COLOSSEO (Anfiteatro Flavio) è il più grande edificio destinato agli spettacoli gladiatori. Con i diametro tra i 188 e i 156 metri e un’altezza di quasi 50, poteva contenere 50.000 persone
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ITALIA ROMANA
CARATTERI DELLA ARCHITETTURA
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L’architettura romana deriva i suoi elementi strutturali dai motivi dell’architettura greca, combinati con le creazioni originali del popolo etrusco: l’arco, la volta, la cupola.
Soltanto nel II secolo a.C., quando Roma si è ormai imposta come potenza egemone in tutto il Mediterraneo, la città inizia a regolarizzare ed abbellire il foro (piazza principale con funzioni amministrative, commerciali e politico-religiose) con le basiliche (Porcia, Fulvia-Emilia e Sempronia), i rostri, la Curia senatoria.
La basilica è una struttura generalmente a pianta rettangolare, con o senza portico esterno su uno dei lati lunghi; internamente divisa in tre navate, e spesso munita di un’abside semicircolare sul lato più breve di fondo.
Questi edifici, che servivano per l’amministrazione della giustizia e le varie riunioni inerenti alla vita civica, rivestiranno in seguito grande importanza per lo sviluppo della tipologia basilicale cristiana.
I rostri (così definiti per la presenza di trofei di guerra, gli speroni delle navi conquistate nelle guerre puniche) erano tribune per gli oratori.
Nella Curia si riuniva il Senato, cento propulsore della vita romana.
Si gettano altresì in questa fase repubblicana i primi ponti in muratura: l’Emilio (142 a.C. e il Milvio (109 a.C.).
Un’architettura esiste quindi prima di una scultura e di una pittura romana.
Le costruzioni precedentemente citate sono infatti tutte opere di pubblica utilità, realizzate in pietra, tufo e terracotta, materiali che davano alla città un aspetto ben diverso da quello degli splendidi centri greci o dell’Asia Minore, candidi di marmi, folti di colonne, regolari e scenografici.
Sobria e austera, l’architettura romana, a differenza di quella greca, non si pone questioni di semplificazione e di unità stilistica, poiché i suoi obiettivi sono diversi, tesi soprattutto all’utilità.
Il sistema costruttivo romano era basato sulla tecnica cementizia laterizia.
L’impiego delle concrezioni, cioè di una specie di cemento molto resistente ottenuto con malte e frammenti di pietrisco o di cotto, si diffuse subito in tutto il mondo romano per la facile ed economica applicazione, e la possibilità di ottenere coperture voltate inattuabili con la tecnica lapidea.
Il muro romano, di mattoni e di piccole pietre tenute insieme dalla malta (opus caementicium, opera a secco) , non ha una funzione eminentemente strutturale, ma è inteso come elemento che separa e racchiude gli spazi, come divisione e guscio, ossia mezzo per ottenere degli ambienti.
Infatti, diversamente da quella greca, che è arte dei ritmi scanditi, che fanno da cornice a elementi figurati e concepiti sopra un piano verticale, l’architettura romana è arte degli spazi, sia di quelli interni, sia di quelli esterni, creati dai rapporti fra i vari edifici.
All’interno i romani creeranno ambienti e volumi spaziali sempre più ampi, stabilendo in tal modo, sin dal I secolo d.C., i precedenti dell’architettura medievale europea.
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Porticus Aemilia (Vedi qui file originale)
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Fondamentale per tale tendenza è la copertura a volta, che si basa sulla struttura dell’arco e permette da parte dei costruttori la realizzazione di murature curve in mattoni cotti.
Il primo impiego dell’arco in una grande costruzione utilitaria in Roma è documentato dalla Porticus Aemilia. Oltre che nelle porte, nei ponti e negli acquedotti, l’arco diventa ora un elemento architettonico a sé stante, come sostegno di statue onorarie.
Questa funzione continua ad essere assolta anche dalla colonna con statua.
