LA ROSA ROSSA (Acqua di rose)

LA ROSA ROSSA

Accingersi a parlare della rosa non è impresa da poco. Questa pianta è un microcosmo che racchiude in sé tutti i misteri e le bellezze della natura. È un modello di perfezione. Il colore ricorda il rosso incarnato delle labbra delle fanciulle che si affacciano alla primavera della vita; è la più bella gemma delle nostre siepi e la dispensatrice del più inebriante dei profumi.
Sarebbe superfluo farne una descrizione dettagliata: le parole non sono all’altezza di un soggetto così meraviglioso. Come potrei, senza cadere in luoghi comuni, parlare del velluto quasi impalpabile dei petali, delle forme perfette delle foglie smeraldine, dell’oro zecchino degli stami comodamente adagiati nell’umido nido della corolla? Ricordo come fosse ieri quando, da bambino, la incoronai Regina dei Fiori; si trattava di un rito fra la rosa eme, in un angolo del giardino rallegrato dal canto degli uccellini. Non potevo sapere allora che ripetevo, con la mia meravigliosa amica, un’incoronazione avvenuta ventisette secoli prima ad opera della più appassionata delle poetesse, la divina Saffo.
La rosa non ha solo i poeti per spasimanti; anche i naturalisti, i chimici, i fitoterapeuti e quanti, giustamente, si aspettano da lei dei miracoli, ne sono innamorati. Non ci sono meno di settanta varietà di rose selvatiche (rosa canina), di cui ben quaranta sono diffuse in Europa. Le varietà coltivate della rosa non si contano; è stato detto, e non a torto, che ogni sera i rosicoltori ne creano una nuova. Dalla tavolozza di questi maghi dei giardini si sprigiona una sinfonia favolosa di vermigli scurissimi, di rossi, di rosati appena percettibili, di gialli e arancione abbaglianti, di viola ancora più luminosi dell’ametista, di rubini e di zaffiri come non se ne sono mai visti nemmeno nelle corone degli imperatori.
Queste fantasie, ahimè, hanno un prezzo: in alcuni casi certe varietà sacrificano una parte del loro profumo sublime. Altre sono di una gracilità tale da sembrare delle piccole moribonde, pur avendo una bellezza diafana (“visse il tempo delle rose, lo spazio di un mattino”). Ve ne sono alcune, poi, che troppo maltrattate dagli esperimenti degli stregoni ibridatori, troppo aggredite da pesticidi e troppo concimate a suon di diavolerie chimiche, perdono per sempre le loro virtù curative.
Non ho la pretesa né l’intenzione di far perdere il lettore nel labirinto delle innumeri specie e sottospecie di rose. Mi limito, dunque, a parlare della rosa rossa che è fondamentale ai fini terapeutici.
La si chiama anche rosa di Francia, rosa mistica, rosa maggese, rosa di Provins. Per i miei gusti, è la più bella nella sua semplicità: è la regina delle regine. È stata cantata dai poeti, tutti i libri sacri la evocano e, un tempo, il suo profumo era riservato esclusivamente ai re. Nel sarcofago di Tutankhamon se ne sono trovati dei mazzi ancora intatti: erano stati deposti dalla sposa del re bambino più di trenta secoli fa, come ultimo pegno d’amore.
Questa specie, allo stato naturale, gradisce i terreni calcarei del bacino mediterraneo: qui sviluppa al massimo le virtù curative dei grossi fiori rosso vivo, protetti da foglie scure, spesse e lucenti, composte da 3 o 5 foglioline seghettate. I crociati, Tebaldo di Champagne e Roberto di Brie, ce la portarono dall’oriente e la introdussero in Francia. In seguito, i giardinieri ne fecero derivare le tre più belle specie esistenti: la rosa centifoglia, la rosa bianca, la rosa damascena.
I medici greci l’apprezzavano e la prescrivevano come tonico.
