RAPPORTI ECONOMICI – LE COOP

RAPPORTI ECONOMICI 

L’iniziativa privata

Con l’articolo 41 la Costituzione afferma la libertà d’iniziativa economica privata e il diritto della proprietà. Tuttavia, quando dice che “la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinate ai fini sociali” stabilisce anche l’obbligo dello Stato a intervenire contro tutte le forze monopolistiche e tutte quelle iniziative economiche che ostacolano l’interesse delle collettività nazionale.

La socializzazione

Infatti nell‘art. 43 si aggiunge che “la legge può riservare originariamente o trasferire allo Stato, a enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti, determinate imprese o categorie di imprese”.
Si tratta di quelle imprese d’interesse generale come i servizi pubblici essenziali, le fonti di energia, o qualsiasi situazione di monopolio che, avendo eliminato la libera concorrenza, potrebbero, qualora lo Stato non intervenisse, fissare i prezzi o imporre la loro volontà al consumatore.

Per impedire che questo avvenga, lo Stato dovrà o gestire direttamente queste imprese (statizzazione o nazionalizzazione), o affidarne la gestione a enti pubblici (municipalizzazione, come nel caso delle aziende municipali per l’energia elettrica o l’acqua potabile) oppure a comunità di lavoratori (socializzazione).

Le esperienze fatte in questo campo, come in Inghilterra, in Olanda, in Belgio, in Svezia e in Norvegia dimostrano come, per dare alla vita economica del Paese un assetto più stabile e più equilibrato, occorra che certi settori dell’economia vengano sottratti alla iniziativa privata.

La riforma agraria

Nell’art. 44 troviamo una forte limitazione alla proprietà e alla liberta d’iniziativa economica. Infatti l’articolo dice che “a1 fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali la legge impone obblighi e vincoli, fissa limiti alla proprietà terriera private. ecc. ecc. “. Questo articolo pone le basi per una riforma agraria di ampia portata, che, oltre ad elevare la somma di beni a disposizione della collettività nazionale, dovrebbe consentire un più alto grade di occupazione delle forze di lavoro e migliorare la situazione giuridica ed economica dei lavoratori agricoli (braccianti, coloni, mezzadri).

In questo campo non poco è stato fatto: molti miliardi sono stati erogati dalla Cassa del Mezzogiorno, diverse leggi importanti sono state emanate, ma l’articolo n. 44 non può dirsi attuato. L’esigenza della riforma si fa sentire sempre vivamente, a volte si impone con episodi drammatici, in tutte le regioni agricole italiane, ma specialmente nell’Italia meridionale, in Sicilia e in Sardegna, le zone economicamente più povere del nostro Paese: si pensi ai vari moti per l’occupazione delle terre e ai morti che si sono avuti fra i contadini negli scontri con le forze di polizia che si opponevano alle occupazioni stesse.

Le cooperative

L’articolo 45 par1a delle cooperative, associazioni fra i lavoratori, i quali, mettendosi insieme e unendo le loro forze, possono ottenere più facilmente, con minor fatica e con minore spesa, certi risultati nel campo del consumo e nel campo del lavoro.
Le forme principali di cooperazione sono: di consumo (le più diffuse e le più solide) in cui i generi comprati direttamente alla produzione o all’ingrosso vengono rivenduti ai soci a prezzi generalmente inferiori a quelli del mercato, mentre i residui attivi del bilancio sono accantonati a profitto dei soci o vanno ad accrescere il capitale e il patrimonio della stessa cooperativa; di produzione e lavoro, in cui la  cooperativa assume direttamente lavori e ordinazioni sottraendo i soci allo sfruttamento dell’imprenditore; di credito, in cui gli azionisti hanno a disposizione un credito che difficilmente potrebbero ottenere dai grossi istituti bancari.
Nel 1886, al Congresso dei cooperatori di Milano, nacque la Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue. Il fascismo distrusse il patrimonio cooperativo e sciolse la Lega, che fu ricostruita, dopo la Liberazione, il 26 maggio 1945.

Oggi la Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue comprende; 1’Alleanza Italiana delle Cooperative di Consumo, l’Alleanza Italiana delle Coop. di Produzione e Lavoro, l’Alleanza Italiana delle Coop. Agricola, 1’Italcoop (per l’esportazione ed importazione), l’Editrice Coop. (per l’attività editoriale). Il movimento cooperative rafforza sempre più il suo legame con le masse popolari, e attraverso i grandi complessi cooperativi, ha già creato validi mezzi di difesa del potere di acquisto del salario.

Consigli di gestione

L’articolo 46 parla della partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende. Per ”aziende” si intendono naturalmente le fabbriche, le grandi proprietà agricole, le ditte commerciali, i grandi complessi industriali e ogni organizzazione in cui si produce qualche cosa o in cui si svolge qualche attività economica.
Ogni’ azienda è generalmente diretta dai proprietari. quelli cioè che hanno impiegato i capitali ed hanno assunto alle loro dipendenze i lavoratori, che per le loro prestazioni, ricevono un compenso.

La Costituzione dice che questi lavoratori, poiché l’azienda si regge sul loro lavoro (i denari e gli impianti dei proprietari, da soli non potrebbero rendere nulla se nessuno li utilizzasse lavorandoci) hanno interesse e diritto a sapere e a decidere anche loro quel che l’azienda farà domani, poiché da questo può dipendere il loro futuro e quello delle loro famiglie.

I ”Consigli di gestione”, creati prima ancora della Liberazione da un decreto del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (C.L.N.A.I.), erano concepiti come strumenti destinati ad attuare la democrazia nelle fabbriche e a dare alla ricostruzione nazionale un contributo di competenza e di forze vive di tecnici, impiegati, operai delle singole aziende.

Subito dopo il 25 aprile (la data della liberazione d’Italia) erano nati infatti molti Consigli di gestione nei più importanti complessi industriali. Oggi praticamente non esistono più. Ci sono le “Commissioni interne“, che però assolvono soltanto compiti sindacali, di conciliazione e di collegamento fra i dirigenti e le maestranze; Ma se si vorranno veramente attuare i principi di democraticità e di sovranità popolare su cui si fonda la Costituzione, bisognerà, definendone la natura e i compiti, permettere e promuovere il risorgere di questi “Consigli“, garanzia fondamentale perché l’attività economica del paese soddisfi l’interesse pubblico e non quelle di determinati ceti soltanto.

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