Tipico in particolare dell’architettura augustea, l’arco romano ha origine da quello etrusco, cui sono aggiunte forme di derivazione classica, come il timpano e le colonne ai lati del fornice (come è detta l’apertura centrale).
L’arco e la colonna sono posti in posizione isolata, perché rispondono a intenti celebrativi ed esornativi.
In genere l’arco di trionfo, spesso riccamente decorato con sculture, è posto all’ingresso della città (arco di Traiano a Benevento) o all’inizio di una via importante (arco di Augusto a Rimini), ed assume significati sia propagandistici sia storici (arco di Costantino a Roma).
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Colonna di Traiano – Roma
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L’architettura è quindi intesa come, strumento per dimostrare là potenza e la ricchezza di Roma, mentre la scultura serve a celebrare, eternandola nel marmo, la gloria delle battaglie vittoriose, o la figura e l’operato di cittadini illustri.
L’arte può cioè diventare strumento di governo, ed in questo caso è sempre legata ad un contesto di attualità storica (ad esempio la campagna di Dacia raffigurata sul fusto della colonna di Traiano di Roma).
La produzione artistica romana non appare mai gratuita, cioè rivolta a fini di godimento estetico, se non nell’ambito dell’artigianato di lusso (ad esempio la glittica), dove però è sempre congiunto un fine celebrativo, se non altro della potenza sociale e quindi economica del committente.
L’età augustea produce una vera e propria arte di corte, raffinata ma gelida. In questo periodo l’architettura è chiamata a dare un volto più monumentale alla nuova capitale: il marmo sostituisce il tufo e il travertino (pietra calcarea), sicché l’imperatore può vantarsi di aver trasformato in una città di marmo la Roma repubblicana di terracotta e mattoni.
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Ricostruzione dell’Ara Pacis. Voluta in onore dl Augusto (9 a.C) riprende la struttura delle antiche are sacrificali. Il monumento, interamente scolpito, ha alla base motivi floreali sovrastati da una processione di notabili
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Tra le principali realizzazioni augustee è l’Ara Pacis (altare della pace), recinto marmoreo riccamente decorato, consacrato il 9 a.C., che racchiude un altare votivo.
Solo al tempo di Nerone (54-68 d.C.) si ebbe una svolta decisiva nell’architettura romana, le cui ripercussioni si fecero sentire in tutto l’impero.
Nella sua Domus Aurea (casa d’oro), costruita dagli architetti Severus e Celer (64’68 d.C.), vengono sfruttate tecniche, prima sperimentate in senso solamente strutturale, per realizzare nuove immagini architettoniche come quella della famosa Sala Ottagona, vasto spazio interno coperto da una superficie concava, entro il quale la presenza umana riceve una collocazione particolare di subordinazione ad una struttura maestosa.
In questo periodo nell’architettura lo spazio interno si svilupperà in forme grandiose e destinate a durare negli edifici di carattere ufficiale.
Le invenzioni dell’architettura neroniana, interpretate però con una maggiore coerenza formale e libertà inventiva, si ritrovano nel Palazzo di Domiziano sul colle Palatino, dove le sale erano incredibilmente sviluppate in altezza quasi a rendere esplicita la nuova concezione della divinità del sovrano.
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La Domus Aurea si trova ancora sotto le rovine del Terme di Traiano
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Con Traiano abbiamo la splendida fioritura, unitaria ed organica, di un’arte imperiale paragonabile a quella del periodo di Pericle in Grecia.
L’imperatore volle una serie di grandi imprese monumentali realizzate da uno dei più grandi artisti che ebbe l’antichità: il “maestro delle imprese di Traiano”.
Col successore di Traiano, Adriano, l’arte muta indirizzo.
L’attività edilizia di Adriano fu grande, quasi frenetica, ed il tempio di Venere e Roma (rimasto incompiuto alla morte dell’imperatore) tra Colosseo e foro romano ne rappresenta il documento più grandioso e drammatico.