Le belle romane, dopo il bagno, si strofinavano con polvere di rose e si truccavano le palpebre con l’o1io essenziale del fiore. Per darsi un alito gradevole succhiavano pasticche preparate con petali di rosa, mirra e miele. I medici arabi tenevano la rosa nella più alta stima. Avicenna dichiarava di aver guarito un grave caso di sbocchi di sangue usando solamente marmellata di rose (azuccar o zuccar). I tisici, nel Medio Evo, consumavano chili del preparato che era loro propinato dagli speziali. La moglie di un viceré del Portogallo fu guarita dalla tubercolosi in sette mesi dopo essersi fatta delle scorpacciate di marmellata di rose (si dice anche che la cura l’abbia resa più bella). In tempi più recenti, un medico di chiara fama mi ha raccontato della guarigione di una giovane tisica che, dopo essersi rimpinzata di petali di rosa e di miele per un anno, rifiorì completamente.
Ho avuto infinite occasioni di constatare i miracolosi risultati che ci offre la regina dei fiori. Un leggero infuso di petali, preso in tempo, è indicatissimo per curare i disturbi della gola, del le mucosità nasali e bronchiali, delle infiammazioni del sistema digestivo, delle diarree e delle dissenterie. I pazienti che hanno subìto un vero e proprio sterminio della flora intestinale in seguito a dosaggi eccessivi di antibiotici, farebbero bene ad affidarsi a una cura massiccia a base di rose. Le donne soggette a leucorrea e ad emorragie eccessive, di solito ne traggono beneficio (le irrigazioni vaginali sono particolarmente indicate). L’infuso concentrato e lo sciroppo di rosa sono dei tonici fortificanti per i polmoni e svolgono un’azione tonica su tutto l’organismo: raccomando l’infuso e lo sciroppo, in particolar modo, agli abitanti delle metropoli che sono preoccupati per le condizioni del loro apparato respiratorio, ai convalescenti e agli anziani. I bambini gracili ne trarranno un prezioso aiuto per superare certe crisi della crescita. Il miele alla rosa e la marmellata di rose hanno le stesse proprietà ma sono più attivi degli infusi e intervengono in maniera più diretta sull’organismo; dico “diretta” e non “violenta” perché la mia amica rosa agisce sempre con dolcezza; e poi, il mio motto, sempre stato: prímum non nocere…
Per uso esterno la rosa ci offre ancora di più. Sono sempre stato un propugnatore della cura per osmosi: me la insegnò mio padre che ne ignorava persino la definizione usata oggi dai fisiologi. Questo tipo di cura non l’ho mai praticato con più entusiasmo che con la mia Regina. Un ricco industriale aveva il vezzo di buttare nella vasca da bagno qualche manciata di petali di rosa (un tempo se ne spandevano nel letto delle sposine novelle), e si accorse che i reumatismi dei quali soffriva scomparivano. I miei umilissimi antenati friulani avevano già scoperto questo fenomeno e più di un ex artritico, oggi, deve a me se può saltellare come un ventenne. La rosa ha infiniti poteri benefici. L’infuso di petali, in acqua o vino, l’aceto alla rosa e il decotto di fiori, usati in lozioni, fanno miracoli per risanare il fegato, l’intestino e i nervi.
Fra la rosa e le donne esiste da sempre una certa complicità: ne fanno fede tanti poemi dell’oriente e dell’occidente. Belle signore, perché non seguite l’esempio delle vostre antenate romane? Non conosco al mondo niente di più dolcemente efficace per la pulizia del viso, per la cura quotidiana della pelle, per la prevenzione e l’eliminazione delle rughe, dell’acqua di rose. Cosa c’è di più valido per eliminare la seborrea, i punti neri e l’acne? Perché affidarsi alla chimica che ci dà prodotti che bruciano l’epidermide, quando un fiore è disposto a venire in nostro aiuto? Non finiscono qui le virtù dell’acqua di rose: le piccole ferite, le contusioni e le distorsioni ne trarranno beneficio.
A parte il fiordaliso, non conosco un’altra pianta medicinale che dia un collirio capace di lenire gli occhi sofferenti e trasudanti umori. Per non tralasciare niente, voglio parlare dei gargarismi e degli sciacqui (contro le infiammazioni della bocca e del retro-bocca), dei cataplasmi e dei sacchetti di rosa (per curare gli edemi), delle rose cotte nel vino (contro le ulcere) e dell’unguento o pomata di rosa (indicato come cura di bellezza soprattutto in estate quando il sole infierisce sulla pelle e in inverno quando il freddo la screpola).


