoi contatti con la cultura e con il costume, sono le braccia attraverso le quali il nuovo fenomeno prende contatto con la più vasta realtà nazionale”.

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