IL LAVORO

 

IL LAVORO

Due sono gli elementi che condizionano la nostra vita: l’ambiente naturale e il lavoro. Non si può dire che 1’uno sia più o meno importante dell’altro, ma piuttosto che l’uomo, come abbiamo già visto, si è  saputo adattare alle circostanze naturali, modificando e trasformando l’ambiente con il suo lavoro.
Il lavoro comprende tutte le varie attività con cui ogni persona provvede al proprio mantenimento e collabora per il progresso della comunità stessa.
Tutto ciò che noi in concreto possediamo é frutto del lavoro umano.
La storia del lavoro é la storia del progresso degli uomini.

Le classi sociali

Purtroppo già dal formarsi delle prime società gli uomini più abili, più forti o più fortunati poterono accaparrarsi una maggiore quantità di beni, acquistando cosi una potenza e un prestigio che li mise in grado di dominare quelli più deboli, meno dotati o meno fortunati. Con l’evolversi della civiltà continuarono a esistere le fondamentali distinzioni fra le classi: tra liberi e schiavi, ricchi e poveri, patrizi e plebei; nel Medio Evo fra signori e servi della gleba.
Anche la divisione del lavoro, che inizialmente era stata una manifestazione di  civiltà, portò inevitabilmente a ingiuste differenze di condizione sociale, non già fondate sulle abilità personali ma su elementi e interessi completamente diversi.

Divisione del lavoro

L’uomo, non poté manifestare le proprie tendenze e capacità scegliendo liberamente il lavoro per cui si sentiva più portato e più adatto, ma si trovò, nascendo, predestinato ad un percorso obbligato, determinato dalla classe a cui apparteneva. Tra le varie forme di lavoro si creò una gerarchia di valori: alcune furono definite “nobili”, altre “servili”.
Nella Grecia antica e a Roma, la fatica della produzione gravava sulle spalle degli schiavi e in genere della plebe. Ogni lavoro produttivo era considerato “volgare”: solo la lettura, la conversazione, la meditazione (in “ozi” per i Romani!) apparivano occupazioni degne degli aristocratici.
Lo stesso fu nel Medio Evo e nel Rinascimento: il servo della gleba, con il suo lavoro; procurava cibo al suo signore, gli schiavi, curvi sui remi delle galere, permettevano ai ricchi mercanti i loro commerci. Un vero gentiluomo poteva solo usare le mani nell’arte della guerra.

Il lavoro manuale

Ancora oggi, nel nostro e in molti altri paesi, il lavoro manuale viene disprezzato, e viene considerato inferiore a qualsiasi altra attività che si compie senza sporcarsi le mani. Ma si tratta certamente di un pregiudizio del tutto sbagliato e fuori del tempo. Secondo me merita maggiore stima un bravo operaio che un cattivo impiegato, un buon artigiano che un mediocre professionista.
Ogni lavoro è utile e egualmente dignitoso. D’altra parte non esisterebbe l’opera dello scienziato, del poeta, dell’artista, dello scrittore o del filosofo, senza la quotidiana oscura fatica di milioni di esseri umani che provvedono nelle forme più diverse al mantenimento e al progresso della civiltà.
Oltre a ciò quando parliamo dell’operaio moderno ci riferiamo ad un individuo che non ha solo i muscoli e le mani per lavorare, ma anche un cervello ed una coscienza sviluppata, un uomo che, soprattutto, non rinuncia mai, neanche per un momento, a capire le ragioni, le leggi, lo scopo della propria fatica.

Il proletariato

Già dall’Ottocento la macchina, che sembrava creata dall’ingegno umano per risparmiare il lavoro agli uomini e migliorarne le condizioni di vita, parve destinata in un primo tempo non ad elevare, ma ad abbrutire le masse. I padroni delle fabbriche, gli industriali o capitalisti, preoccupati di far fruttare al massimo il capitale impiegato negli edifici e nei macchinari, cominciarono a considerare gli operai non più come esseri umani, ma come semplici strumenti di lavoro.
Ad un certo punto però l’operaio comprese di essere trattato come una cosa e reagì. Ben presto sorse in lui una sempre più chiara coscienza del proprio diritto e della propria forza.
Tutti i lavoratori si resero conto d’avere gli stessi interessi e della necessità di condurre insieme la battaglia per condizioni di lavoro e di vita più umane e più giuste. Sorsero, prima in Inghilterra e poi in Francia, forme primitive di associazione, di coalizioni e di leghe che furono duramente perseguitate e combattute. Ma a poco a poco, col rafforzarsi del movimento operaio e col sorgere dei partiti democratici, le libere associazioni dei lavoratori (o sindacati) si imposero, furono legalmente riconosciute, si diffusero e svilupparono in tutto il mondo.

La lotta di classe

La storia del secolo scorso é in gran parte la storia delle lotte per l’autonomia e per una sempre maggiore emancipazione e dignità del 1avoro. L’operaio, a misura che acquistava la coscienza dell’importanza del suo lavoro, capiva che doveva diventare partecipe e protagonista del processo industriale produttivo moderno. Capiva che bisognava istituire un ordine sociale più vasto e fraterno in cui la macchina, da elemento di oppressione dell’operaio, poteva divenire elemento di liberazione e di conquista.

Nel 1848, l’anno delle rivoluzioni politiche e sociali, Karl Marx nel suo “Manifesto” che termina con la ormai celebre frase “Proletari di tutto il mondo unitevi…”, gettò le basi scientifiche del socialismo, cioé di quel sistema politico-economico che tende al raggiungimento di una ideale società umana senza distinzioni di classi. Da allora é passato oltre un secolo. Molta strada s’é fatta e molta se ne deve ancora fare in Italia e nel mondo.
Molte lotte, non sempre facili, sono state vinte dai lavoratori di ogni categoria, per la difesa dei propri diritti, per la formazione di una società umana libera dal bisogno a dalla miseria, fondata sul lavoro e sulla solidarietà, una società sicura del presente e dell’avvenire..

È quella che noi tutti ci proponiamo di creare e di cui vediamo il simbolo nella nostra Costituzione, anche se purtroppo questa é ancora oggi lontana dall’essere completamente realizzata.

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