La pianta della Domus Aurea, costruzione in mattoni con decorazioni orientaleggianti voluta da
Nerone; a fianco, lo schema del foro di Traiano.
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I FORI
Foro Romano visto da Palazzo Senatorio (Vedi qui file originale)
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Giulio Cesare decise di ampliare lo spazio ormai insufficiente del vecchio foro romano (di età monarchica) costruendone uno nuovo, a partire dal 51 a.C., di lato al primo e sotto il colle capitolino. Al centro di una larga piazza fiancheggiata da ampie botteghe fu eretto il tempio di Venere Genitrice, di tipo greco, in marmo, con colonne molto ravvicinate.
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Tempio di Venere Genitrice – Roma (Vedi qui file originale)
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Foro di Cesare
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Foro di Augusto (vedi qui file originale)
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Al foro di Cesare s’aggiunge quello d’Augusto, inaugurato nel 2 a.C.: esso non ebbe però carattere pratico e commerciale, ma monumentale e celebrativo.
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Schema del foro di Traiano
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Completa la serie il grande foro di Traiano, creato dal maestro delle imprese di Traiano, forse identificabile con Apollodoro di Damasco, architetto ed ingegnere militare.
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IL TEATRO
A differenza del teatro greco quello romano non sfrutta un declivio naturale del terreno, perché per poterlo inserire al centro della città lo si costruisce in muratura.
La cavea, grazie alla tecnica cementizia delle volte a botte, è costruita artificialmente con corridoi anulari, e con una facciata curvilinea scandita da più ordini di arcate inquadrate da semicolonne o lesene.
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Il teatro di Marcello accanto al tempio di Apollo Sosiano, dai piedi del Campidoglio
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Dall’unione di due cavee romane affrontate nasce l’anfiteatro, per spettacoli gladiatori gratuiti.
Tra gli anfiteatri più noti ricordiamo il teatro di Marcello, iniziato da Cesare e compiuto da Augusto (11 a.C.) e il Colosseo (anfiteatro Flavio), grandiosa struttura funzionale e monumentale ad un tempo, costruita ha il 70 e l’82 d.C. su ordine di Vespasiano.
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IL TEMPIO
La tipologia del tempio romano deriva dal modello etrusco e successivamente da quello greco, seppure reinterpretati nella chiave di una nuova destinazione funzionale.
Il rito religioso è infatti considerato alla stregua di un evento collettivo, di una cerimonia pubblica che chiama a raccolta tutti i rappresentanti della società, dal popolo alle più alte autorità. Per questo davanti al tempio si apre un vasto spiazzo libero destinato ad ospitare anche un folto uditorio, ed è sempre per questo che il tempio viene rialzato da un basamento slanciato (podio) che conferisce all’edificio una dimensione monumentale, capace di valorizzarne l’imponenza architettonica agli occhi delle folle che vi si adunavano.
Anche la facciata è fatta oggetto di una sempre maggiore elaborazione architettonica, che ne esalta la grandiosità e la suggestione scenografica.
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ARCHITETTURA PRIVATA
In una città come Roma, a capo di un immenso impero, destinata rapidamente a svilupparsi nel corso dei secoli sino a raggiungere la dimensione di una megalopoli con più di un milione di abitanti (III secolo d.C.), grande importanza ebbe l’edilizia abitativa.
L’esistenza di diversi tipi di case riflette la suddivisione del tessuto sociale in ceti di notevole disparità, dal più ricco al più povero, presenti su di uno stesso suolo urbano.
Le abitazioni romane erano di tre tipi: le insulae…, le domus…., e le villae.
Le insulae sono grandi caseggiati a quattro o più piani con appartamenti d’affitto, cui si accedeva attraverso ripide scale.
Attorno ad un cortile centrale interno erano disposte su ogni piano le stanze; a piano terreno si trovavano i negozi.
Ogni insula (nella Roma imperiale ne esistevano circa 44.000) era delimitata da quattro strade.