Raccolta

Prima di elencarvi qualcuna delle mie ricette, voglio darvi qualche consiglio su come trattare la pianta. È certo che, se abitate in luoghi assolati e caldi, là dove la natura è riuscita a sopravvivere ai veleni della nostra civiltà, la troverete facilmente; ma, di solito, la rosa rossa viene coltivata. Cresce in arbusti cespugliosi appoggiata ai muri delle case o fa bella mostra di sé in grossi cespugli. Piantatela in un terreno leggero dopo averne sfrondato le radici con una cesoia e potatela, lasciando una o due gemme.
I petali devono essere raccolti ancora in boccio con tempo asciutto. Lasciate cadere gli stami, tagliate l’unghia (parte inferiore giallastra del petalo) e fate essiccare rapidamente all’ombra; usando questi accorgimenti, i petali manterranno intatto il colore e il delizioso profumo. Li conserverete in una scatola di latta o in un vaso di vetro opaco a chiusura ermetica, ma non dimenticate che i vegetali, in tre o quattro mesi, perdono una buona metà delle loro proprietà curative.

 

Preparazione e impiego 

INFUSO leggero: mettete una mezza manciata di petali secchi in un litro d’acqua bollente. (Una tazza prima dei pasti.) Stesse proporzioni per il decotto e per l’infuso di vino.

INFUSO concentrato: mettete una manciata di petali secchi in un litro d’acqua bollente. (2 tazze al giorno.)

SCIROPPO: mettete due manciate di petali secchi in un recipiente; versateci sopra mezzo litro d’acqua bollente; lasciate in infusione in un angolo del fornello per 24 ore; passate attraverso un telo e fate cuocere lentamente con mezzo chilo di zucchero. (Da 2 a 4 cucchiai da minestra al giorno.)

MIELE ALLA ROSA o RHODOMEL: mettete dieci manciate di petali secchi in un recipiente; versate sopra due litri d’acqua bollente; lasciate in infusione in un angolo del fuoco per 12 ore; passate attraverso un telo; mescolate il liquido ottenuto a 1 chilo e mezzo di miele bianco; fate cuocere a fuoco dolce togliendo la schiuma e filtrate. (Per gargarismi, clisteri, ecc.)

ACETO: mettete lo manciate di petali secchi a macerare in 4 litri di buon aceto rosso; mettete il recipiente per 15 o 20 giorni al sole (o per un mese, in ambiente a temperatura mite); filtrate. (Per uso interno ed esterno: lozioni, gargarismi, colliri…)

CONSERVA: pestate i petali secchi in un mortaio con tre volte il loro peso di zucchero, aggiungete dell’acqua di rose per ottenere una pasta della consistenza del miele; aggiungete 2 o 3 cucchiai di glicerina officinale. (Da 2 a 5 cucchiai da minestra al giorno.)

MARMELLATA: fate cuocere dei petali freschi per 2 o 3 ore a fuoco lento con un’uguale quantità di zucchero e un po’ d’acqua; a fine cottura aggiungete il succo di un limone.

UNGUENTO o POMATA: prendete 250 grammi di strutto e 250 grammi di rose fresche; mescolate e lasciate macerare per 6 o 7 giorni; cuocete a fuoco lento; spremete attraverso un telo per ottenere un prodotto perfettamente filtrato. (Per applicazioni esterne.)

ROSE COTTE AL VINO: lasciate in infusione per mezz’ora una parte di petali secchi per 16 parti di vino rosso bollente. (Per applicazioni esterne contro le ulcere.)

ACQUA DI ROSE: raccogliete le corolle delle rose più profumate; essiccatele a metà; disponetele in uno spesso strato su un telo sottile teso al di sopra dell’apertura di un vaso; coprite con qualche foglio di carta resistente; mettete sulla carta un vaso di coccio pieno di braci incandescenti; sotto l’effetto del calore, la preziosa acqua di rose filtrerà goccia a goccia nel  recipiente inferiore. (Per tutte le cure di bellezza: rughe, occhi gonfi, pelle sciupata, ecc. Come detergente.)

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ERBE MEDICINALI – FITOTERAPIA

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ATTENZIONE: Tutte le notizie e curiosità contenute in questo pagina hanno esclusivamente scopo informativo e non intendono sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica.
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