Le domus (apprezzabili soprattutto negli esempi di Ercolano e Pompei) sono invece case signorili unifamiliari con molte stanze, costituite da un atrio e un cortile colonnato interno su cui si affacciano gli ambienti.
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Villa Adriana a Tivoli
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Le villae, grandi residenze di imperatori o ricchi patrizi, erano situate in campagna.
Non presentavano tipologia fissa, ma erano sempre costituite da serie coordinate di edifici (parte signorile e rustica, a loro volta integrate da ulteriori ambienti: teatro, biblioteca, ninfeo, tempio, con vasche e giardini).
Splendido esempio è la Villa Adriana a Tivoli (120-138 d.C.), straordinario complesso di costruzioni fatte edificare dall’imperatore Adriano, che evocano nei nomi monumenti da lui ammirati durante i viaggi compiuti nelle province (Serapeo, Canopo, Accademia, Pecile ecc.).
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CITTÀ E TERRITORIO
Per uno Stato conquistatore come quello romano l’organizzazione dei territori annessi e la costruzione di nuove città sono questioni d’importanza vitale. Su tutto il territorio dell’impero viene tracciata una fitta rete di strade, mai esistite prima, che convergono su Roma, oltre a ponti, acquedotti e linee fortificate.
I terreni vengono suddivisi in moduli quadrati, con una griglia di strade secondarie: i decumani, paralleli all’arteria principale, e i cardini, perpendicolari ad essa, in modo da realizzare lotti quadrati di circa 700 metri di lato.
Si tratta di un primo esempio di piano regolatore su scala regionale.
Anche gli accampamenti militari (castra) e l’abitato delle nuove città erano impostati in questo modo, cioè su questo sistema di assi ortogonali.
Grazie alle foto aeree ancor oggi si può riconoscere l’origine romana di una città proprio per la presenza di una maglia regolare di strade perpendicolari che delimitano isolati quadrati o rettangolari (Parigi, Vienna, Londra, e quasi tutte le città italiane).
Le città romane avevano un unico modello organizzativo che prevedeva tre funzioni diverse: servizi, localizzati nelle zone centrali (templi, terme, teatri, mercati e foro) ; la comunicazione sociale (archi di trionfo, colonne celebrative, vie imperiali); le abitazioni (case collettive e unifamiliari).
Questo modello è stato portato dai Romani ovunque, in tutto il mondo da loro conquistato.
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CENTURIAZIONE
Centuriazione (da centuria, misura di superficie corrispondente a 200 “iugeri” o a cento “heredia”) è un termine usato per definire quella particolare divisione regolare delle campagne praticata in età romana, più o meno sistematicamente, in ogni regione dell’Impero.
Questa pratica, che i Romani definivano “limitatio” (cioè definizione di confini) o anche “centuriatio” era utilizzata generalmente allo scopo di dividere il terreno agricolo pubblico in regolari poderi quadrati o rettangolari da assegnare a singoli proprietari. Questo metodo consisteva nella stesura di un reticolo di tracciati imperniati su due assi perpendicolari fondamentali: il “cardo maximus” e il “decumanus maximus”. Su questa maglia di tracciati, all’incrocio di ognuno dei quali erano posti cippi, erano organizzati funzionali sistemi di irrigazione dei terreni e di collegamento viario; la fortuna di questa organizzazione è stata tale da garantire la conservazione delle centuriazioni spesso fino ad oggi, come ad esempio nella pianura padana ed in Tunisia.
Alla realizzazione delle centuriazioni era addetta una categoria di professionisti detti “agrimensores” o “gromatici” (dalla “groma”, lo strumento usato per realizzare assi perpendicolari); questi, organizzati stabilmente nel I secolo a.C. da Cesare, dovevano avere nozioni di cosmologia, astronomia, geometria e legislazione. Alcuni dei più importanti manuali e trattati di agrimensura furono raccolti intorno al V secolo d.C.
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